Foto Ascensione al Monte Niblè
Dal racconto dell'OgreDoctor
Dopo tanto correre sotto e intorno alle vette senza mai salirne in verità nessuna, avevo una gran voglia di fare una scalata. Il weekend appena trascorso era un'occasione imperdibile, il meteo prometteva bene. Dopo un piccolo assaggio sabato -gita al lago di Thures con le famiglie, in Valle Stretta e fuga dei papà alla Aguille Rouge (2545 mt slm), montagna facile facile - domenica io e mio cognato, Fabio, già dei nostri al Col Bousson, questo inverno, decidiamo di dar corso ad un progetto più volte messo in cantiere e mai realizzato, per un motivo o per l'altro: la salita al Niblè.
Il Monte Niblè (3.365 m s.l.m.) è una montagna del Gruppo d'Ambin nelle Alpi Cozie. Si trova lungo la linea di frontiera tra l'Italia e la Francia nei pressi della Punta Ferrand.
Di seguito la descrizione del sito AltoX.it.
MONTE NIBLE' m. 3365
Vetta importante: dal versante francese ha un aspetto d' alta montagna, ammantata dal Glacier de Ferrand e con la cresta frastagliata che l'unisce alla Punta Ferrand; dal versante italiano ha invece un aspetto arido. Visito da Est forma con la Punta Ferrand un grande e irregolare trapezio, da sud si presenta come una piramide. Dalla sua anticima meridionale m. 3343 si dirama verso sud-est una cresta che forma il fianco destro idrografico della Val Clarea e la divide dal Vallone del Galambra. Sul versante francese vi è il Glacier de Ferrand, chiamato anche Ghiacciaio del Niblè dagli alpinisti italiani.
C - Via Normale cresta O dal Rif. Levi-Molinari
Difficoltà: F (Facile, scala alpinistica)
Dislivello: 1560 metri
Tempo: 5.00 ore
Luogo di partenza: Rif. Levi-Molinari m. 1800
Attrezzatura: corda, piccozza e ramponi
Di mattina sveglia alle 5.00 per la colazione e partenza alle 6.00 per raggiungere passando da Eclause sopra Salbertrand, il Rif. Levi-Molinari (1849 m slm), che stranamente, per un rifugio alpino, troviamo chiuso - dormono ancora tutti. Rinunciamo al caffè e partiamo. Il sentiero attacca poco sopra, a destra della strada che arriva da Grange della Valle: per il Niblè indica 4:30 di salita. Il sentiero è ben segnalato e passa lungo la sinistra idrografica del vallone. Un vallone selvaggio! Alzando la testa vediamo solo pareti a picco, interrotte dai colli. A 2371 m. un grosso masso detto, Roc del Colle, molto evidente, presso cui vi è un ottima sorgente, ci fa capire che la strada è quella giusta. Non siamo mai venuti da queste parti e viaggiamo con l'aiuto della descrizione dell'itinerario di AltoX.
Il sentiero diventa ora meno evidente e andiamo di ometto in ometto e qualche rara traccia sbiadita, di colore giallo. Troviamo anche un passaggio su massi, protetto da corde fisse, in verita non complicato, se asciutto. Il sentiero si fa sempre più ripido e arrivati nei pressi del canalino finale scorgiamo il bivacco W. Blais (2912 m slm) sul Colle Ambin. Facciamo una piccola sosta per recuperare un po' di energie e per indossare qualcosa di più termico. Al colle ci ha accolto un forte vento e le temperature sono vicine ai 10 °C. Oltrepassato il colle spostandosi sulla destra saliamo a ridosso della cresta ovest, larga e poco esposta, che seguiamo superando qualche facile roccetta, fino alla quota dove inizia il ghiacciaio, 3050 m circa. L'itinerario ci presenta a questo punto due possibilità: piegare a sinistra mettendo piede sul ghiacciaio e per esso direttamente alla vetta, oppure continuare fedelmente lungo la cresta superando alcuni salti di roccia più ripidi. La via di cresta non è per nulla evidente e quindi non ci rimane che la prima opzione: il ghiacciaio.
Siamo venuti attrezzati di tutto punto: ramponi, picozza, corda e imbrago. La corda e l'imbrago non serviranno; il ghiacciaio si presenta ripido, ma non crepacciato, anche se in discesa il notevole pendio ci crea qualche problema.
Usciamo dal ghiacciaio poco sotto la cima, mancano, infatti poco più di 150 mt di dislivello che percorremo su roccia friabile, ma priva di particolari difficoltà. Arrivati sulla cima incontriamo un alpinista francese, unico incontro su queste montagne della giornata, a cui chiedo con uno stentato inglese, se siamo sulla cima giusta, non vedendo le descritte croci di vetta! Momento di sconforto...il francese aperta la mappa ci dice che siamo sulla vicina Punta Ferrand! E no dico io, la Ferrand arrivando dal Colle Ambin si incontra dopo, percorrendo il ghiacciaio Ferrand fino ad arrivare al Colle dell'Agnello e poi per cresta in cima.
Sospiro di sollievo, sentiamo la campana del Niblè e girato il masso con un piccolo passaggio di arrampicata facile facile vediamo le croci di vetta!! Evviva!
Foto ricordo e via in discesa, prima che la nebbia ci renda difficile il ritorno al Colle Ambin e al bivacco.
Tornati al Rif. Levi Molinari in 6:30, questa volta aperto, ma con triste sorpesa affollato da una truppa di "merenderos", che niente hanno a che vedere con la montagna. Sembra in verità più un ristorante che un rifugio, ma in fondo è un po' il destino di tutti i rifugi raggiungibili con la macchina e forse anche una necessità per sopravvivere. Di alpinisti su queste montagne ne abbiamo visto molto pochi.
Ci tratteniamo giusto il tempo per una birretta "ICHNUSA" e ci avviamo rapidamente a casa.
Soddisfazione per la bellissima ascesa e per aver sfatato la paura di non riuscire ad andare sopra i 3000. Questa volta niente mal di montagna!
W Gli Orchi, W la Montagna.
martedì 30 luglio 2013
lunedì 29 luglio 2013
Escursione Gran Queyron Val Germanasca (To) 28 Luglio 2013
Dal racconto dell'OrcoDavid
Domenica 28 luglio è in programma, alla sezione di escursionismo del CAI di Orbassano, un’uscita al Grand Queyron, un bel 3000 in Val Germanasca.
Gli iscritti non sono molto numerosi, forse l’elevato dislivello (1350 m. circa) ha spaventato un po’ la gente, o forse qualcuno è già in vacanza.
In otto ci troviamo all’appuntamento antelucano delle 6 in quel di Orbassano, tra gli Orchi presenti oltre al sottoscritto c’è Giuseppe, già compare di corsa alla Tre alpeggi e di escursione domenica scorsa alla Becca di Nona.
Come al solito il gruppetto pseudo anarchico da me guidato impone la sosta colazione in quel di Prali (sulla strada è ancora tutto chiuso) ed alle 8 siamo già sul sentiero. Si parte dalle bergerie di Bout du Col, punto di partenza di numerose gite in questa bella e appartata valle laterale della Val Chisone.
Prima della sua connotazione turistica, la valle ha conosciuto una certa ricchezza dovuta alla valorizzazione delle miniere di talco bianco e di marmo. Ad oggi il talco viene ancora estratto in una miniera di Rodoretto, mentre è aperta per i turisti la Miniera Paola con un interessante visita di conoscenza (www.scopriminiera.it).
Fino a 2000 m. circa la caldazza umida ed opprimente ci fa grondare di sudore, poi l’aria si fa via via più fresca, purtroppo anche per effetto di nebbie e nuvolaglia che ci impediranno di godere dei bei panorami che si possono ammirare dalla vetta. Poco male, la salita avviene su un sentiero che sale gradualmente, immerso in boschi prima ed in prati poi. Prati che sono rigogliosi e ricoperti di ogni sorta di fioritura alpina, nel pieno della loro bellezza.
Raggiunto il col Frappier, a quota 2890 m. spariscono i prati ed una bella e facile cresta ci porta, in 20 minuti in cima al Grand Queyron (quota 3060 m.), che divide la Val Germanasca, la Valle Argentera ed il Queyras.
Foto di rito e breve sosta per mangiare perché, strano a dirlo, ma tira una simpatica aria gelida.
Il grosso del gruppo ha poi fatto ritorno direttamente alle macchine; una minoranza di noi, spaventato dal ritorno nella fornace di pianura ha pensato invece di bighellonare ancora un po’ sui prati di media quota e poi concludere con un meritato brindisi al bar della seggiovia di Prali.
Bella giornata in angoli poco esplorati e magnifici delle nostre vallate alpine.
W Gli Orchi e W la Montagna!
Domenica 28 luglio è in programma, alla sezione di escursionismo del CAI di Orbassano, un’uscita al Grand Queyron, un bel 3000 in Val Germanasca.
Gli iscritti non sono molto numerosi, forse l’elevato dislivello (1350 m. circa) ha spaventato un po’ la gente, o forse qualcuno è già in vacanza.
In otto ci troviamo all’appuntamento antelucano delle 6 in quel di Orbassano, tra gli Orchi presenti oltre al sottoscritto c’è Giuseppe, già compare di corsa alla Tre alpeggi e di escursione domenica scorsa alla Becca di Nona.
Come al solito il gruppetto pseudo anarchico da me guidato impone la sosta colazione in quel di Prali (sulla strada è ancora tutto chiuso) ed alle 8 siamo già sul sentiero. Si parte dalle bergerie di Bout du Col, punto di partenza di numerose gite in questa bella e appartata valle laterale della Val Chisone.
Prima della sua connotazione turistica, la valle ha conosciuto una certa ricchezza dovuta alla valorizzazione delle miniere di talco bianco e di marmo. Ad oggi il talco viene ancora estratto in una miniera di Rodoretto, mentre è aperta per i turisti la Miniera Paola con un interessante visita di conoscenza (www.scopriminiera.it).
Fino a 2000 m. circa la caldazza umida ed opprimente ci fa grondare di sudore, poi l’aria si fa via via più fresca, purtroppo anche per effetto di nebbie e nuvolaglia che ci impediranno di godere dei bei panorami che si possono ammirare dalla vetta. Poco male, la salita avviene su un sentiero che sale gradualmente, immerso in boschi prima ed in prati poi. Prati che sono rigogliosi e ricoperti di ogni sorta di fioritura alpina, nel pieno della loro bellezza.
Raggiunto il col Frappier, a quota 2890 m. spariscono i prati ed una bella e facile cresta ci porta, in 20 minuti in cima al Grand Queyron (quota 3060 m.), che divide la Val Germanasca, la Valle Argentera ed il Queyras.
Foto di rito e breve sosta per mangiare perché, strano a dirlo, ma tira una simpatica aria gelida.
Il grosso del gruppo ha poi fatto ritorno direttamente alle macchine; una minoranza di noi, spaventato dal ritorno nella fornace di pianura ha pensato invece di bighellonare ancora un po’ sui prati di media quota e poi concludere con un meritato brindisi al bar della seggiovia di Prali.
Bella giornata in angoli poco esplorati e magnifici delle nostre vallate alpine.
W Gli Orchi e W la Montagna!
Escursione Parco Naturale Monte Avic (Ao) 28 Luglio 2013
Dal racconto dell'OrcoCamola
Domenica 28/07/2013 ore 15.00
OrcoCamola: Senti due righe sulla gita di oggi le scrivi tu?
OrcoJoak: Vediamo ... veramente a casa sono un po' nelle curve
OrcoCamola: Paolo hai voglia di scrivere tu qualcosa?
OrcoPaolo: Se vogliono sapere com'è andata la gita di oggi glielo racconto di persona
Ecco fatto. Liquidato.
Effettivamente Paolo ha ragione: se volete informazioni sul Parco del Monte Avic leggetele qui www.montavic.it
Scherzi a parte sul sito sopra citato potete trovare tutti gli approfondimenti su flora, fauna, relazioni delle escursioni comprese.
Possiamo solo dirvi di andarci perchè ne vale la pena.
Saliamo su ripidi tornati per raggiungere l’abitato di Veulla di Champdepraz (1300 m -) da dove parte la nostra escursione e dove lasciamo l’auto.
Capiamo subito che ci troviamo in un ambiente molto particolare: la borgata è estremamente curata in ogni particolare: la chiesetta, i vicoli, la fontana, i prati curati e i fiori ai balconi. Un vero gioiellino.
Ma la sorpresa è solo iniziata.
Tutto il percorso è stupendo e il sentiero curatissimo ci accompagna, in un alternarsi di boschi, torrenti, cascate, laghi e alpeggi. C’è ancora una straordinaria fioritura tardiva di rododendri e fiori alpini.
L'area protetta è unica nel suo genere in particolare per le rocce montonate e la presenza del Pino Uncinato (poco diffuso altrove).
Siamo partiti con l'intento di fare un lungo giro ad anello denominato il 'Tour dei laghi di Champdepraz' sui sentieri 5c e 6 (vedi relazione sul sito) ma il brutto tempo ci ferma al Gran Lago. Non ci fidiamo a proseguire nonostante i leggeri piovaschi si alternano a sprazzi di azzurro.
Al Gran Lago una bella scarica di grandine e poco prima un lampo ci fanno capire che continuare su pietraie più in quota non è molto salutare.
Non importa, anzi meglio così torniamo e facciamo il giro al contrario.
Dal rifugio Barbustel a salire si incontrano i 4 laghi principali che sono l'emissario uno dell'altro. Lago Bianco, Lago Nero, Lago Cornu e Gran Lago.
Quest'ultimo è il secondo lago naturale della Valle d'Aosta per estensione.
Vicino al Lago Cornu si possono vedere due pini cembri dichiarati “alberi monumentali”.
Tutto il percorso è molto vario, si passa da angoli bucolici, a paurose rocce mastodontiche.
A proposito di queste ultime abbiamo scoperta la grande roccia dalla quale fuoriescono gli orchi (valdostani).
I gestori del rifugio Barbustel sono gentilissimi e nonostante il fresco e i vestiti bagnati una birra ce la facciamo ugualmente.
Rientriamo a Veulla: il GPS indica 24,5 km.
