Foto Sci Alpinismo Cima del Carro
Dal racconto dell'OgreDoctor
Nell’ultima settima ho avuto modo di vedere il film FreeSolo di Alex Honnold. Per chi non conoscesse l’argomento, si tratta di un documentario vincitore di un Oscar, girato dal Natural Geografic, sull’impresa sensazionale di Honnold.
Il Free Solo è l'arrampicata solitaria senza assicurazione, una forma di arrampicata dove l'arrampicatore rinuncia a corde, imbragatura e qualsiasi altra protezione durante la scalata: ciò significa che un errore è spesso fatale. Il free solo non va confuso con l'arrampicata free climbing, dove le protezioni vengono usate, ma solo a fini di sicurezza e non per agevolare l'ascesa, e nemmeno con il bouldering dove i rischi sono assai limitati.
Detto ciò il 4 giugno 2017 Alex Honnold è il primo al mondo a salire su El Capitan la via Freerider (7c) nella Yosemite Valley e percorrere i 900 metri in 3h:56.
Non era la prima volta e di Honnold si parla ormai da anni: nel 2008 realizzò la sua ascesa probabilmente più famosa, scalando slegato la parete nord-ovest dello Half Dome, sempre nel Parco nazionale di Yosemite.
Tommy Caldweel, un altro noto arrampicatore, amico di Honnold ha paragonato l’impresa a El Capitan allo sbarco dell’uomo sulla luna, ovviamente considerando il balzo in avanti dei limiti umani nel campo dell’arrampicata.
Del tutto di recente, un’altra impresa ha catalizzato l’attenzione del pubblico. Il 24 febbraio si sono persi i contatti con due altri famosissimi e fortissimi scalatori, Daniele Nardi e Tom Ballard. I loro corpi saranno poi avvistati qualche giorno più tardi. Sono morti in Pakistan dove stavano cercando di scalare il Nanga Parbat passando dallo sperone del Mummery lungo la parete Diamir, una via difficilissima mai salita in invernale, su quella che ormai viene chiamata la montagna assassina. Un’impresa al limite del possibile.
Nardi al pari di Honnold non è sicuramente uno sprovveduto e prima di tentare il Nanga aveva salito alcuni degli 8000 più difficili della terra.
Il circo mediatico e molti autorevoli alpinisti hanno aspramente criticato il tentativo di Daniele Nardi, definendolo senza mezzi termini un suicidio o una stupidità.
In un’intervista alle Iene lui stesso aveva detto che gli sarebbe piaciuto essere ricordato come un ragazzo che aveva tentato qualcosa di impossibile.
Honnold e Nardi sono due facce della stessa medaglia: abbiamo salutato il primo come un eroe e il secondo con un folle. L’unica differenza fra le due imprese, in definitiva, è che la prima è riuscita e ha fatto fare un balzo stratosferico all’arrampicata e ai limiti fino a quel momento conosciuti dando gloria imperitura al protagonista, la seconda no. Questo non significa che prima o poi qualcuno non ci riprovi e anche lo Sperone Mummery finisca per cedere. In quel momento saremo tutti pronti a osannare lo scalatore come un eroe.
Forse non è giusto criticare o cercare di catalogare imprese che non possono essere catalogate per definizione e nemmeno imporre dei limiti a persone capaci di sfidare e infrangere quelli che fino a quel momento sono considerati i limiti umani, in particolare in campo alpinistico, una delle massime espressioni di libertà dell’uomo.
Gli Honnold, i Caldwell, gli Edlinger, solo per citarne alcuni, sono figure di riferimento anche per noi onesti faticatori della domenica.
Nel nostro piccolo, anche noi, sfidiamo i limiti e cerchiamo di elevarci ad un livello più alto competendo con noi stessi e lottando con la nostra pigrizia mentale e fisica che ci consiglierebbe di stare sul divano e praticare sport guardando la Domenica Sportiva.
Ognuno di noi cercare di dare il meglio, sottraendo tempo e spazio al resto della quotidianità, pur non avendo tre anni da dedicare alla preparazione di una scalata in Yosemite. È già molto se si riesce in settimana a riservarsi uno spazio per correre, andare in bici o allenarsi in montagna.
La preparazione di una gita è la fase più importante.
Si cerca un percorso che ci soddisfi sia dal punto di vista ambientale che per la difficoltà tecnica per avere, come si suol dire, un po’ di ingaggio. Poi si valuta la reale fattibilità incrociando distanze, quota, attrezzatura necessaria, tempo a disposizione, preparazione fisico/tecnica e condizioni meteo.
Infine si cerca di valutare le capacità reali dei partecipanti, regolandosi, per essere sicuri di riuscire nell’intento, sul membro del gruppo meno preparato o più lento.
Poi si passa all’azione.
Per la sesta gita sci alpinistica, scegliamo qualcosa di più impegnativo: la Cima del Carro da Chiapili di Sopra, che Guliver da come BSA. Si parte presto per cercare di avere una neve non troppo sfatta nelle ore più calde.
I 1600 metri di dislivello per arrivare ai 3200 e rotti della cima, ci fanno e a ragione pensare che la salita sarà lunga (impiegheremo 5 ore esatte).
Con gli occhi spalancati e i sensi ben aperti saliamo nel vallone del Carro. Gli sci si calzano subito dopo il ponte e l’esile strato di neve rimasto ci consente di fare pochissimo portage. Il vento ha lavorato parecchio la neve nella settimana precedente, ma oggi non dà fastidio, manifestandosi solo con qualche folata.
Un primo salto su neve dura ci porta su un piano sotto la costiera dell’Uja di Niel, da qui con un lungo spostamento in falso piano arriviamo ad un altro bel salto ripido. Da questo punto contiamo circa 30 inversioni, prima di arrivare ai piani sommitali. Con una virata a sinistra siamo subito sotto la vetta. Calzati i ramponi, forse nemmeno necessari, per “facili roccette” in cima.
La vista spazia dalla vicina Grande Auguille Rousse, alle Levanne e più lontano fino al Bianco e agli Ecrins.
La discesa, fatta eccezione di un piccolo tratto più in basso, dove la neve crostosa mi fa fare una capovolta, per fortuna senza conseguenze, è fantastica. Con le gambe distrutte, siamo infine nuovamente al ponte.
Di corsa a casa, senza merenda questa volta. Siamo attesi alla festa di mio nipote e di mio cognato Fabio, che oggi ha festeggiato il suo 45esimo compleanno con un bellissimo regalo; siamo in ritardo sulla tabella di marcia di quasi un’ora.
Alla fine, l’idea di venire comunque a provare la salita a dispetto delle previsioni meteo incerte e del bollettino neve che dava un rischio 3 (marcato) è risultata vincente. Non abbiamo visto distacchi significativi, né sentito assestamenti del manto nevoso che si presentava compatto e uniforme, quantomeno dai 2000 metri in su.
W Gli Orchi e W la Montagna