lunedì 18 luglio 2016

Alpinismo Couloir Mettrier – Pelvoux 3943 mt massiccio des Écrins(Francia) 17 Luglio 2016

Video Couloir Metrier

Nei grandi spazi della montagna, nei suoi alti silenzi, l’uomo non distratto può cogliere il senso della sua piccolezza e la dimensione infinita della sua anima.
(Anonimo)

Dal racconto dell'OgreDoctor

Quota 3943 mt: sono in cima al Pelvoux. A vent’anni esatti dal mio ultimo 4000 sono nuovamente in alto ad ammirare il cielo e le montagne ed onoro quel voto che feci a me stesso di ritornare a calcare i ghiacciai perenni solo se fisico e mente si fossero nuovamente ritrovati in uno stato di grazia tale da consentirmi di farlo.
Ieri era l’ultima uscita del corso di Alpinismo della Motti. La giornata un vero regalo del cielo, forse una del-le più belle degli ultimi mesi.
La vita del rifugio mi mancava, tantissimo: l’arrivo dopo l’avvicinamento, la cena con i compagni di cordata, le chiacchere, l’immancabile uscita ad ammirare le stelle, in nessun altro posto così belle e luminose, il sonno disturbato dall’attesa del domani, la sveglia prima dell’alba…
Alle 4.30 circa si comincia alla luce tremolante della frontale. L’alba non si fa attendere e presto siamo sul nevaio che porta all’attacco del Couloir Coolidge, la via normale (si fa per dire).
Ma niente normale per noi, Davide e Carlo, i nostri istruttori, per gli allievi con qualche dimestichezza con il ghiaccio e le doppie picche, hanno scelto il Couloir Mettrier, a sinistra del Coolidge, nei pressi del colle est del Pelvoux.

Ci portiamo alla base del breve conoide e guardiamo “negli occhi” lo stretto couloir. A vederlo da vicino non fa una bella impressione, la neve non è continua e sicuramente si dovrà passare su alcuni tratti in roccia. Lo stretto canale è orientato ad ovest e non prende il sole per gran parte della giornata e forse questo ci dà qualche possibilità di trovare una neve portante.
Davide, che nel frattempo si è avvicinato al conoide per dare un’occhiata più da vicino alle condizioni della neve, ci fa cenno di avvicinarci. È l’ora, si sale. Due cordate di tre persone in conserva.
Sguardo in alto, l’uscita del couloir è contro il cielo, azzurrissimo. Sguardo in basso, la pendenza di 40-50° fa impressione. Ma la progressione è sicura, la neve tiene e le picche fanno il loro lavoro egregiamente.
Sulla roccia cerco di districarmi, meglio che riesco, camminare sul misto con i ramponi non è facile e gli scarponi rigidi non facilitano il compito. Attenzione al massimo per non far cadere pietre, che in un canale così stretto non farebbero molto piacere ai nostri compagni della seconda cordata.
La neve in alto manca e negli ultimi 50 metri pieghiamo a destra e guadagniamo l’uscita del canale. Poche centinaia di metri e raggiungiamo la cima.
Felicità a mille! Divoro con gli occhi il panorama che mi circonda.

La gita non è finita. Bisogna scendere. Sarebbe stato magnifico fare la traversata, ma non si può avere tutto e quindi ci “accontentiamo” della normale, che scendiamo disarrampicando fino alla base del canale dove finalmente possiamo slegarci e procedere più rilassati.
All’interno del canale numerose scariche di pietre, un po’ subite e in parte causate, hanno reso un po’ meno tranquillo e rilassato questo tratto del percorso, complice l’affollamento del canale in quel momento.
Ci ritroviamo tutti al bar del campeggio a Aillefroide per la più classica delle birre, che accompagno, su consiglio di Carlo, con un “sandwich americano”, un siluro con dentro salsiccia e patatine fritte, roba da far rabbrividire qualsiasi nutrizionista, ma che mi riappacifica con il mondo, dopo i gel sintetici consumati durante la salita.
Non sono nemmeno stanco, il mio allenamento da trailer mi ha regalato una resistenza alla fatica impressionante. Non sono i 2500 metri complessivi in salita e altrettanti in discesa, il secondo giorno, a pesare, quanto la fatica mentale di tenere sempre alta l’attenzione, la coscienza bel vigile per non commettere errori con conseguenze catastrofiche.
A casa, mentre disfo lo zaino e ripongo l’attrezzatura nell’armadio, ripenso alla gita, sicuramente una delle più belle e difficili che abbia mai fatto.
Chiudo gli occhi e cerco di dormire, ma la retina ha ancora in memoria il cielo stellato e l’immensità delle montagne…penso…a quando la prossima!

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