Siamo tutti molto soddisfatti e rientriamo verso la calura della pianura con negli occhi ancora gli splendidi scorci che abbiamo potuto ammirare. Da rifare!
Durante il cammino è stato bello parlare e ridere degli impegni sportivi imminenti (Sierre-Zinal e WMG 2013).
Se non ci complicassimo la vita non saremmo Orchi. Evviva!
Gli Orchi Camola, Joack, Paolo
venerdì 26 luglio 2013
Sulle Tracce della TDS UTMB massiccio del M.Bianco 17-21 Luglio 2013
Foto Trekking sulle Tracce della TDS UTMB 2013
Racconto gara TDS 2011
Dal racconto dell'OrcoIng
Imagine there's no heaven
It's easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people living for today
Imagine there's no countries
It isn't hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people living life in peace (John Lennon)
.Immagina un giorno lontano di percorrere un tuo lungo percorso mentale, immagina che non vi siano paesi nel tuo peregrinare, nulla per cui uccidere o morire, immagina che un giorno lontano tutta la gente viva in pace.
Immagina di realizzare un tuo lungo sogno, camminare con solo il cielo sopra di te.
Non occorre disturbare John Lennon con queste parole immortali per rivivere il ricordo di un viaggio emozionale, un viaggio lungo 5 giorni attraverso i paesi del Monte Bianco.
Non a caso la TDS si svolge prima sul percorso del TMB, indi sulla Alta via n° 2, poi sul Trail del Beaufortain, poi sul Tour du Pays Du Mont Blanc, per ritornare sul TMB.
Un viaggio prima di tutto dentro di te, dentro le tue paure, le tue emozioni, le tue speranze , i tuoi malori.
Non siamo qui sul Tour del Monte Bianco o in secondo ordine sulla UTMB, dove tutto sembra addomesticato, da un rifugio ad un altro, da un ristoro ad un altro, da un controllo ad un altro sentiero per sentiero dove le tracce e le indicazioni si susseguono come i paesi attraversati, conosciuti, certi, soprattutto rassicuranti perché ti fanno sentire sempre e comunque in un ambiente controllato e famigliare.
Infatti questa è la grande forza della UTMB, permettere a migliaia di persone di tutte le estrazioni di percorrere una avventura meravigliosa in un ambiente Wildness facendoli comunque sempre sentire sicuri come a casa propria e soprattutto facendoli percepire come ultra atleti in una crescente esaltazione del proprio smisurato Ego.
Insomma è l’eterna lotta per la realizzazione dell’inconscio primitivo del Primus inter pares, un gradino sempre sopra agli altri per avere percorso una distanza sempre maggiore, di avere impiegato un tempo sempre minore, di essere soprattutto sopra la massa e di stupire comunque i nostri amici, familiari, colleghi e consimili.
Ma la TDS non è tutto questo, è essenzialmente un viaggio di scoperta dei nostri limiti, di esaltazione e soprattutto un viaggio attraverso ambienti incredibilmente selvaggi per ore o giornate intere, dove praticamente non incontri nessuno e la tua preoccupazione maggiore diventa non tanto il raggiungimento della meta quanto la ricerca del percorso.
Lasciata Bourg Saint Maurice, praticamente per due giorni fino al Col Joly non si riesce a trovare traccia di civiltà, fatta eccezione l’attraversamento della strada al Cormet De Rosalind, un incredibile salto nel buio su sentieri dove occorre fare sempre il punto, rintracciare la sparuta cartellonistica, confrontare le ottime cartine del IGN con l’altimetro e l’orografia del territorio, sperare di precedere l’immancabile temporale diurno o serale, in una parola sperare di non perdersi.
In questo caso l’utilizzo del GPS con annessa cartografia avrebbe certamente privato il percorso del suo fascino di scoperta e di avventura.
Comunque Martedì 16 luglio il sottoscritto, mio fratello Roberto ed Ugo si ritrovano a cenare al Rif monte Bianco per essere poi pronti il mattino dopo.
Mercoledì 17 luglio
Pronti, posto via, siamo a Courmayeur di buon mattino, peccato che Roberto abbia dimenticato i pantaloncini corti per cui è d’obbligo aspettare l’apertura dei negozi ed altrettanto chiaro che occorre prendere la funivia per il Col Checrouit. La tappa fino a La Thuile ha una lunghezza di circa 30 km e non si può pretendere di partire alle 10 del mattino. Detto fatto, ma nella fretta di salire sulla funivia dimentico nell’auto tutta la cartografia IGN e la macchina fotografica!
Troppo tardi per tornare indietro, la Maison Vieil ci accoglie in una meravigliosa giornata di sole con vista sul ghiacciaio della Brenva e sulla Aguille Noire du Peterey.
Il sentiero balcone sale rapidamente fin quasi alla quota di 2500 sotto il Mont Fortin per poi riprecipitare al Ponte del Combal a 1950 m.
In questo tragitto si incrociano nugoli di escursionisti del TMB che risalgono lentamente tutta la val Veny, la maggior parte organizzati in comitive con tanto di guida, alcuni autonomi ma comunque tutti stranieri.
Dal lago Checrouit in poi si incontrano sempre più frequentemente vasti nevai tal da lasciare presumere un difficile attraversamento del Col Chavanne a quota 2600 mt, tetto del giro.
Una volta però raggiunta l’alta Val Veny oltre il rif Elisabetta, il colle si presenta praticamente pulito, fatta eccezione per una piccola lingua di neve e la risalita è notevolmente veloce anche se faticosa data la forte acclività del sentiero. Dal colle in poi si apre tutta l’enorme valle di Chavanne, sede di grandi fortificazioni militari su tutta la dorsale. E difatti su una bella strada militare si divalla lentamente fino circa alla quota di 1800 mt dove dovrebbe trovarsi il sentiero di raccordo con la strada del petit Saint Bernard. Di detto raccordo neanche l’ombra ma noi oggi abbiamo come meta un albergo di La Thuile. Percorriamo lungamente la strada interpoderale di fondo valle fino in paese, la distanza si allunga ma insomma si rotola in discesa.
In serata comincia il maltempo previsto.
Giovedì 18 luglio
Come da previsioni, piove a dirotto e parte in autostop, parte a piedi raggiungiamo il Colle del Petit Saint Bernard a 2180 mt nella più uggiosa giornata autunnale. Dopo 2 km di pianura e strada asfaltata, appena dopo l’Ospizio, finalmente troviamo la antica via Romana, perfettamente lastricata con un meraviglioso ponte in pietra.
Una Discesa lunghissima di circa 13 km tra alti pascoli, cascine ed infine abetaie ci porta a raggiungere il fondo valle con il paese di Seez. Siamo nella bassa val d’Isere, esattamente di fronte a grandi stazioni sciistiche del comprensorio Les Arc in un crescendo di impianti di risalita e condotte forzate idroelettriche.
Proprio una centrale elettrica diventa il punto di riferimento per raggiungere la più lontana Bourg Saint Maurice a quota 850 mt e un accogliente alberghetto, appena in centro.
La serata trascorre tra acquisti di nuove cartine e soprattutto nella ricerca del sentiero per il mattino dopo.
Venerdì 19 luglio
Partenza di buon mattino dopo una buona colazione francese. Ormai siamo di casa a Bourg e troviamo facilmente la retta via fra bellissime frazioni sopra la città, evidentemente la zona residenziale tra deliziosi Chalet in stile comunque sempre minimalista.
Salita mozzafiato di circa 2h,45’ sul piombo del paese fino ad incontrare il primo forte del Truc e successivamente quello della Platte. Abbiamo risalito velocemente circa 1400 metri di dislivello ma l’aria frizzante del mattino sotto un incredibile cielo terso ci ha sicuramente confortato.
I due forti in oggetto rivelano un sofisticato sistema difensivo tipico della grande architettura militare Francese del secolo XIX con la casamatta e le bocche rivolte esattamente nella direzione discendente della val d’Isere, ovvero della probabile penetrazione delle forze armate d’invasione dall’Italia. La stessa situazione che abbiamo ritrovato con i grandi forti francesi a protezione del Frejus. Il forte della Platte è ormai tramutato in un caseificio e non rappresenta un punto particolarmente attraente, data anche l’intersezione di numerose strade interpoderali che risalgono dal fondo valle verso gli Alpage. Si prosegue comunque su una mulattiera su pendenze decisamente più dolci fino al Colle della Forclaz ( 2354 m) e raggiungendo velocemente un grande altipiano incastonato da piccoli laghetti, i 5 laghi, passando tangenti al più grande, e precipitando velocemente nel successivo vallone per circa 200 metri su un sentiero decisamente ostico. Risalita faticosa per raggiungere finalmente il più celebre Passeur de Pralognan ( 2567 m). A questo punto sono già 2000 medtri di dislivello positivo. Discesa molto tecnica e ripidissima e si raggiunge il Cormet De Roselend a circa 2000 m. Allungatoia di circa 3 km fino al Rif Plan du Lay dopo una massacrante tappa e prima di prendere l’immancabile acquazzone serale.
Sabato 20 luglio
Facendo una lunga digressione dal percorso del TDS, lungo il sentiero del Tour del Beaufortain, in circa 1 ora ½ raggiungiamo il tracciato originale ,con una notevole allungamento della distanza , fino al Colle della Source. Discesa sul fondo del vallone e percorso della grande forra, Passage du Curè, tipo un Verdon in miniatura, su un sentiero scavato nella parete. Vietato correre! Finalmente la tanto nominata La Gittaz, con tanto di cappella e poche case private, ma di rifugio manco l’ombra. Meno male che abbiamo evitato la sosta qui perchè il rifugio del sito praticamente non esiste!
A questo punto sempre sul percorso dell’Ultra trail del Beufortain risaliamo su scarsissime tracce di sentiero fino al colle Est de Gitte. Giusto in tempo per passare davanti al primo concorrente, al controllo sul colle. Primiere!
Ormai si spalanca davanti a noi tutta la grande vallata fino al Col Joly, e su percorsi inediti e tracce scendiamo per poi risalire fino all’arrivo degli impianti.
Non ci ferma più nessuno, la sotto Le Contamine! Vista l’ora un impianto e autostop ci riportano velocemente in paese e con lenta e faticosa risalita si raggiunge Il Truc su un bucolico altipiano, giusto in faccia alla parete del Dome du Miage, teatro della nostra più grande discesa in sci, quasi duemila metri di pendenze davvero sostenute.
Domenica 21 Luglio
La Domenica ci vede salire baldanzosi il col du Tricot fino all’intersezione della via dell’Arete du Bionassy.
Ma sul colle e sulla relativa discesa fino al Bellevue e poi al col de Voza cambia l’intero mondo.
Torme di escursionisti, gitanti, corridori, alpinisti e percorritori dell’TMB ci vengono incontro.
Dal silenzio assoluto di due giorni siamo in preda ad un forsennato carosello di assatanati frequentatori del Bianco, a cui si aggiunge pure il trail da Sant Gervais fino al Nid d’Aigle(2372) a complicare il tutto e a svilire il meritato finale.
Ma Les Houche è lì sotto e con il bus rientriamo a Chamonix in preda alla smania compulsiva da shopping.
Ormai non siamo più noi, siamo gli attori inconsapevoli del consumismo più sfrenato.
Quello che realmente importa è cosa comprerai domani.
State Attenti!
La nave è ormai in mano al cuoco di bordo e le parole che trasmette il megafono del Comandante non riguardano più la rotta ma quello che si mangerà domani! ( Soren Kierkegaard)
Ma nonostante il cuoco, il Comandante rimango Io e nessuno mi potrà rubare il bellissimo ricordo di 5 giorni intorno al Monte Bianco sulla TDS!
Racconto gara TDS 2011
Dal racconto dell'OrcoIng
Imagine there's no heaven
It's easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people living for today
Imagine there's no countries
It isn't hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people living life in peace (John Lennon)
.Immagina un giorno lontano di percorrere un tuo lungo percorso mentale, immagina che non vi siano paesi nel tuo peregrinare, nulla per cui uccidere o morire, immagina che un giorno lontano tutta la gente viva in pace.
Immagina di realizzare un tuo lungo sogno, camminare con solo il cielo sopra di te.
Non occorre disturbare John Lennon con queste parole immortali per rivivere il ricordo di un viaggio emozionale, un viaggio lungo 5 giorni attraverso i paesi del Monte Bianco.
Non a caso la TDS si svolge prima sul percorso del TMB, indi sulla Alta via n° 2, poi sul Trail del Beaufortain, poi sul Tour du Pays Du Mont Blanc, per ritornare sul TMB.
Un viaggio prima di tutto dentro di te, dentro le tue paure, le tue emozioni, le tue speranze , i tuoi malori.
Non siamo qui sul Tour del Monte Bianco o in secondo ordine sulla UTMB, dove tutto sembra addomesticato, da un rifugio ad un altro, da un ristoro ad un altro, da un controllo ad un altro sentiero per sentiero dove le tracce e le indicazioni si susseguono come i paesi attraversati, conosciuti, certi, soprattutto rassicuranti perché ti fanno sentire sempre e comunque in un ambiente controllato e famigliare.
Infatti questa è la grande forza della UTMB, permettere a migliaia di persone di tutte le estrazioni di percorrere una avventura meravigliosa in un ambiente Wildness facendoli comunque sempre sentire sicuri come a casa propria e soprattutto facendoli percepire come ultra atleti in una crescente esaltazione del proprio smisurato Ego.
Insomma è l’eterna lotta per la realizzazione dell’inconscio primitivo del Primus inter pares, un gradino sempre sopra agli altri per avere percorso una distanza sempre maggiore, di avere impiegato un tempo sempre minore, di essere soprattutto sopra la massa e di stupire comunque i nostri amici, familiari, colleghi e consimili.
Ma la TDS non è tutto questo, è essenzialmente un viaggio di scoperta dei nostri limiti, di esaltazione e soprattutto un viaggio attraverso ambienti incredibilmente selvaggi per ore o giornate intere, dove praticamente non incontri nessuno e la tua preoccupazione maggiore diventa non tanto il raggiungimento della meta quanto la ricerca del percorso.
