Foto Cima la Rocco di OrcoDavid
Dal racconto dell'OrcoPinoR
La proposta fatta dall'OrcoDavid è di quelle che non si possono rifiutare.
Ad una gita escursionistica nel Parco Nazionale del Gran Paradiso (PNGP) non si dice mai, mai di no.
Il motivo della gita è verificare un potenziale percorso nel Vallone del Servino, una Valle laterale alla Valle Soana, per poterlo proporre al gruppo Cai di Orbassano dove l'OrcoDavide è iscritto e dove attivamente fa parte del gruppo Escursionisti.
L'obiettivo è la Cima la Rocco a 2270 slm al fondo dell'anfiteatro del Vallone di Servino e precisamente ai confini del PNGP.
Non sappiamo quanta neve ci sia ancora in quota e traendo spunto, per la gita, da una guida datata non sappiamo in quali condizioni sono i sentieri ...andremo a sensazioni.
Oggi 13 Giugno 2013, ultimo giorno di scuola, e le facce dei ragazzi che incontriamo per strada segnano un sorriso che và da un orecchio all'altro.
Meteo splendido, ci attende 1 oretta abbondante di macchina prima di arrivare in una Ronco Canavese (To) deserta per poi procedere sulla sinistra orografica in direzione borgata Cernisio dove lasciamo il mezzo.
Eccolo il vallone del Servino che assomiglia al toponimo della valle Angrogna Monte Servin, credo che l'etimologia riporti alla parola francese chevre (capra).
Il sentiero che parte dalla piazzola dove abbiamo lasciato il mezzo e che ci porta alla borgata Servino è ben curato e ci fà ben sperare nel proseguimento di una buona gita su bei sentieri.
Alla Borgata troviamo un residente friulano intento a tagliare l'erba alta che si vuole impadronire del sentiero, noi proseguiamo per il vallone e all'ultimo borgo, la frazione Fontana, il sentiero è franato a lato del torrente e si perde.
Procediamo in direzione Nord-Nord-Est su tracce di sentiero mentre i pendii si fanno scoscesi e piccoli nevai prodotti da slavine riempiono ancora i canali di scolo del vallone.
Attraversiamo un nevaio con estrema prudenza consci del pericolo, procediamo adesso a vista per la Cima la Rocco sempre su pendii erbosi e scivolosi in forte pendenza circa 60%.
Ci domandiamo, viste le baite abbandonate, come si potesse vivere in questi luoghi, estremamente arditi anche per gli animali, ma credo che la pastorizia fosse prevalentemente ovicaprina da qui il nome del Vallone del Servino (vallone delle capre).
Essendo luoghi poco batutti incontriamo 2 belle vipere intente a crogiolarsi al primo vero sole della stagione.
Arrivati al colletto che porta alla Cima la Rocco ormai a 50 metri eccola un'altra bella e grossa vipera che fa sfoggio di sè incurante di un'enorme aquila che volteggia sulle cime.
Segue un altro appuntamento con una vipera, questa a dire il vero, enorme e tranquilla si infila in un buco nel terreno alla ricerca di poveri topi vittime e pasto per il bestione.
Perdiamo il sentiero 2 volte e siamo costretti a risalire alcune parti del percorso per imbucarci finalmente nella retta via.
Pranzo con il panozzo alla mortazza e birrazza alla frazione Servino con un sole a cui non siamo abituati e che ci ustiona per benino.
Tirate le somme, il sentiero non è adatto a tutti, manca anche la traccia sulle mappe ICG. La gita invero è stata divertente e ci ha fatto scoprire un altro angolo dello splendido Piemonte.
Abbiamo dovuto prestare più che attenzione alle vipere (incontratene ben 4) e sarebbe meglio avere nello zaino un laccio emostatico ed una siringa per tirare il liquido se eventualmente si venisse morsi.
Le considerazioni tratte ci inducono a dire che i sentieri del Vallone del Servino potrebbero essere recuperati per renderlo accessibile a tutti, ma in questo periodo di crisi sociale mancano sia la pecunia ma sopratutto, cosa più preoccupante, i progetti.
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