Dal racconto dell'OrcoCamola
Venerdì 18/10 io e L'Orco Umberto decidiamo di prenderci una giornata di ferie per andare ad arrampicare. Alcuni progetti estivi sono rimasti irrealizzati quindi per compensare l'insoddisfazione decidiamo di regalarci una giornata intera sulle roccia.
Oggi non ci siamo per nessuno: io prendo ferie e Umberto si fa sostituire dalla moglie in negozio (grazie Stefania).
Partiamo alle 9 alla volta della mitica Rocca Sbarua sopra Pinerolo, una delle falesie più importanti del Piemonte sia per la bellezza del luogo sia per la qualità e quantità di vie di arrampicata.
Sulle rocce della sbarua si sono avvicendati per 80 anni arrampicatori come Gervasutti, Rossa, Bianciotto, Motti, Grassi, Armando e molti altri. La Sbarua non è solo una palestra di roccia ma un 'Luogo' dove la storia sociale di molte generazioni si è espressa attraverso l'interpretazione dell'arrampicata.
Si possono distinguere quattro periodi ben distinti:
· Periodo Classico (1927-1980). Il momento dell'eterno valore della lotta con l'alpe in cui il rischio e la sofferenza sono gli ingredienti principali dell'impresa alpinistica.
· Periodo della Contestazione (1970-1980). Si contrappone al Periodo Classico e ripudia valori quali l'idealizzazione della 'vetta' come la massima aspirazione dell'arrampicatore. Nasce una tormentata ricerca interiore e la parola d'ordine è 'arrampicare per il piacere di arrampicare'. L'evoluzione dell'arrampicata è accompagnata dall'evoluzione del materiale tecnico; si passa dagli scarponi alle scarpette di gomma e compaiono i primi Nuts importati dall’America . Inesorabile l'apertura verso l'alto della scala delle difficoltà.
· Periodo Moderno (1980 – 1990). Si rinuncia all'eroismo e alla ricerca interiore per dedicarsi ad una scalata prima immaginata e poi vissuta. Il percorso ideale è fatto di movimenti tecnici, armoniosi ed estetici. Si chiodano le prime vie dall'alto.
· Periodo post-moderno (1990 – 2000). La forza fisica subentra all'estetismo. Si tracciano percorsi sempre più difficili dove l'allenamento continuo è uno dei requisiti necessari per superare gradi sempre più estremi.
Il periodo della contestazione ha avuto tra i suoi principali scenari la Valle dell'Orco (…) la citazione mi sembra dovuta.
La giornata autunnale è tiepida e nelle nostre mire abbiamo la via Rivero allo sperone omonimo.
La via di 140m (IV / V+) è considerata la più classica della Sbarua e, come cita la relazione, “offre un'arrampicata estetica su un percorso logico e ricercato allo stesso tempo”. E' stata aperta negli anni 40' dal fortissimo Michele Rivero con Piero Ghiglione e Guido de Rege, tutti tra i massimi esponenti dell' alpinismo Piemontese dell' epoca, allievi di Boccalatte e Gervasutti.
Partiamo e dopo qualche metro mi rendo conto che la via è proprio ‘classica’ : chiodatura lunga e arrampicata di forza. La roccia è fantastica ma non ci si può concedere errori; una caduta sarebbe decisamente sconveniente.
Faccio due lunghezza da primo e poi passa in testa Umberto. So che è molto stanco dal super lavoro e vederlo andare da primo mi agita ulteriormente. Lo raggiungo alla sosta.
"Senti Andrea, se fai così agiti anche me "
"... Scusa Umberto. Non conosco la via è se hai bisogno di indicazioni non sono in grado di dartele”
"Guarda oggi sono stanco e sto arrampicando un po' al limite. Vai tu così siamo più tranquillo"
Il quarto tiro è semplice ma completamente schiodato.
La quinta lunghezza comincia con un traverso di 7 m verso destra (un chiodo). Ci metto un po' a capire dove e come passare, poi proseguo sulla verticale. Passo altri 2 chiodi e mi ritrovo all'inizio di una placca sporca di muschio. Dopo non scorgo altri ancoraggi.
Caspita ho sbagliato.. merda. Ma chi caspita si diverte a mettere chiodi a caso!
Spostato a sinistra di una decina di metri riconosco il percorso della mia via.
"Andrea tutto bene?" Umberto è preoccupato perchè ci sto mettendo troppo tempo. Non sto a raccontare la manovra che ho dovuto fare per sbrogliarmi da quella situazione ma posso garantire che non mi sono proprio divertito.
Raggiungo la sosta e chiamo Umberto che, come me, tira un respiro di sollievo.
L'ultimo tiro è semplice e sbuca in vetta. Qualche foto e ci rilassiamo scendendo lungo il sentiero che ci riporta alla base della parete. Mentre pranziamo riflettiamo sulla bravura degli arrampicatore che 70 anni fa hanno affrontato salite del genere con scarponi e chiodi auto prodotti.
Nel bellissimo rifugio Melano Casa Canada ci concediamo una birra bella fresca.
Brindiamo ai fortissimi arrampicatori 'classici', a noi poveri tapini, e anche a gli altri soci Orchi ai quali abbiamo pensato perchè il luogo è bello anche per correre.
Ciao.
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