Lasciata Bourg Saint Maurice, praticamente per due giorni fino al Col Joly non si riesce a trovare traccia di civiltà, fatta eccezione l’attraversamento della strada al Cormet De Rosalind, un incredibile salto nel buio su sentieri dove occorre fare sempre il punto, rintracciare la sparuta cartellonistica, confrontare le ottime cartine del IGN con l’altimetro e l’orografia del territorio, sperare di precedere l’immancabile temporale diurno o serale, in una parola sperare di non perdersi.
In questo caso l’utilizzo del GPS con annessa cartografia avrebbe certamente privato il percorso del suo fascino di scoperta e di avventura.
Comunque Martedì 16 luglio il sottoscritto, mio fratello Roberto ed Ugo si ritrovano a cenare al Rif monte Bianco per essere poi pronti il mattino dopo.
Mercoledì 17 luglio
Pronti, posto via, siamo a Courmayeur di buon mattino, peccato che Roberto abbia dimenticato i pantaloncini corti per cui è d’obbligo aspettare l’apertura dei negozi ed altrettanto chiaro che occorre prendere la funivia per il Col Checrouit. La tappa fino a La Thuile ha una lunghezza di circa 30 km e non si può pretendere di partire alle 10 del mattino. Detto fatto, ma nella fretta di salire sulla funivia dimentico nell’auto tutta la cartografia IGN e la macchina fotografica!
Troppo tardi per tornare indietro, la Maison Vieil ci accoglie in una meravigliosa giornata di sole con vista sul ghiacciaio della Brenva e sulla Aguille Noire du Peterey.
Il sentiero balcone sale rapidamente fin quasi alla quota di 2500 sotto il Mont Fortin per poi riprecipitare al Ponte del Combal a 1950 m.
In questo tragitto si incrociano nugoli di escursionisti del TMB che risalgono lentamente tutta la val Veny, la maggior parte organizzati in comitive con tanto di guida, alcuni autonomi ma comunque tutti stranieri.
Dal lago Checrouit in poi si incontrano sempre più frequentemente vasti nevai tal da lasciare presumere un difficile attraversamento del Col Chavanne a quota 2600 mt, tetto del giro.
Una volta però raggiunta l’alta Val Veny oltre il rif Elisabetta, il colle si presenta praticamente pulito, fatta eccezione per una piccola lingua di neve e la risalita è notevolmente veloce anche se faticosa data la forte acclività del sentiero. Dal colle in poi si apre tutta l’enorme valle di Chavanne, sede di grandi fortificazioni militari su tutta la dorsale. E difatti su una bella strada militare si divalla lentamente fino circa alla quota di 1800 mt dove dovrebbe trovarsi il sentiero di raccordo con la strada del petit Saint Bernard. Di detto raccordo neanche l’ombra ma noi oggi abbiamo come meta un albergo di La Thuile. Percorriamo lungamente la strada interpoderale di fondo valle fino in paese, la distanza si allunga ma insomma si rotola in discesa.
In serata comincia il maltempo previsto.
Giovedì 18 luglio
Come da previsioni, piove a dirotto e parte in autostop, parte a piedi raggiungiamo il Colle del Petit Saint Bernard a 2180 mt nella più uggiosa giornata autunnale. Dopo 2 km di pianura e strada asfaltata, appena dopo l’Ospizio, finalmente troviamo la antica via Romana, perfettamente lastricata con un meraviglioso ponte in pietra.
Una Discesa lunghissima di circa 13 km tra alti pascoli, cascine ed infine abetaie ci porta a raggiungere il fondo valle con il paese di Seez. Siamo nella bassa val d’Isere, esattamente di fronte a grandi stazioni sciistiche del comprensorio Les Arc in un crescendo di impianti di risalita e condotte forzate idroelettriche.
Proprio una centrale elettrica diventa il punto di riferimento per raggiungere la più lontana Bourg Saint Maurice a quota 850 mt e un accogliente alberghetto, appena in centro.
La serata trascorre tra acquisti di nuove cartine e soprattutto nella ricerca del sentiero per il mattino dopo.
Venerdì 19 luglio
Partenza di buon mattino dopo una buona colazione francese. Ormai siamo di casa a Bourg e troviamo facilmente la retta via fra bellissime frazioni sopra la città, evidentemente la zona residenziale tra deliziosi Chalet in stile comunque sempre minimalista.
Salita mozzafiato di circa 2h,45’ sul piombo del paese fino ad incontrare il primo forte del Truc e successivamente quello della Platte. Abbiamo risalito velocemente circa 1400 metri di dislivello ma l’aria frizzante del mattino sotto un incredibile cielo terso ci ha sicuramente confortato.
I due forti in oggetto rivelano un sofisticato sistema difensivo tipico della grande architettura militare Francese del secolo XIX con la casamatta e le bocche rivolte esattamente nella direzione discendente della val d’Isere, ovvero della probabile penetrazione delle forze armate d’invasione dall’Italia. La stessa situazione che abbiamo ritrovato con i grandi forti francesi a protezione del Frejus. Il forte della Platte è ormai tramutato in un caseificio e non rappresenta un punto particolarmente attraente, data anche l’intersezione di numerose strade interpoderali che risalgono dal fondo valle verso gli Alpage. Si prosegue comunque su una mulattiera su pendenze decisamente più dolci fino al Colle della Forclaz ( 2354 m) e raggiungendo velocemente un grande altipiano incastonato da piccoli laghetti, i 5 laghi, passando tangenti al più grande, e precipitando velocemente nel successivo vallone per circa 200 metri su un sentiero decisamente ostico. Risalita faticosa per raggiungere finalmente il più celebre Passeur de Pralognan ( 2567 m). A questo punto sono già 2000 medtri di dislivello positivo. Discesa molto tecnica e ripidissima e si raggiunge il Cormet De Roselend a circa 2000 m. Allungatoia di circa 3 km fino al Rif Plan du Lay dopo una massacrante tappa e prima di prendere l’immancabile acquazzone serale.
Sabato 20 luglio
Facendo una lunga digressione dal percorso del TDS, lungo il sentiero del Tour del Beaufortain, in circa 1 ora ½ raggiungiamo il tracciato originale ,con una notevole allungamento della distanza , fino al Colle della Source. Discesa sul fondo del vallone e percorso della grande forra, Passage du Curè, tipo un Verdon in miniatura, su un sentiero scavato nella parete. Vietato correre! Finalmente la tanto nominata La Gittaz, con tanto di cappella e poche case private, ma di rifugio manco l’ombra. Meno male che abbiamo evitato la sosta qui perchè il rifugio del sito praticamente non esiste!
A questo punto sempre sul percorso dell’Ultra trail del Beufortain risaliamo su scarsissime tracce di sentiero fino al colle Est de Gitte. Giusto in tempo per passare davanti al primo concorrente, al controllo sul colle. Primiere!
Ormai si spalanca davanti a noi tutta la grande vallata fino al Col Joly, e su percorsi inediti e tracce scendiamo per poi risalire fino all’arrivo degli impianti.
Non ci ferma più nessuno, la sotto Le Contamine! Vista l’ora un impianto e autostop ci riportano velocemente in paese e con lenta e faticosa risalita si raggiunge Il Truc su un bucolico altipiano, giusto in faccia alla parete del Dome du Miage, teatro della nostra più grande discesa in sci, quasi duemila metri di pendenze davvero sostenute.
Domenica 21 Luglio
La Domenica ci vede salire baldanzosi il col du Tricot fino all’intersezione della via dell’Arete du Bionassy.
Ma sul colle e sulla relativa discesa fino al Bellevue e poi al col de Voza cambia l’intero mondo.
Torme di escursionisti, gitanti, corridori, alpinisti e percorritori dell’TMB ci vengono incontro.
Dal silenzio assoluto di due giorni siamo in preda ad un forsennato carosello di assatanati frequentatori del Bianco, a cui si aggiunge pure il trail da Sant Gervais fino al Nid d’Aigle(2372) a complicare il tutto e a svilire il meritato finale.
Ma Les Houche è lì sotto e con il bus rientriamo a Chamonix in preda alla smania compulsiva da shopping.
Ormai non siamo più noi, siamo gli attori inconsapevoli del consumismo più sfrenato.
Quello che realmente importa è cosa comprerai domani.
State Attenti!
La nave è ormai in mano al cuoco di bordo e le parole che trasmette il megafono del Comandante non riguardano più la rotta ma quello che si mangerà domani! ( Soren Kierkegaard)
Ma nonostante il cuoco, il Comandante rimango Io e nessuno mi potrà rubare il bellissimo ricordo di 5 giorni intorno al Monte Bianco sulla TDS!
3030 KV Rocciamelone Susa(To) 24 Luglio 2013
Foto 3030 KV Rocciamelone
Dal racconto dell'OgreDoctor
Dal racconto dell'OgreDoctor
Il Rocciamelone (Rociamlon in piemontese, Rochemelon in francese) è una montagna delle Alpi Graie alta 3.538 m s.l.m.. È situato al confine tra la Valle di Susa e quella di Viù e sulla sua punta convergono i territori comunali di Mompantero, Novalesa e Usseglio. Sulla cima della montagna si trova il vertice trigonometrico della rete primaria di inquadramento IGM95, materializzato sul posto da un centrino GPS fissato alla roccia nei pressi della statua della Madonna e denominato Rocciamelone (cod. 055903). L'origine del nome è controversa. Secondo alcune fonti il nome deriva dal celtico "Roc Maol" dove "Maol" significa sommità in riferimento al fatto che la montagna appare come la più alta del circondario. Un'altra fonte fa derivare il nome dal ligure "Roc Mulun" o "Roc Mulé" in relazione al termine "molek" che significa sacrificio (specialmente umano).
Il nome venne poi latinizzato dai Romani diventando "Mons Romuleus" a sua volta cambiato in "Monte Romuleo" nell'XI secolo. Questo nome fece nascere tante leggende come quella legata ad un certo re Romolo che si diceva passasse l'estate sulle sue pendici e che vi avrebbe nascosto i suoi tesori.
Nel medioevo era considerato la più alta cima delle Alpi. Questa convinzione, che oggi sappiamo errata, era supportata da diversi fattori: il monte infatti incombe su Susa con un balzo che supera i tremila metri; inoltre era ben visibile per la sua caratteristica forma conica dalla frequentatissima Via Francigena, che portava oltralpe attraverso il Moncenisio, palesandosi anche al viaggiatore più distratto in un periodo in cui vaste zone alpine erano pressoché inesplorate. Nel medioevo vi furono diversi tentativi di salita alla vetta, compreso uno da parte dei monaci dell'abbazia della Novalesa che - si legge negli annali dell'Abbazia - vengono respinti da vento e grandine. La prima salita documentata risale al 1° settembre 1358, probabilmente un primato nell'arco alpino. Il crociato Bonifacio Rotario D'Asti, catturato dai Turchi, si affida alla Madonna, promettendo, qualora fosse tornato in patria, di dedicarle un simulacro sulla vetta della prima montagna che avesse visto tornato sul suolo natio. Assistito da alcuni portatori, raggiunse la vetta portando con sé un trittico bronzeo dedicato appunto alla Madonna, oggi custodito in cattedrale a Susa. (Fonte Wikipedia).
Il nome venne poi latinizzato dai Romani diventando "Mons Romuleus" a sua volta cambiato in "Monte Romuleo" nell'XI secolo. Questo nome fece nascere tante leggende come quella legata ad un certo re Romolo che si diceva passasse l'estate sulle sue pendici e che vi avrebbe nascosto i suoi tesori.
Nel medioevo era considerato la più alta cima delle Alpi. Questa convinzione, che oggi sappiamo errata, era supportata da diversi fattori: il monte infatti incombe su Susa con un balzo che supera i tremila metri; inoltre era ben visibile per la sua caratteristica forma conica dalla frequentatissima Via Francigena, che portava oltralpe attraverso il Moncenisio, palesandosi anche al viaggiatore più distratto in un periodo in cui vaste zone alpine erano pressoché inesplorate. Nel medioevo vi furono diversi tentativi di salita alla vetta, compreso uno da parte dei monaci dell'abbazia della Novalesa che - si legge negli annali dell'Abbazia - vengono respinti da vento e grandine. La prima salita documentata risale al 1° settembre 1358, probabilmente un primato nell'arco alpino. Il crociato Bonifacio Rotario D'Asti, catturato dai Turchi, si affida alla Madonna, promettendo, qualora fosse tornato in patria, di dedicarle un simulacro sulla vetta della prima montagna che avesse visto tornato sul suolo natio. Assistito da alcuni portatori, raggiunse la vetta portando con sé un trittico bronzeo dedicato appunto alla Madonna, oggi custodito in cattedrale a Susa. (Fonte Wikipedia).
Per l'allenamento in vista dei prossimi impegni (Royal e TDS) con l'OrcoPinoR decidiamo all'ultimo di rifare la salita, già fatta l'anno passato, al Rocciamelone, partendo direttamente dal Santuario della Madonna del Rocciamelone nel comune di Monpantero a Susa. La nostra via, non l'unica possibile per percorrere i 3000 metri continui della salita che conduce in vetta (si può fare la stessa impresa partendo da Foresto), utilizza il Sentiero dei Monaci che passando per il RIf. Il Trucco e il Rif. La Reposa arriva al Rif. Ca' D'Asti e poi in cima.
Nel corso dei decenni il Rocciamelone è stato teatro di numerose imprese sportive e alcuni record resistono al tempo imbattuti.
L'ultimo nell'agosto del 2010, quando Mau Scilla e Nico Valsesia avevano organizzato una gara di Trail running, chiamata "3030VK" una corsa in montagna con un "triple vertical" partendo da Susa (m. 503) fino alla vetta del Rocciamelone (m. 3538). Chissà cosa penserebbe Bonifacio Rotario del tempo mostruoso di Daniele Fornoni che ha impiegato 2 ore e 32 minuti per raggiungere la vetta del Rocciamelone?
Ma Daniele non è l'unico sportivo che ha provato a misurarsi con questa montagna e nemmno il più veloce. Fin dagli anni ’80-’90 alcuni precursori dello skyrunnig hanno fatto registrare prestazioni che risultano tutt’ora ineguagliate. Come il tempo di 2h 14’ fatto registrare da Daniele Ivol nel 1988 in salita da Mompantero e le 3h 14’ di Elio Ruffino nella stessa occasione, per salire e ridiscendere a fondovalle (dopo un parziale di 2h 17’ in salita). Nel 1994 Valerio Bertoglio dopo i record stabiliti negli anni precedenti sul Cervino e sul Gran Paradiso, in 24 ore copre per tre volte l’intero percorso da Mompantero alla vetta e ritorno, e percorrendone ancora più di un terzo prima dello scoccare della ventiquattresima ora, accumulando un dislivello complessivo di oltre 20.000 m d+/-.
Ma Daniele non è l'unico sportivo che ha provato a misurarsi con questa montagna e nemmno il più veloce. Fin dagli anni ’80-’90 alcuni precursori dello skyrunnig hanno fatto registrare prestazioni che risultano tutt’ora ineguagliate. Come il tempo di 2h 14’ fatto registrare da Daniele Ivol nel 1988 in salita da Mompantero e le 3h 14’ di Elio Ruffino nella stessa occasione, per salire e ridiscendere a fondovalle (dopo un parziale di 2h 17’ in salita). Nel 1994 Valerio Bertoglio dopo i record stabiliti negli anni precedenti sul Cervino e sul Gran Paradiso, in 24 ore copre per tre volte l’intero percorso da Mompantero alla vetta e ritorno, e percorrendone ancora più di un terzo prima dello scoccare della ventiquattresima ora, accumulando un dislivello complessivo di oltre 20.000 m d+/-.
Anche il nostro OrcoRoccia (al secolo Praturlon Fiorenzo), discesista micidiale, è stato protagonista su questa montagna: ancora oggi detiene il record di doppia salita e discesa, stabilito nel 1988, con il tempo di 9 ore e 27 minuti.
Noi, modesti emuli, al cospetto di atleti così forti e blasonati, abbiamo comunque lasciato la nostra impronta di Orchi e in poco meno di 4 orette con un passo sostenuto, ma non al limite siamo arrivati alla Croce di Ferro.
Noi, modesti emuli, al cospetto di atleti così forti e blasonati, abbiamo comunque lasciato la nostra impronta di Orchi e in poco meno di 4 orette con un passo sostenuto, ma non al limite siamo arrivati alla Croce di Ferro.
Siamo saliti in silenzio, quasi in sinbiosi con la natura che ci circondava. E mentre salivamo ripensavo all'anno appena trascorso dall'ultima volta che, sempre io e Pino, siamo venuti fin quassù a percorrere questo stesso sentiero. E' sì e passato un solo anno, ma sembra un secolo!. Allora ipotizzavamo la nascita degli Orchi, oggi siamo una splendida realtà. Siamo cresciuti come numero, ma siamo cresciuti soprattutto come gruppo. Avverto l'entusiasmo, la freschezza quasi "giovanile" nelle iniziative che inventiamo a dispetto della media della nostre età sicuramente ragguardevole.
Quasi non avverto la fatica del salire. Superata la fatidica quota dei 3000 metri ho cominciato a percepire che qualcosa non andava bene e la testa cominciava ad essere un po' troppo leggera. OgreDoctor con il mal di montagna e chi l'avrebbe detto! Alla croce di ferro, alla fine, abbiamo optato per ridiscendere velocemente a quote più basse.
L'allenamento è stato comunque di tutto rispetto: 2800 metri di dislivello e 18 km circa.
martedì 23 luglio 2013
34esimo Trofeo Vulpot Usseglio - Malciussia (To) 20 Luglio 2013
Foto 34esimo Trofeo Vulpot (foto OrcoPolare)
Classifiche 34esimoTrofeo Vulpot
Dal racconto dell'OrcoPolare
Classifiche 34esimoTrofeo Vulpot
Dal racconto dell'OrcoPolare
47 tesserati FIDAL + 1 Orco si danno battaglia sui circa 9
km e 700 mt D+ che dal piccolo abitato di Usseglio (1.265 m.s.l.m.) portano al
lago artificiale di Malciaussia ( curiosa l’etimologia del nome “mal ciussà” – ovvero
mal calzati, chissà che scarpe portavano da queste parti … ).
Lo sparo è fissato per le ore 9,30 di sabato 20 luglio e
così è ! Puntuali gli organizzatori invitano il piccolo gruppo di iscritti
sulla linea di partenza posta in via Roma nei pressi del piccolo market e via, si parte .
La giornata soleggiata e molto calda già della prime ore del
mattino, lascia intendere che ne vedremo delle belle … i “top runner” partono
subito decisi ed in pochi minuti il gruppetto si allunga come un piccolo
serpente colorato in mezzo alla vegetazione .
Il percorso si svolge parte su strada asfaltata e parte su
sentiero con qualche tratto molto infangato vista l’abbondanza d’acqua che ha
caratterizzato questa annata; difficile dire se più indicata la scarpa stradale
piuttosto che quella da montagna, sicuramente i sentieri non sono impegnativi e
sono ben battuti quindi forse la prima non sarebbe stata così malvagia…
Si parte subito, attraversato il fiume, con un bello strappo
in salita in mezzo ad un fitto e fresco bosco seguendo un sentiero che dopo
qualche sali e scendi e attraversamenti
trasversali della strada provinciale, porta all’abitato di Margone. Qui un
cartello stradale dice che mancano 5 km a Malciaussia che si percorreranno per
una buona parte sulla ripida e tortuosa SP 32 per poi buttarsi, quando
mancheranno pochi tornanti per raggiungere la meta, sulla sinistra giù in
discesa per attraversare il fiume e seguirlo a distanza fino alla diga.
Da li a poco si inizierà a vedere il maestoso muro di
contegno del lago e dopo l’attraversamento di un lungo prato qua e là infangato
ed ancora un paio di dritti impegnativi ma non drammatici, si raggiunge
l’arrivo posto di fronte al Rigugio “Vulpot” (1.805 m.s.l.m.).
1h01 l’Orco fuori classifica e circa 43 m” il primo classificato
…
I famigliari ed amici al seguito, visto lo spettacolo che la
natura offre ai loro occhi e la clemenza del tempo, mi scuseranno per la
levattaccìa mattutina e chiuderemo insieme la giornata con un bel pranzo al
sacco negli adiacenti prati.
W gli ORCHI !
domenica 21 luglio 2013
Giro del lago di Ceresole Reale (To) 21 Luglio 2013
Foto Giro del Lago di Ceresole Reale 2013
Classifica Giro del Lago di Ceresole Reale 2013
Foto Edizione 2012
Classifiche Edizione 2012
Troverai più nei boschi che nei libri.
Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose
che nessun maestro ti dirà. (Bernardo di Chiaravalle 1090-1153)
Dal racconto dell'OrcoPinoR
Un evento podistico (organizzazione podistica Bairese) che si rinnova ormai da 5 anni qui a Ceresole Reale (To) e che quest'anno ha portato quasi 500 concorrenti a correre il percorso intorno al lago artificiale costruito nel lontano 1925.
Un percorso di soli 8 km che trascina qui dalla bassa padana un fiume di atleti amanti delle cime piemontesi del Parco del Gran Paradiso.
Un turismo d'altri tempi in alta valle Orco, di quelle offerte che gli specialisti del settore vorrebbero veder decollare come quello del Nord-Est d'Italia, ma che qui stenta per una serie di motivi ai più ignoti.
Forse la distanza dal grandi centri abitati, forse la stagione estiva che inizia solo a Luglio e già a fine Agosto è chiusa e forse chissà la mancanza di progetti a lungo respiro che in Italia faticano a partire.
Si rimane incantati qui a Ceresole Reale dalle cime, dai folti e grandi boschi, dalle rocce montonate intervallate a pascoli, dai torrenti generosi ,dai ghiacciai vicini e selvaggi,
Per i più fortunati, quelli che possono percorrere i vecchi sentieri di caccia dei Re Savoiardi e che portano a quota 3000, possono godere dei panorami mozzafiato, mentre per gli eletti, quelli che riescono ad arrampicare quasi a quota 4000 bhè... la suggestione dei deserti di pietra d'alta quota e delle cime innevate è impagabile.
L'offerta turistica non potrà essere confrontata con i maestri alberghieri del Trentino ma vi posso assicurare, per chi ha voglia di salire in alta Valle Orco, che troverete una delle vere anime del Piemonte.
Al termine della gara podistica, ci siamo regalati con 36euro il pranzo per 2 presso il Rifugio Fonti Minerali con:
- buon servizio in sala
- antipasti di salumi misti
- polenta concia
- salsiccia alla prugna
- caffè
- acqua e birra
Classifica Giro del Lago di Ceresole Reale 2013
Foto Edizione 2012
Classifiche Edizione 2012
Troverai più nei boschi che nei libri.
Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose
che nessun maestro ti dirà. (Bernardo di Chiaravalle 1090-1153)
Dal racconto dell'OrcoPinoR
Un evento podistico (organizzazione podistica Bairese) che si rinnova ormai da 5 anni qui a Ceresole Reale (To) e che quest'anno ha portato quasi 500 concorrenti a correre il percorso intorno al lago artificiale costruito nel lontano 1925.
Un percorso di soli 8 km che trascina qui dalla bassa padana un fiume di atleti amanti delle cime piemontesi del Parco del Gran Paradiso.
Un turismo d'altri tempi in alta valle Orco, di quelle offerte che gli specialisti del settore vorrebbero veder decollare come quello del Nord-Est d'Italia, ma che qui stenta per una serie di motivi ai più ignoti.
Forse la distanza dal grandi centri abitati, forse la stagione estiva che inizia solo a Luglio e già a fine Agosto è chiusa e forse chissà la mancanza di progetti a lungo respiro che in Italia faticano a partire.
Si rimane incantati qui a Ceresole Reale dalle cime, dai folti e grandi boschi, dalle rocce montonate intervallate a pascoli, dai torrenti generosi ,dai ghiacciai vicini e selvaggi,
Per i più fortunati, quelli che possono percorrere i vecchi sentieri di caccia dei Re Savoiardi e che portano a quota 3000, possono godere dei panorami mozzafiato, mentre per gli eletti, quelli che riescono ad arrampicare quasi a quota 4000 bhè... la suggestione dei deserti di pietra d'alta quota e delle cime innevate è impagabile.
L'offerta turistica non potrà essere confrontata con i maestri alberghieri del Trentino ma vi posso assicurare, per chi ha voglia di salire in alta Valle Orco, che troverete una delle vere anime del Piemonte.
Al termine della gara podistica, ci siamo regalati con 36euro il pranzo per 2 presso il Rifugio Fonti Minerali con:
- buon servizio in sala
- antipasti di salumi misti
- polenta concia
- salsiccia alla prugna
- caffè
- acqua e birra
domenica 14 luglio 2013
Ultra Trail Tre Rifugi Val Pellice Bobbio Pellice (To) 14 Luglio 2013
Foto Ultra Trail Tre Rifugi Val Pellice 2013
Video Drone Tre Rifugi Val Pellice 2013 di Luca Cavagnero
Classifica Tre Rifugi Val Pellice 2013
Sito Tre Rifugi Val Pellice
Sito Gli Orchi Trailers ASD
Edizione 2012
Edizione 2011
Edizione 2010
Edizione 2009
Un temporale in arrivo
sopra un bosco di faggi.
Nuvole veloci
si rincorrono su
aguzze vette miranti
pascoli generosi.
Assetati e canuti atleti
solcano lingue di neve.
Gli ultimi saranno i primi! (R.G.A)
Dal racconto dell'OgreDoctor
Quando si è determinati, l'impossibile non esiste, allora si possono muovere cielo e terra (Yamamoto Tsunemoto - Samurai)
Teatro di questa splendida e durissima gara sono le montagne della Val Pellice.
La storia nella Val Pellice è molto antica. Si hanno prove che la Valle sia stata popolata da alcune tribù a partire dal neolitico, grazie al rinvenimento di incisioni rupestri e al ritrovamento di arnesi litici (asce, coltelli, grattatoi) e di cocci di ceramiche di quel periodo.
I Romani hanno conosciuto queste popolazioni, genericamente chiamate "liguri", verso il I secolo a.C, quando erano già mescolate ai Celti (o Galli). Molte tracce del loro passaggio sono rimaste nella toponomastica: i suffissi in "asc" di Frossasco, Subiasco o in "ogna" di Angrogna, Ciamogna, oppure termini come "bric" (collina, monte) da cui, Bricherasio, collina dei Quariati, tribù che ha dato il nome alla vicina val Queyras.
Sicuramente, il motivo per il quale la Val Pellice è conosciuta è il fatto che in essa si radicò uno dei movimenti ereticali medievali, i valdesi, che hanno rappresentato fino al XIX secolo, l'unica chiesa riformata protestante presente sulla penisola italiana. La presenza dei valdesi ha determinato in modo fondamentale la storia e l'identità della Val Pellice.
I valdesi, o "poveri di Cristo" come si definivano, si costituirono alla fine del XII secolo a Lione, al seguito di un mercante di nome Valdo. Il movimento, scomunicato, giunse nell'area alpina agli inizi del XIII secolo ad opera di missionari provenienti dalla Lombardia. Per tutto il Medioevo questi cristiani eretici, dispersi in Europa, furono costretti a vivere in modo clandestino la loro fede basata sulla povertà e la lettura del vangelo. Ma, a differenza di quanto accadde in altre regioni d'Europa, qui la dissidenza valdese fu così forte che non la si poté cancellare, e la popolazione difese la sua libertà con la forza.
La val Pellice è caratterizzata dalla presenza di quattro parlate contemporanee, praticate alternativamente da una buona maggioranza della popolazione, a seconda dell'interlocutore del momento.
L'italiano è la lingua ufficiale, già imposta fin dal 1560, con un decreto di Emanuele Filiberto, in sostituzione del latino, per tutti gli atti legali e amministrativi. Il francese si pratica a causa delle vicende storiche. L'occitano anticamente era la lingua nella variante parlata nei due versanti delle nostre Alpi. Era una lingua di alta dignità nel medio evo, conosciuta in quasi tutta l'Europa, in seguito ridotta a dialetto non scritto.
Il piemontese, infine, viene parlato da secoli, accanto all'occitano, dalla quasi totalità della popolazione, a causa dei continui contatti commerciali e lavorativi con gli abitanti della pianura antistante. Oggi il piemontese tende a primeggiare sull'occitano, in particolare nei due centri più importanti, Luserna San Giovanni e Torre Pellice.
Decidiamo di recarci sul posto la sera prima e alloggiamo al Bed & Breakfast "Curtilet", poco sopra Bobbio Pellice, sede di partenza della gara. Lo start della gara era inizialmente stabilito per le 7.00 del mattino, ma sarà successivamente posticipato alle 7.30.
Il meteo non promette niente di buono; durante la notte abbondanti piogge dovute a temporali estivi e le nuvole basse al risveglio consigliano di dotarci di qualche indumento protettivo in più. La cautela non è mai troppa, ma Giove Pluvio alla fine ci risparmierà per quasi tutta la gara. Dopo le 11 ore di gara, infatti, gli ultimi concorrenti saranno benedetti da una copiosa grandinata!
Finalmente si parte, l'adrenalina accumulata nel pre-gara si scarica e una sferzata di energia attraversa i muscoli.
Partenza tranquilla, i numeri incutono rispetto e timore e consigliano prudenza: 54 km e 3818 metri di dislivello positivo.
Fin dalla prima salita per raggiungere il colle Barant (2373 mt) di circa 1600 mt, intuisco che non sarà facile arrivare al fondo della gara e che le risorse dovranno essere spese con attenzione per non rischiare di rimanere in riserva. Il bosco dell'Autagna è bellissimo, ma non vedo l'ora di salire sopra i 2000, l'umidità è opprimente.
Dal colle si gode una bellissima vista, ma è solo l'assaggio di quello che gli occhi potranno ammirare e la mente imprimere in modo indelebile nel film dei ricordi.
Eccoci al Barbara Lawrie. Ci attendono 1000 metri di dislivello per raggiungere il Colle Manzol. Avevo sentito parlare da altri sky runners della difficoltà di questa salita, ma pensavo si trattasse delle solite leggende...Quanto mi sbagliavo, un muro verticale negli ultimi 400 metri di dislivello. Arrivati sotto, quasi non si riesce a credere di dover passare proprio di lì.
Sono passate 4 ore e 15 minuti. Discesa con attraversamento di alcuni piccoli nevai in fase di discioglimento e passato il Granero arriverò al Jervis del Prà in un oretta.
I tre rifugi ci sono tutti, la gara e finita...guardo l'orologio: ho percorso circa 30 km e 2560 metri di dislivello positivo. La gara purtroppo è solo all'inizio, ora viene il bello mi dico!
Salita alle Barricate, traverso panoramico e poi discesa all'Alpe Crosenna. Un altro bel muro verticale per arrivare all'Alpe Blancet. Sono a corto di risorse alimentari e chiedo ad un altro runners se ha un gel in più che in vero spirito trail mi viene offerto. L'iniezione di zuccheri mi da quella sferzata per andare avanti. Ecco l'Alpe Giulian (2105 mt s.l.m); il cartello ci avvisa che sono -9 e da qui solo più discesa.
Anche rotolando arriverò a Bobbio Pellice!
La fatica si conclude in 9:10:17; gli ultimi 4 km in verità un po' sofferti e trascinati. La soddisfazione di aver concluso una gara così dura e tecnica è tantissima.
Una gara organizzata alla perfezione. Le 38 edizioni si vedono tutte, lo staff, il soccorso Alpino, i volontari degli Amici del Po si muovono sulle note di uno spartito che conoscono a memoria tante sono le volte che lo hanno interpretato e ci regalano una vera e autentica festa dello sport.
In tutto il percorso la presenza del soccorso alpino nei passi chiave della gara e dei volontari in tutte le situazioni di potenziale pericolo hanno permesso a tutti i runners di viaggiare in totale sicurezza. La tracciatura impeccabile ha portato a casa tutti senza alcun problema di reperimento del percorso.
Una manifestazione così ha sicuramente un respiro internazionale e meriterebbe una maggiore visibilità e partecipazione.
Chiudo il mio racconto segnalandovi che abbiamo conosciuto una marziana!
Alloggiava con noi al Curtilet e aveva l'aspetto di una comune donzella. All'anagrafe Helen Bonsor from Edimburgo in Scozia. Fa parte della squadra nazionale di corsa in montagna scozzese ed era in Italia per allenarsi per i prossimi mondiali in Polonia. E' stata capace di finire la gara in 7:10:38 infliggendo 13 minuti alla campionessa italiana Raffaella Miravalle, piazzandosi al 6° posto assoluto. Non ci sono parole!
Dal racconto dell'OrcoDavid
Della Val Pellice, da un punto di vista storico ha già detto tutto Ogredoctor, io mi limiterò a qualche sensazione che mi ha colto nei momenti in cui l'ho frequentata, a piedi, in mtb o con le ciaspole.
Lo stupore per le meraviglie dei luoghi, si è infatti sempre accompagnato ad un rispetto ed un ammirazione per quello che mi è sempre sembrato un attaccamento “speciale” dei suoi abitanti alle proprie terre. Un piccolo gioiello di boschi, pascoli, colli, incastrato tra valli più famose; un paesaggio, aspro e duro, curato in maniera particolare, dove l'amore per le proprie tradizioni, o per qualcuno la professione di una fede osteggiata per secoli, ha saputo coniugarsi con apertura al mondo ed alle altrui usanze e costumi. Un posto dove omologazione e standard di “modernità” propinati in maniera massiccia ed ossessiva, hanno trovato un identità forte, ma aperta e tollerante che ne hanno smorzato i lati più fasulli e fuorvianti.
Ovviamente questa sensazione andrebbe misurata sul campo; non sarà sicuramente tutto rose e fiori, non mancheranno contraddizioni e difficoltà, ma, se fossi un decisore politico, uno sguardo alle comunità di queste valli lo darei.
Non ho cariche politiche, sono solo un umile corridore di montagna dell'ultim'ora, con un fisico così e così, ed una condizione che è migliorata un minimo in questi mesi grazie alla pazienza degli altri Orchi senior che mi hanno proposto allenamenti graduali e completi, nonché dispensato consigli ed incoraggiamenti. Ed allora la decisione di partecipare a questa gara, la “corta” della tre rifugi (trail degli alpeggi, 33km e 2.200 m. di dislivello) in alta Val Pellice centra in pieno tutte le condizioni:
vado in un posto bellissimo, dove troverò quasi sicuramente persone che non vendono solo “un prodotto/evento” sportivo, ma che hanno messo in gioco per primi la loro persona (grazie ancora alle centinaia di volontari che erano ovunque!) e per di più ci vado con amici, che mi hanno introdotto a questo sport senza impormi i loro punti di vista, tabelle, divise ecc.
Ci vado anche io il sabato, accompagnando tre Orchi che faranno la lunga. In quel di Bobbio incontriamo OrcoGaetano e con la sua famiglia ceniamo, tentati continuamente dalla formula “buffet”, che mal si sposa con il “paiolo” che ci dovremmo fare l'indomani.
Per la cronaca OrcoGaetano, nonostante il tentato sgambetto delle zucchine in carpione, farà una prestazione super sulla lunga distanza, chiudendo in 8 ore e 47 minuti la sua fatica, migliorando di quasi un'ora la sua precedente prestazione!
Al mattino della domenica, incontriamo anche gli altri Orchi che partecipano alla corta. Alla fine sulla distanza breve ci saranno oltre a me, gli Orchi: Santo, Fiorenzo (OrcoRoccia), Pasquale, GabriellaC. Bene, siamo in compagnia, tutti con la voglia di arrivare in fondo e godersi una bella giornata di montagna e sport.
Si parte! Percorriamo per circa 45 minuti lo stesso tratto della lunga, poi noi veniamo dirottati verso il sentiero che sulla destra orografica del torrente Pellice, porta al Rifugio Jervis, quasi 1000 metri sopra Bobbio Pellice. Io sono con Orco Pasquale, un mio mito in tema di corsa, che oggi, causa un piede dolorante riesco a tallonare (ha l'età di mia madre, per intenderci). La parentesi però è d'obbligo per sottolineare grinta e capacità di tutta la compagine over 60 degli Orchi presenti, Orcoing sulla lunga e Fiorenzo, Orcoroccia sulla breve distanza; bravi! E grazie per l'insegnamento che ci date, poche parole e tanta passione!
Ma torniamo alla gara, superato il Jervis, il tracciato prevede una bella impennata a 2100 m. delle barricate e poi un lungo ed incantevole traverso su prati in piena foritura, dopo si scende all'alpe Crosenna, 1650 m. circa e 16 km all'arrivo. Dall'alpe parte però una seconda salita, 600 m, circa fino all'alpe Bancet, bella dritta! Io dopo il rifornimento al Crosenna mi sento bene e voglio provare a salire più velocemente. Sarà la parte migliore della mia gara, riesco a prendere parecchie persone che mi avevano superato all'inizio. Si scende un po' dal Bancet all'alpe Giulian (2100 m. circa). Al ristoro trovo OrcoSanto, anche lui un po' acciaccato ad un piede. La salita è finita, ma ci vogliono ancora 9 km di lunghissima discesa con 1500 m. di dislivello.
Arrivo fin sugli “spalti” naturali sopra Bobbio Pellice con Santo, (mentre Fiorenzo, sfruttando le sue doti di discesista è poco dietro), quando mi accorgo che forse posso chiudere la gara entro l'orario simbolico delle sei ore. Provo allora ad allungare un po', sento sempre più vicino gli altoparlanti della piazza e comincio ad addentrarmi nei primi vicoli, c'è sempre più gente ad applaudire, giro un angolo, poi un altro, poi ancora, che dedalo!!! poi finalmente arrivo in piazza, taglio il traguardo in 6h.01'33''. Subito dietro di me c'è Fiorenzo e poi arriva Santo e di lì a poco anche Pasquale e Gabriella, martoriata dai crampi, ma tutti hanno finito, bellissimo!
Dopo la meritata doccia nel torrente, ci ritroviamo in piazza per il pasta party.
Io arrivo appena in tempo per vedere tagliare il traguardo della prima donna classificata...ma! È lei! È la ragazza con cui abbiamo fatto colazione stamattina! Brava Helen!
Che sport incredibile!, stamattina un lampascione come me ha avuto l'occasione di sedersi al tavolo con una atleta nazionale di corsa in montagna, in una modesta borgata di una valle che, a questo punto si può dire, non poteva che essere la Val Pellice!
W la montagna!, W gli Orchi!
Video Drone Tre Rifugi Val Pellice 2013 di Luca Cavagnero
Classifica Tre Rifugi Val Pellice 2013
Sito Tre Rifugi Val Pellice
Sito Gli Orchi Trailers ASD
Edizione 2012
Edizione 2011
Edizione 2010
Edizione 2009
Un temporale in arrivo
sopra un bosco di faggi.
Nuvole veloci
si rincorrono su
aguzze vette miranti
pascoli generosi.
Assetati e canuti atleti
solcano lingue di neve.
Gli ultimi saranno i primi! (R.G.A)
Dal racconto dell'OgreDoctor
Quando si è determinati, l'impossibile non esiste, allora si possono muovere cielo e terra (Yamamoto Tsunemoto - Samurai)
Teatro di questa splendida e durissima gara sono le montagne della Val Pellice.
La storia nella Val Pellice è molto antica. Si hanno prove che la Valle sia stata popolata da alcune tribù a partire dal neolitico, grazie al rinvenimento di incisioni rupestri e al ritrovamento di arnesi litici (asce, coltelli, grattatoi) e di cocci di ceramiche di quel periodo.
I Romani hanno conosciuto queste popolazioni, genericamente chiamate "liguri", verso il I secolo a.C, quando erano già mescolate ai Celti (o Galli). Molte tracce del loro passaggio sono rimaste nella toponomastica: i suffissi in "asc" di Frossasco, Subiasco o in "ogna" di Angrogna, Ciamogna, oppure termini come "bric" (collina, monte) da cui, Bricherasio, collina dei Quariati, tribù che ha dato il nome alla vicina val Queyras.
Sicuramente, il motivo per il quale la Val Pellice è conosciuta è il fatto che in essa si radicò uno dei movimenti ereticali medievali, i valdesi, che hanno rappresentato fino al XIX secolo, l'unica chiesa riformata protestante presente sulla penisola italiana. La presenza dei valdesi ha determinato in modo fondamentale la storia e l'identità della Val Pellice.
I valdesi, o "poveri di Cristo" come si definivano, si costituirono alla fine del XII secolo a Lione, al seguito di un mercante di nome Valdo. Il movimento, scomunicato, giunse nell'area alpina agli inizi del XIII secolo ad opera di missionari provenienti dalla Lombardia. Per tutto il Medioevo questi cristiani eretici, dispersi in Europa, furono costretti a vivere in modo clandestino la loro fede basata sulla povertà e la lettura del vangelo. Ma, a differenza di quanto accadde in altre regioni d'Europa, qui la dissidenza valdese fu così forte che non la si poté cancellare, e la popolazione difese la sua libertà con la forza.
La val Pellice è caratterizzata dalla presenza di quattro parlate contemporanee, praticate alternativamente da una buona maggioranza della popolazione, a seconda dell'interlocutore del momento.
L'italiano è la lingua ufficiale, già imposta fin dal 1560, con un decreto di Emanuele Filiberto, in sostituzione del latino, per tutti gli atti legali e amministrativi. Il francese si pratica a causa delle vicende storiche. L'occitano anticamente era la lingua nella variante parlata nei due versanti delle nostre Alpi. Era una lingua di alta dignità nel medio evo, conosciuta in quasi tutta l'Europa, in seguito ridotta a dialetto non scritto.
Il piemontese, infine, viene parlato da secoli, accanto all'occitano, dalla quasi totalità della popolazione, a causa dei continui contatti commerciali e lavorativi con gli abitanti della pianura antistante. Oggi il piemontese tende a primeggiare sull'occitano, in particolare nei due centri più importanti, Luserna San Giovanni e Torre Pellice.
Il meteo non promette niente di buono; durante la notte abbondanti piogge dovute a temporali estivi e le nuvole basse al risveglio consigliano di dotarci di qualche indumento protettivo in più. La cautela non è mai troppa, ma Giove Pluvio alla fine ci risparmierà per quasi tutta la gara. Dopo le 11 ore di gara, infatti, gli ultimi concorrenti saranno benedetti da una copiosa grandinata!
Finalmente si parte, l'adrenalina accumulata nel pre-gara si scarica e una sferzata di energia attraversa i muscoli.
Partenza tranquilla, i numeri incutono rispetto e timore e consigliano prudenza: 54 km e 3818 metri di dislivello positivo.
Fin dalla prima salita per raggiungere il colle Barant (2373 mt) di circa 1600 mt, intuisco che non sarà facile arrivare al fondo della gara e che le risorse dovranno essere spese con attenzione per non rischiare di rimanere in riserva. Il bosco dell'Autagna è bellissimo, ma non vedo l'ora di salire sopra i 2000, l'umidità è opprimente.
Dal colle si gode una bellissima vista, ma è solo l'assaggio di quello che gli occhi potranno ammirare e la mente imprimere in modo indelebile nel film dei ricordi.
Eccoci al Barbara Lawrie. Ci attendono 1000 metri di dislivello per raggiungere il Colle Manzol. Avevo sentito parlare da altri sky runners della difficoltà di questa salita, ma pensavo si trattasse delle solite leggende...Quanto mi sbagliavo, un muro verticale negli ultimi 400 metri di dislivello. Arrivati sotto, quasi non si riesce a credere di dover passare proprio di lì.
Sono passate 4 ore e 15 minuti. Discesa con attraversamento di alcuni piccoli nevai in fase di discioglimento e passato il Granero arriverò al Jervis del Prà in un oretta.
I tre rifugi ci sono tutti, la gara e finita...guardo l'orologio: ho percorso circa 30 km e 2560 metri di dislivello positivo. La gara purtroppo è solo all'inizio, ora viene il bello mi dico!
Salita alle Barricate, traverso panoramico e poi discesa all'Alpe Crosenna. Un altro bel muro verticale per arrivare all'Alpe Blancet. Sono a corto di risorse alimentari e chiedo ad un altro runners se ha un gel in più che in vero spirito trail mi viene offerto. L'iniezione di zuccheri mi da quella sferzata per andare avanti. Ecco l'Alpe Giulian (2105 mt s.l.m); il cartello ci avvisa che sono -9 e da qui solo più discesa.
Anche rotolando arriverò a Bobbio Pellice!
La fatica si conclude in 9:10:17; gli ultimi 4 km in verità un po' sofferti e trascinati. La soddisfazione di aver concluso una gara così dura e tecnica è tantissima.
Una gara organizzata alla perfezione. Le 38 edizioni si vedono tutte, lo staff, il soccorso Alpino, i volontari degli Amici del Po si muovono sulle note di uno spartito che conoscono a memoria tante sono le volte che lo hanno interpretato e ci regalano una vera e autentica festa dello sport.
In tutto il percorso la presenza del soccorso alpino nei passi chiave della gara e dei volontari in tutte le situazioni di potenziale pericolo hanno permesso a tutti i runners di viaggiare in totale sicurezza. La tracciatura impeccabile ha portato a casa tutti senza alcun problema di reperimento del percorso.
Una manifestazione così ha sicuramente un respiro internazionale e meriterebbe una maggiore visibilità e partecipazione.
Chiudo il mio racconto segnalandovi che abbiamo conosciuto una marziana!
Alloggiava con noi al Curtilet e aveva l'aspetto di una comune donzella. All'anagrafe Helen Bonsor from Edimburgo in Scozia. Fa parte della squadra nazionale di corsa in montagna scozzese ed era in Italia per allenarsi per i prossimi mondiali in Polonia. E' stata capace di finire la gara in 7:10:38 infliggendo 13 minuti alla campionessa italiana Raffaella Miravalle, piazzandosi al 6° posto assoluto. Non ci sono parole!
Dal racconto dell'OrcoDavid
Della Val Pellice, da un punto di vista storico ha già detto tutto Ogredoctor, io mi limiterò a qualche sensazione che mi ha colto nei momenti in cui l'ho frequentata, a piedi, in mtb o con le ciaspole.
Lo stupore per le meraviglie dei luoghi, si è infatti sempre accompagnato ad un rispetto ed un ammirazione per quello che mi è sempre sembrato un attaccamento “speciale” dei suoi abitanti alle proprie terre. Un piccolo gioiello di boschi, pascoli, colli, incastrato tra valli più famose; un paesaggio, aspro e duro, curato in maniera particolare, dove l'amore per le proprie tradizioni, o per qualcuno la professione di una fede osteggiata per secoli, ha saputo coniugarsi con apertura al mondo ed alle altrui usanze e costumi. Un posto dove omologazione e standard di “modernità” propinati in maniera massiccia ed ossessiva, hanno trovato un identità forte, ma aperta e tollerante che ne hanno smorzato i lati più fasulli e fuorvianti.
Ovviamente questa sensazione andrebbe misurata sul campo; non sarà sicuramente tutto rose e fiori, non mancheranno contraddizioni e difficoltà, ma, se fossi un decisore politico, uno sguardo alle comunità di queste valli lo darei.
Non ho cariche politiche, sono solo un umile corridore di montagna dell'ultim'ora, con un fisico così e così, ed una condizione che è migliorata un minimo in questi mesi grazie alla pazienza degli altri Orchi senior che mi hanno proposto allenamenti graduali e completi, nonché dispensato consigli ed incoraggiamenti. Ed allora la decisione di partecipare a questa gara, la “corta” della tre rifugi (trail degli alpeggi, 33km e 2.200 m. di dislivello) in alta Val Pellice centra in pieno tutte le condizioni:
vado in un posto bellissimo, dove troverò quasi sicuramente persone che non vendono solo “un prodotto/evento” sportivo, ma che hanno messo in gioco per primi la loro persona (grazie ancora alle centinaia di volontari che erano ovunque!) e per di più ci vado con amici, che mi hanno introdotto a questo sport senza impormi i loro punti di vista, tabelle, divise ecc.
Ci vado anche io il sabato, accompagnando tre Orchi che faranno la lunga. In quel di Bobbio incontriamo OrcoGaetano e con la sua famiglia ceniamo, tentati continuamente dalla formula “buffet”, che mal si sposa con il “paiolo” che ci dovremmo fare l'indomani.
Per la cronaca OrcoGaetano, nonostante il tentato sgambetto delle zucchine in carpione, farà una prestazione super sulla lunga distanza, chiudendo in 8 ore e 47 minuti la sua fatica, migliorando di quasi un'ora la sua precedente prestazione!
Al mattino della domenica, incontriamo anche gli altri Orchi che partecipano alla corta. Alla fine sulla distanza breve ci saranno oltre a me, gli Orchi: Santo, Fiorenzo (OrcoRoccia), Pasquale, GabriellaC. Bene, siamo in compagnia, tutti con la voglia di arrivare in fondo e godersi una bella giornata di montagna e sport.
Si parte! Percorriamo per circa 45 minuti lo stesso tratto della lunga, poi noi veniamo dirottati verso il sentiero che sulla destra orografica del torrente Pellice, porta al Rifugio Jervis, quasi 1000 metri sopra Bobbio Pellice. Io sono con Orco Pasquale, un mio mito in tema di corsa, che oggi, causa un piede dolorante riesco a tallonare (ha l'età di mia madre, per intenderci). La parentesi però è d'obbligo per sottolineare grinta e capacità di tutta la compagine over 60 degli Orchi presenti, Orcoing sulla lunga e Fiorenzo, Orcoroccia sulla breve distanza; bravi! E grazie per l'insegnamento che ci date, poche parole e tanta passione!
Ma torniamo alla gara, superato il Jervis, il tracciato prevede una bella impennata a 2100 m. delle barricate e poi un lungo ed incantevole traverso su prati in piena foritura, dopo si scende all'alpe Crosenna, 1650 m. circa e 16 km all'arrivo. Dall'alpe parte però una seconda salita, 600 m, circa fino all'alpe Bancet, bella dritta! Io dopo il rifornimento al Crosenna mi sento bene e voglio provare a salire più velocemente. Sarà la parte migliore della mia gara, riesco a prendere parecchie persone che mi avevano superato all'inizio. Si scende un po' dal Bancet all'alpe Giulian (2100 m. circa). Al ristoro trovo OrcoSanto, anche lui un po' acciaccato ad un piede. La salita è finita, ma ci vogliono ancora 9 km di lunghissima discesa con 1500 m. di dislivello.
Arrivo fin sugli “spalti” naturali sopra Bobbio Pellice con Santo, (mentre Fiorenzo, sfruttando le sue doti di discesista è poco dietro), quando mi accorgo che forse posso chiudere la gara entro l'orario simbolico delle sei ore. Provo allora ad allungare un po', sento sempre più vicino gli altoparlanti della piazza e comincio ad addentrarmi nei primi vicoli, c'è sempre più gente ad applaudire, giro un angolo, poi un altro, poi ancora, che dedalo!!! poi finalmente arrivo in piazza, taglio il traguardo in 6h.01'33''. Subito dietro di me c'è Fiorenzo e poi arriva Santo e di lì a poco anche Pasquale e Gabriella, martoriata dai crampi, ma tutti hanno finito, bellissimo!
Dopo la meritata doccia nel torrente, ci ritroviamo in piazza per il pasta party.
Io arrivo appena in tempo per vedere tagliare il traguardo della prima donna classificata...ma! È lei! È la ragazza con cui abbiamo fatto colazione stamattina! Brava Helen!
Che sport incredibile!, stamattina un lampascione come me ha avuto l'occasione di sedersi al tavolo con una atleta nazionale di corsa in montagna, in una modesta borgata di una valle che, a questo punto si può dire, non poteva che essere la Val Pellice!
W la montagna!, W gli Orchi!
sabato 13 luglio 2013
Trail autogestito del Queyras (Francia) 13 Luglio 2013
Foto Trail autogestito del Queyras
Dal racconto dell'OrcoGreg
Non potendo partecipare alla Tre Rifugi per impegni domenicali, precedentemente organizzati, con le rispettive famiglie, Livio mi propone un allenamento con partenza in Val Pellice, toccando luoghi dove il giorno successivo si correrà il trail. Così sabato mattina, 13 luglio 2013 verso le 7.00, ci troviamo a Luserna S. Giovanni con la gradita presenza anche della sorella di Livio, Mariagrazia, reduce da dopo più di un mese da una gita a piedi di soli 910 km del cammino di Santiago de Compostela, fatta con il marito per il loro anniversario di matrimonio. Che gamba..........la ragazza.
Caricata una macchina sola e preso l'immancabile caffè partiamo alla volta di Villanova 1220 mt. La giornata è bella e l'abbigliamento è ridotto all'essenziale, ma lo zaino contiene un pò di tutto...non si sa mai.
All'Alpe Crosenna 1650 mt troviamo bandierine segnaletiche della Tre Rifugi, poi il ns percorso devia e segue in successione:
il sentiero balcone delle Barricate - il Colle Urina 2570mt ed entrando in territorio francese nel Parc Regional du Quejras, che rifrequentiamo dopo due settimane dal trail fatto il 29 giugno, la Bergerie Sous Roch 2190mt - il Col de Gilly 2388mt - la Crete de Gilly - la Sommet de Gilly 2584mt - La Monta 1626mt. Qui ci fermiamo per mangiare qualcosa e bere una spremuta presso il bel rifugio. Breve tratto in piano e asfaltato per aggiungere L'Echalp 1670mt per poi rientrare in patria dal Colle della Croce 2299mt scendendo alla Conca del Pra Rif. Jervis 1750mt dove apprezziamo il sapore amaro di due lattine di aranciata acquistate alla Ciabota del Prà e ritorno al park di Villanova.
Bel percorso, bei posti, parecchi escursionisti incontrati sui sentieri, ahimè tutti francesi, ma perchè noi italici siamo più per il mare.
Alla fine 32 Km circa e D+ 2400 m, giro da proporre ad altri Orchi magari con mangiata finale al rifugio Willy Jervis.
Dal racconto dell'OrcoGreg
Non potendo partecipare alla Tre Rifugi per impegni domenicali, precedentemente organizzati, con le rispettive famiglie, Livio mi propone un allenamento con partenza in Val Pellice, toccando luoghi dove il giorno successivo si correrà il trail. Così sabato mattina, 13 luglio 2013 verso le 7.00, ci troviamo a Luserna S. Giovanni con la gradita presenza anche della sorella di Livio, Mariagrazia, reduce da dopo più di un mese da una gita a piedi di soli 910 km del cammino di Santiago de Compostela, fatta con il marito per il loro anniversario di matrimonio. Che gamba..........la ragazza.
Caricata una macchina sola e preso l'immancabile caffè partiamo alla volta di Villanova 1220 mt. La giornata è bella e l'abbigliamento è ridotto all'essenziale, ma lo zaino contiene un pò di tutto...non si sa mai.
All'Alpe Crosenna 1650 mt troviamo bandierine segnaletiche della Tre Rifugi, poi il ns percorso devia e segue in successione:
il sentiero balcone delle Barricate - il Colle Urina 2570mt ed entrando in territorio francese nel Parc Regional du Quejras, che rifrequentiamo dopo due settimane dal trail fatto il 29 giugno, la Bergerie Sous Roch 2190mt - il Col de Gilly 2388mt - la Crete de Gilly - la Sommet de Gilly 2584mt - La Monta 1626mt. Qui ci fermiamo per mangiare qualcosa e bere una spremuta presso il bel rifugio. Breve tratto in piano e asfaltato per aggiungere L'Echalp 1670mt per poi rientrare in patria dal Colle della Croce 2299mt scendendo alla Conca del Pra Rif. Jervis 1750mt dove apprezziamo il sapore amaro di due lattine di aranciata acquistate alla Ciabota del Prà e ritorno al park di Villanova.
Bel percorso, bei posti, parecchi escursionisti incontrati sui sentieri, ahimè tutti francesi, ma perchè noi italici siamo più per il mare.
Alla fine 32 Km circa e D+ 2400 m, giro da proporre ad altri Orchi magari con mangiata finale al rifugio Willy Jervis.
mercoledì 10 luglio 2013
Trail Verbier St.Bernard Canton du Valais (Svizzera) 6 Luglio 2013
Foto Trail Verbier
Classifiche Trail Verbier
Sito Trail Verbier
Sito Gli Orchi Trailers Asd
Dal racconto dell'OgreExtreme
TRAIL VERBIER ST. BERNARD: LIDDES-VERBIER (29 KM; 2400 mt. D+)
Dopo la bellissima esperienza del 2012, anche quest’anno con Edoardo sono alla partenza della Liddes-Verbier. E sì in Svizzera perché per poter correre un trail vero con un minorenne (Edo ha quattordici anni) sono obbligato ad andare oltre confine, per il fatto che con la liberatoria di un genitore il figlio minorenne può partecipare al trail detto “decouverte” o “initiatique” .
La sola differenza della Liddes Verbier (29 km e 2400 metri di dislivello) rispetto alle altre gare del Trail Verbier st. Bernard è che non viene ufficialmente stilata una classifica, o meglio non ci sono premiazioni ufficiali, ma per tutto il resto è un trail vero soprattutto come difficoltà.
Così alle 13 di sabato accompagnati da una giornata magnifica (e da un gran caldo che condizionerà parte della gara) partiamo da Liddes insieme ad altri 300 trailers in direzione della cabanne de Mille dove dopo 6 km e 1100 mt di dislivello è posto il primo cancello e il primo ristoro.
La salita mai brutale è però continua e non lascia attimi di respiro. Edoardo trova subito un buon passo e sale a ritmi elevati; non posso concedermi distrazioni e l’impegno è quasi al massimo. Quando a un certo punto si volta e mi dice che oggi sta bene e vuol fare la gara capisco che ci sarà da divertirsi sino a Verbier.
Alla Cabanne passiamo in un’ora e quindici minuti e quasi senza fermarci iniziamo la discesa verso Lourtier (km 17mo) che raggiungiamo dopo 2h 25 di corsa.
Stiamo bene, la discesa lunga, tecnica, ma anche molto corribile è andata via meglio del previsto. Le gambe girano e la determinazione di Edoardo oggi mi sorprende oltre modo. Voler stare lì davanti con i primi e dare tutto è sinonimo anche di maturità sportiva oltre che di grande condizione fisica.
Arrivati al ristoro di Lourtier il tempo di riempire le borracce e ripartiamo per la seconda salita che ben conosciamo e che porta a La Chaux. Questa salita è un muro verticale di 1000 metri con la prima parte del sentiero che percorre un rado sotto bosco su un versante a sud. Con il sole di oggi questo tratto si trasformerà in un calvario per molti.
Saliamo regolari: dopo 20 minuti ci comunicano che siamo in 18ma posizione; questo non fa altro che galvanizzare Edo così che da lì a poco risale in 15ma.
Edo continua a spingere e anche se accusa il caldo non molla. Mio malgrado a metà salita non riesco a tenere il suo ritmo; sono obbligato a rallentare e il caldo per me è sempre più insopportabile.
Alcuni dei concorrenti di testa delle due gare lunghe (la Boucle di 110 km e la traversèe di 63 km.) ci raggiungono. Anche loro soffrono questa salita; magra consolazione, ma almeno siamo tutti nelle stesse condizioni.
Finalmente dopo un’ora e venti arriviamo alla fine della salita. Con un ultimo lungo traverso, che facciamo al passo cercando di recuperare energie, arriviamo a La Chaux. Ultimo ristoro e via per i 6 km. finali.
Il caldo ci ha tolto molte forze, ma anche se con qualche difficoltà finale arriviamo bene sulle gambe a Verbier dopo 5 ore e 40 minuti con Edoardo in 20ma posizione.
Per lui ovviamente grande soddisfazione e per me la consapevolezza e la riprova che anche gare corte, ma se tirate possono presentare il conto in qualsiasi momento.
Ancora una volta grazie Verbier e grazie Edoardo.
Classifiche Trail Verbier
Sito Trail Verbier
Sito Gli Orchi Trailers Asd
Dal racconto dell'OgreExtreme
TRAIL VERBIER ST. BERNARD: LIDDES-VERBIER (29 KM; 2400 mt. D+)
Dopo la bellissima esperienza del 2012, anche quest’anno con Edoardo sono alla partenza della Liddes-Verbier. E sì in Svizzera perché per poter correre un trail vero con un minorenne (Edo ha quattordici anni) sono obbligato ad andare oltre confine, per il fatto che con la liberatoria di un genitore il figlio minorenne può partecipare al trail detto “decouverte” o “initiatique” .
La sola differenza della Liddes Verbier (29 km e 2400 metri di dislivello) rispetto alle altre gare del Trail Verbier st. Bernard è che non viene ufficialmente stilata una classifica, o meglio non ci sono premiazioni ufficiali, ma per tutto il resto è un trail vero soprattutto come difficoltà.
Così alle 13 di sabato accompagnati da una giornata magnifica (e da un gran caldo che condizionerà parte della gara) partiamo da Liddes insieme ad altri 300 trailers in direzione della cabanne de Mille dove dopo 6 km e 1100 mt di dislivello è posto il primo cancello e il primo ristoro.
La salita mai brutale è però continua e non lascia attimi di respiro. Edoardo trova subito un buon passo e sale a ritmi elevati; non posso concedermi distrazioni e l’impegno è quasi al massimo. Quando a un certo punto si volta e mi dice che oggi sta bene e vuol fare la gara capisco che ci sarà da divertirsi sino a Verbier.
Alla Cabanne passiamo in un’ora e quindici minuti e quasi senza fermarci iniziamo la discesa verso Lourtier (km 17mo) che raggiungiamo dopo 2h 25 di corsa.
Stiamo bene, la discesa lunga, tecnica, ma anche molto corribile è andata via meglio del previsto. Le gambe girano e la determinazione di Edoardo oggi mi sorprende oltre modo. Voler stare lì davanti con i primi e dare tutto è sinonimo anche di maturità sportiva oltre che di grande condizione fisica.
Arrivati al ristoro di Lourtier il tempo di riempire le borracce e ripartiamo per la seconda salita che ben conosciamo e che porta a La Chaux. Questa salita è un muro verticale di 1000 metri con la prima parte del sentiero che percorre un rado sotto bosco su un versante a sud. Con il sole di oggi questo tratto si trasformerà in un calvario per molti.
Saliamo regolari: dopo 20 minuti ci comunicano che siamo in 18ma posizione; questo non fa altro che galvanizzare Edo così che da lì a poco risale in 15ma.
Edo continua a spingere e anche se accusa il caldo non molla. Mio malgrado a metà salita non riesco a tenere il suo ritmo; sono obbligato a rallentare e il caldo per me è sempre più insopportabile.
Alcuni dei concorrenti di testa delle due gare lunghe (la Boucle di 110 km e la traversèe di 63 km.) ci raggiungono. Anche loro soffrono questa salita; magra consolazione, ma almeno siamo tutti nelle stesse condizioni.
Finalmente dopo un’ora e venti arriviamo alla fine della salita. Con un ultimo lungo traverso, che facciamo al passo cercando di recuperare energie, arriviamo a La Chaux. Ultimo ristoro e via per i 6 km. finali.
Il caldo ci ha tolto molte forze, ma anche se con qualche difficoltà finale arriviamo bene sulle gambe a Verbier dopo 5 ore e 40 minuti con Edoardo in 20ma posizione.
Per lui ovviamente grande soddisfazione e per me la consapevolezza e la riprova che anche gare corte, ma se tirate possono presentare il conto in qualsiasi momento.
Ancora una volta grazie Verbier e grazie Edoardo.
domenica 7 luglio 2013
Trail autogestito del parco dell'Orsiera Rocciavrè (To) 6 Luglio 2013
Foto Trail Autogestito del parco dell'Orsiera
Dal racconto dell'OrcoPinoR
Già dal mese di maggio del 2013 abbiamo pensato di organizzare per Gli Orchi Trailers un Trail autogestito in quota, a km zero.
La scelta cade sulle montagne del parco naturale dell'Orsiera Rocciavre'.
La proposta iniziale è dell'OgreDoctor condivisa da tutti visto che molti già conoscevano la magnificenza dei luoghi.
Il percorso sarà un anello perfetto con partenza dalla località Travers a Munt sopra il comune di S.Giorio di Susa (To), ecco i punti di riferimento più salienti:
- Paradiso delle rane
- Rifugio Amprimo
- Pian del Roc
- Rifugio Toesca
- Sentiero nr.510 per il colle del Sabbione
- Sentiero nr.338 per il colle di Malanotte
- Colle di Malanotte
- sentiero nr.508 per il Pian delle Cavalle nel Vallone del Gravio
- sentiero nr.506 per il Rifugio Gravio
- Paradiso delle Rane dove e' previsto il pranzo finale
Il percorso si sviluppa in circa 20km e 1500D+ toccando il punto più alto al colle di Malanotte a quota 2582 slm. Questo il trail autogestito per gli Orchi piu' grandicelli, mentre per gli Orchetti, i figli degli Orchi e famiglie guidate da OrcoMagoo, seguiranno il percorso che dal Paradiso delle rane porta al Rifugio Gravio e ritorno.
21 i partecipanti tra Orchi, Orchetti e famigliari.
Partenza per Gli Orchi alle 6.00 mentre per gli Orchetti alle 8.00
A questo Trail partecipa anche il nostro decano OrcoLoris che si cimenterà in questo spendindo percorso.
La giornata metereologica si prospetta buona ed anche i colli, dopo le informazioni chieste al rifugio Toesca, si presentano valicabili con piccoli nevai ancora in fase di scioglimento dopo l'intensa attività nivologica della passata primavera.
La partenza dalla località di Travers a Munt a quota 1200 slm, a passo leggero e senza fretta.
Ecco subito il Paradiso delle rane con la sua struttura ricettiva in stile alpino, appartenente ad un privato ma in gestione all'ente Parco Orsiera Rocciavre.
Antistante il laghetto artificiale, alimentato da due piccoli immissari e scaricato su un torrente da un piccolo emissario.
Credo debba essere simpatico la sera ascoltare il gracidio delle rane, ma non so realmente se ne sia pieno.
Mi raccontava Daniele che anni addietro qualche mattacchione aveva immmesso dei Lucci che si erano pappati tutta la fauna ittica del laghetto, i Lucci avevano raggiunto la lunghezza di un metro...sono stati poi catturati e credo finiti in padella.
L'allegra comitiva procede verso il conosciutissimo e antico (costruzione del 1937) Rifugio Amprimo in località Rio Secco e il suo bel pianoro dove le domeniche d'estate si fa fatica a trovare un metro quadro
dove fare il picnic, ammesso che si riesca a respirare visto che tanti accendono fuochi per fumosissimi e personalissimi barbecue.
A tirare il ritmo, davanti a tutti l'inossidabile Orcoing e OrcoRoccia, alle retrovie OrcoCamola, il decano OrcoLoris e OrcoPaolo che oggi saranno da supporto al nostro decano.
Prima di arrivare al Rifugio Toesca ecco ancora evidente la valanga che ad inizio primavera ha sfiorato il rifugio, una grossa lingua di neve rimasuglio evidente della potenza degli elementi.
Una veloce fermata al rif.Toesca (costruzione del 1923) a quota 1700 slm al Pian del Roc cosi nominato per un grosso ed evidente masso residue dell'antico ghiacciaio, i gestori sono fuori dal rifugio, ci osservano prendendo la loro colazione; ci chiedano che giro facciamo e dopo averli informati rieccoci in cammino verso il colle del Sabbione.
A differenza di quanto trovato nel 2009, adesso il sentiero nr.510 per il colle del Sabbione e' ben segnato da tacche rosse, ed e' impossibile smarrirlo, davanti a noi i monti punta di Mezzodi e L'Orsiera.
Rare lingue di neve fumiganti dalla differenza di calore, vengono aggirate dagli Orchi, non lontano sul sentiero che sale al colle del villano uno sparuto gruppo di camosci su lingue di neve ci osserva guardinghi.
Il colle del Villano è ancora carico di neve e la punta del Villano ancora non accessibile ai semplici escursionisti.
L'OrcoLoris e suoi due angeli custodi OrcoCamola e OrcoPaolo ci seguono a vista ed al colle del Sabbione ci ritroviamo tutti insieme.
Il colle del Sabbione permette di accedere al vallone di Malanotte ed a uno spendido pianoro con vista sul monte Cristalliera.
Al colle le foto di rito si sprecano, una sosta per rifocillarci, fornire informazioni sul percorso a due strani escursionisti torinesi che con abbigliamento e calzature inadatte dichiarano di voler salire sulla Cristalliera seguendo il colle superiore di Malanotte ... che Dio li conservi, siamo preoccupati per loro, sopratutto quando ci accorgiamo che il loro ristoro trattavasi di Simmenthal innaffiata, a dir loro, da un vino bianco simile al Cortese tagliato con Favorita.
Lasciamo gli escursionisti al loro destino e noi Orchi si procede con il sentiero 338 verso il colle di Malanotte dove arriviamo dopo una veloce corsetta attraverso rare lingue di neve.
Il colle di Malanotte pare sgombro di neve al suo culmine, solo un piccolo nevaio attraversato tra le cadute e le risate generali.
Piu' in basso al colle, causa le zone d'ombra ecco il vero nevaio che i più coraggiosi affrontano spigliati mentre i più cauti lo aggirano senza problemi.
Il gruppo adesso si divide in due, attardati il gruppo con il decano e piu' veloci gli altri... abbiamo un appuntamento con i famigliari al Paradiso delle rane per le 13.00 e occorre muovere in fretta le gambe.
Al Pian della Cavalle sul sentiero 508 piccoli torrenti senza ponticello sono da attraversare a piedi nudi, un'acqua gelata che intorpidisce i piedi ma che si rileva tutto sommato assai divertente. Il gruppo con il decano non ci raggiunge seppur l'attraversamento dei due fiumiciattoli ci ha rallentato.
Inforcchiamo adesso il sentiero 506, mai banale in discesa, che ci conduce diritto diritto al rif.Gravio, prima di arrivarci eccoci venire incontro L'OrcoMagoo che dopo aver portato al Rifugio Gravio gli Orchetti ci viene incontro per proseguire con noi la discesa.
Dal Rifugio Gravio, posto in una splendida posizione tra un bellissimo bosco di pini e un torrente da sogno, il sentiero è tutto corribile e procede veloce al Paradiso delle rane.
Ma gli Orchetti e le loro mamme dove sono, qui al Pardiso delle rane neanche l'ombra...sembrano inghiottiti dalla fortesta di Fangorn.
Le ipotesi possono essere due o sono andati a curiosare al rif.Amprimo oppure hanno sbagliato un bivio, tra l'altro mal segnalato, e sono finiti in località Andret. Dopo alcune telefonate ci accertiamo che gli Orchetti si trovano ad Andret e li andiamo a recuperare con i mezzi a motore.
A questo punto, mancano al rendez-vous per il pranzo finale che suggellerà questo Trail autogestito:
- OrcoGabry con una lieve contusione e OrcoDavid
- Il gruppo con il Decano composto da OrcoLoris, OrcoCamola e OrcoPaolo
Ma quando disperavamo di chiudere in bellezza questa giornata, ecco che tutti gli Orchi mancanti si presentano al Paradiso delle rane.
Complimenti speciali a l'OrcoLoris e specialissimi ringrazziamenti ad OrcoCamola ed OrcoPaolo.
Terminiamo questo indimenticabile trail autogestito al Paradiso delle rane con la tavola apparecchiata per 21 persone davanti al laghetto antistante alla struttura ricettiva che fa da Bar trattoria con il seguente menu:
-Insalata russa
-Insalata di toma al timo
-Coste ripassate con fagioli e peperoncino
-Quiche di cipolle
-Lardo
-Pasta al forno pasticciata
-3 tipi di torte
-Strudel
-Vino
-Caffè
-Grappa
Dal racconto dell'OrcoIng
Dal racconto dell'OrcoPinoR
Già dal mese di maggio del 2013 abbiamo pensato di organizzare per Gli Orchi Trailers un Trail autogestito in quota, a km zero.
La scelta cade sulle montagne del parco naturale dell'Orsiera Rocciavre'.
La proposta iniziale è dell'OgreDoctor condivisa da tutti visto che molti già conoscevano la magnificenza dei luoghi.
Il percorso sarà un anello perfetto con partenza dalla località Travers a Munt sopra il comune di S.Giorio di Susa (To), ecco i punti di riferimento più salienti:
- Paradiso delle rane
- Rifugio Amprimo
- Pian del Roc
- Rifugio Toesca
- Sentiero nr.510 per il colle del Sabbione
- Sentiero nr.338 per il colle di Malanotte
- Colle di Malanotte
- sentiero nr.508 per il Pian delle Cavalle nel Vallone del Gravio
- sentiero nr.506 per il Rifugio Gravio
- Paradiso delle Rane dove e' previsto il pranzo finale
Il percorso si sviluppa in circa 20km e 1500D+ toccando il punto più alto al colle di Malanotte a quota 2582 slm. Questo il trail autogestito per gli Orchi piu' grandicelli, mentre per gli Orchetti, i figli degli Orchi e famiglie guidate da OrcoMagoo, seguiranno il percorso che dal Paradiso delle rane porta al Rifugio Gravio e ritorno.
21 i partecipanti tra Orchi, Orchetti e famigliari.
Partenza per Gli Orchi alle 6.00 mentre per gli Orchetti alle 8.00
A questo Trail partecipa anche il nostro decano OrcoLoris che si cimenterà in questo spendindo percorso.
La giornata metereologica si prospetta buona ed anche i colli, dopo le informazioni chieste al rifugio Toesca, si presentano valicabili con piccoli nevai ancora in fase di scioglimento dopo l'intensa attività nivologica della passata primavera.
La partenza dalla località di Travers a Munt a quota 1200 slm, a passo leggero e senza fretta.
Ecco subito il Paradiso delle rane con la sua struttura ricettiva in stile alpino, appartenente ad un privato ma in gestione all'ente Parco Orsiera Rocciavre.
Antistante il laghetto artificiale, alimentato da due piccoli immissari e scaricato su un torrente da un piccolo emissario.
Credo debba essere simpatico la sera ascoltare il gracidio delle rane, ma non so realmente se ne sia pieno.
Mi raccontava Daniele che anni addietro qualche mattacchione aveva immmesso dei Lucci che si erano pappati tutta la fauna ittica del laghetto, i Lucci avevano raggiunto la lunghezza di un metro...sono stati poi catturati e credo finiti in padella.
L'allegra comitiva procede verso il conosciutissimo e antico (costruzione del 1937) Rifugio Amprimo in località Rio Secco e il suo bel pianoro dove le domeniche d'estate si fa fatica a trovare un metro quadro
dove fare il picnic, ammesso che si riesca a respirare visto che tanti accendono fuochi per fumosissimi e personalissimi barbecue.
A tirare il ritmo, davanti a tutti l'inossidabile Orcoing e OrcoRoccia, alle retrovie OrcoCamola, il decano OrcoLoris e OrcoPaolo che oggi saranno da supporto al nostro decano.
Prima di arrivare al Rifugio Toesca ecco ancora evidente la valanga che ad inizio primavera ha sfiorato il rifugio, una grossa lingua di neve rimasuglio evidente della potenza degli elementi.
Una veloce fermata al rif.Toesca (costruzione del 1923) a quota 1700 slm al Pian del Roc cosi nominato per un grosso ed evidente masso residue dell'antico ghiacciaio, i gestori sono fuori dal rifugio, ci osservano prendendo la loro colazione; ci chiedano che giro facciamo e dopo averli informati rieccoci in cammino verso il colle del Sabbione.
A differenza di quanto trovato nel 2009, adesso il sentiero nr.510 per il colle del Sabbione e' ben segnato da tacche rosse, ed e' impossibile smarrirlo, davanti a noi i monti punta di Mezzodi e L'Orsiera.
Rare lingue di neve fumiganti dalla differenza di calore, vengono aggirate dagli Orchi, non lontano sul sentiero che sale al colle del villano uno sparuto gruppo di camosci su lingue di neve ci osserva guardinghi.
Il colle del Villano è ancora carico di neve e la punta del Villano ancora non accessibile ai semplici escursionisti.
L'OrcoLoris e suoi due angeli custodi OrcoCamola e OrcoPaolo ci seguono a vista ed al colle del Sabbione ci ritroviamo tutti insieme.
Il colle del Sabbione permette di accedere al vallone di Malanotte ed a uno spendido pianoro con vista sul monte Cristalliera.
Al colle le foto di rito si sprecano, una sosta per rifocillarci, fornire informazioni sul percorso a due strani escursionisti torinesi che con abbigliamento e calzature inadatte dichiarano di voler salire sulla Cristalliera seguendo il colle superiore di Malanotte ... che Dio li conservi, siamo preoccupati per loro, sopratutto quando ci accorgiamo che il loro ristoro trattavasi di Simmenthal innaffiata, a dir loro, da un vino bianco simile al Cortese tagliato con Favorita.
Lasciamo gli escursionisti al loro destino e noi Orchi si procede con il sentiero 338 verso il colle di Malanotte dove arriviamo dopo una veloce corsetta attraverso rare lingue di neve.
Il colle di Malanotte pare sgombro di neve al suo culmine, solo un piccolo nevaio attraversato tra le cadute e le risate generali.
Piu' in basso al colle, causa le zone d'ombra ecco il vero nevaio che i più coraggiosi affrontano spigliati mentre i più cauti lo aggirano senza problemi.
Il gruppo adesso si divide in due, attardati il gruppo con il decano e piu' veloci gli altri... abbiamo un appuntamento con i famigliari al Paradiso delle rane per le 13.00 e occorre muovere in fretta le gambe.
Al Pian della Cavalle sul sentiero 508 piccoli torrenti senza ponticello sono da attraversare a piedi nudi, un'acqua gelata che intorpidisce i piedi ma che si rileva tutto sommato assai divertente. Il gruppo con il decano non ci raggiunge seppur l'attraversamento dei due fiumiciattoli ci ha rallentato.
Inforcchiamo adesso il sentiero 506, mai banale in discesa, che ci conduce diritto diritto al rif.Gravio, prima di arrivarci eccoci venire incontro L'OrcoMagoo che dopo aver portato al Rifugio Gravio gli Orchetti ci viene incontro per proseguire con noi la discesa.
Dal Rifugio Gravio, posto in una splendida posizione tra un bellissimo bosco di pini e un torrente da sogno, il sentiero è tutto corribile e procede veloce al Paradiso delle rane.
Ma gli Orchetti e le loro mamme dove sono, qui al Pardiso delle rane neanche l'ombra...sembrano inghiottiti dalla fortesta di Fangorn.
Le ipotesi possono essere due o sono andati a curiosare al rif.Amprimo oppure hanno sbagliato un bivio, tra l'altro mal segnalato, e sono finiti in località Andret. Dopo alcune telefonate ci accertiamo che gli Orchetti si trovano ad Andret e li andiamo a recuperare con i mezzi a motore.
A questo punto, mancano al rendez-vous per il pranzo finale che suggellerà questo Trail autogestito:
- OrcoGabry con una lieve contusione e OrcoDavid
- Il gruppo con il Decano composto da OrcoLoris, OrcoCamola e OrcoPaolo
Ma quando disperavamo di chiudere in bellezza questa giornata, ecco che tutti gli Orchi mancanti si presentano al Paradiso delle rane.
Complimenti speciali a l'OrcoLoris e specialissimi ringrazziamenti ad OrcoCamola ed OrcoPaolo.
Terminiamo questo indimenticabile trail autogestito al Paradiso delle rane con la tavola apparecchiata per 21 persone davanti al laghetto antistante alla struttura ricettiva che fa da Bar trattoria con il seguente menu:
-Insalata russa
-Insalata di toma al timo
-Coste ripassate con fagioli e peperoncino
-Quiche di cipolle
-Lardo
-Pasta al forno pasticciata
-3 tipi di torte
-Strudel
-Vino
-Caffè
-Grappa
Dal racconto dell'OrcoIng
ISCH BIN
EIN BEARLEENEER
Ricorre proprio in questi giorni il 50° anniversario della visita di J.F.
Kennedy in Berlino.
Questa martoriata
città uscita distrutta da una terribile guerra, pur nella sua qualità di città franca, era
stata inglobata dalla Unione Sovietica nel novero dei suoi
possedimenti della Germania dell’Est.
Risale infatti al 1961 la costruzione del muro che recintava
materialmente tutta la
parte Ovest di Berlino , tanto da realizzare una vera enclave
chiusa su tutti i lati in territorio
Comunista.
Inizia allora il
famoso ponte aereo organizzato dagli Alleati per rifornire nel lungo inverno
Berlino Ovest, e proprio il 26 Giugno 1963 il Presidente Americano Kennedy si reca in visita nella Città per ringraziare
i suoi abitanti della gloriosa resistenza
opposta all’isolamento.
La stampa attuale cita il ricordo di quegli avvenimenti e
soprattutto mediante un’intervista dell’addetto dell’ambasciata Americana in
Germania, viene rievocata il discorso che
Kennedy fece ai Berlinesi e la genesi della sua arringa.
Inizialmente si racconta
che doveva iniziare con una frase di Martin Lutero :
“ Sono qui, sto qui e non potrebbe essere altrimenti” ma
visto che Kennedy rappresentava il primo vero Presidente
Cattolico, Egli ripiega
saggiamente su un concetto molto meno protestante ma sicuramente più
incisivo:
“Sono un Berlinese!”
La frase, in quel contesto da guerra fredda, trasmise a
quella città travagliata un enorme
impulso ed un riscatto dell’orgoglio di essere berlinese al centro degli aiuti
da parte di tutta la Comunità occidentale.
Essa ebbe un enorme effetto mediatico e viene ricordata
ancora oggi come un modello di appartenenza.
Lo stesso modello di appartenenza dimostrato in questa bella
giornata di sport da tutti i nostri soci
e simpatizzanti nel Trail Autogestito
del tour dell’Orsiera.
Lascio il racconto della gita all’OrcoPinoR che tanto si
è speso per l’organizzazione del trail, mi piace solo ricordare in questo
frangente lo spirito di amicizia dimostrato da tutti i partecipanti.
Una vera festa di sport, di gruppo e soprattutto di fatica
in un trail di una ventina di Km e con un notevole dislivello attraversi il
massiccio dell’Orsiera fino agli alti colli del Sabbione e del Malanotte.
In questo frangente, presente anche lo stesso Miletto del
Parco Orsiera Rocciavrè, mi è ritornato in mente il 1° trail dell’Orsiera
organizzato nel parco circa 13-14 anni orsono attraverso i 5 colli, forse uno
dei primi grandi trail su una distanza di circa 25 km e su un percorso
decisamente accidentato.
Oggi invece lo scopo è di trascorrere una giornata in
amicizia tra di noi, grandi e piccini,
velocisti e lumaconi, scalatori o discesisti.
Il colle del Sabbione ci ha visto riuniti affrontare la bellissima
traversata in quota al vicino colle della Malanotte, ma ha visto soprattutto
la felicità di Loris, di Gabriella, di
Paolo, del nostro Doc, della abnegazione di Andrea e quella di Enrico alle
prese con una parallela banda di Orchetti.
Beh, direi che anche noi potremmo fare nostra la celebre
frase di J.F.K con una più spontanea e
gradita :” anch’Io Sono un Orco” !
Ed il compendio di tutto ciò è stato infatti ritrovarsi , a tavola in riva al Paradiso
delle Rane dopo non poche peripezie e
soprattutto dopo essere stati sparsi per
tutta la valle del Gravio, con una
incredibile squadra di Bambini ognuno rigorosamente con la sua maglia da
Orchetto, a raccontarci delle nostre disavventure ed incredibilmente tutti
insieme.
Spirito di gruppo, di appartenenza ma soprattutto di
amicizia e di stima reciproca che ci ha fatto percorrere questi sentieri
appannaggio fino a qualche anno orsono di pochi
escursionisti.
Direi che tutto sommato abbiamo lasciato un tangibile segno della
finalità degli Orchi trailers ASD
Intesa come “Pratica dello sport in ambiente naturale con
particolare attenzione al podismo in tutte le sue forme ed espressioni”
Grazie a tutti per la bella giornata.
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