Dal racconto dell'OgreExtreme
Gran Paradiso 4061 mt. Dislivello positivo di 2100 metri e sviluppo totale del percorso di 10 km. Solo questi numeri sono sufficienti per far sognare chi ama salire in montagna affrontando e mettendosi alla prova su percorsi impegnativi ma al tempo stesso gratificanti.
Attratto da sempre da questa montagna, salita svariate volte, l’idea di ritornarci è sempre lì, pronta dietro l’angolo, così è bastato un attimo venerdì pomeriggio, quasi per caso leggendo una relazione sul sito web di scialpinismo Gulliver, che l’idea si materializzasse di nuovo. Un “Granpa” dalla normale per il ghiacciaio di Laveciau con gli sci in giornata da Pont. Ne viene fuori un bel doppio chilometro verticale, niente di meglio per testare lo stato di forma in vista delle salite estive, che quest’anno come obbiettivo prenderanno il posto di quasi tutte le gare di trail da adesso sino ad ottobre.
Detto fatto. Domenica mattina, anzi notte, sveglia alle due trenta, rapida colazione e via in macchina direzione Pont Valsavaranche. Arrivo che è ancora notte; il tempo di rilassarsi e dormicchiare qualche decina di minuti in modo da iniziare la salita con le prime luci dell’alba.
Alle sei e trenta parto dal parcheggio, il lungo tratto pianeggiante che conduce all’inizio del sentiero per il rifugio Vittorio Emanuele è ancora innevato e una perfetta battitura per le piste da fondo mi consente, correndo, di arrivare velocemente dove inizia la salita vera e propria.
Calzo gli sci e via. Il ritmo è subito discreto. Il sentiero ricoperto di neve ghiacciata molto dura richiede attenzione. Nel tratto più esposto sopra il canalone non indugio: tolti gli sci calzo i ramponi e proseguo così sino al vallone che precede il rifugio. Qui nuovo cambio di assetto. Messi gli sci proseguo ora su traccia molto veloce verso la morena e il ghiacciaio. Il rigelo è ottimale e in breve mi ritrovo a raggiungere i numerosi gruppi partiti direttamente dal rifugio.
La traccia sale ora con ripide inversioni sino a raggiungere la “schiena d’asino” punto di giunzione tra la salita normale e quella che proviene dal rifugio Chabod e che percorre gli ampi ghiacciai posti sotto la parete nord del Gran Paradiso. Siamo a 3800 metri di fronte solo più la Becca di Moncorvè e a lato la ripida rampa glaciale che immette sul pendio sommitale. La presenza di ghiaccio vivo richiede un minimo di attenzione nel superamento di alcuni tratti, ma con i ramponi la sicurezza è totale e ci si può permettere anche una discreta andatura considerando l’altezza.
Alzo lo sguardo e la vetta sembra ormai lì, ma 1900 metri di dislivello e la quota ora nelle gambe si sentono tutti. Stringo i denti, duecento metri e arrivo alla terminale, ben chiusa, l’ultima ripida rampa e sono alle roccette che sostengono il castello granitico su cui è posta la statua della Madonnina che indentifica la vetta alpinistica (in realtà la vera vetta dista alcune decine di metri ed è raggiungibile con una delicata traversata molto affilata su cresta nevosa).
Un traffico cittadino, con corde che si intrecciano e zaini e picche che si incastrano danno più l’idea di essere in un negozio di materiale alpinistico che in vetta ad un 4000.
Poco male, mi metto in disparte su un gradinetto roccioso e mi rilasso qualche minuto, il tempo di scattare due fotografie, e mi preparo per la discesa in modo da precedere quasi del tutto gli skialper che sono sul percorso e potermi godere in solitudine gli ampi spazi di “farinella” ancora intonsa che ricoprono i pendii superiori del ghiacciaio..
Così mi lancio in discesa: cento, cinquecento, mille metri di discesa entusiasmante sino allo sbocco della morena sopra il rifugio.
Il dopo è un arrangiarsi tra neve indurita, crostosa e sfondosa a secondo del versante di esposizione; arrivo nel tratto finale del sentiero proprio nel momento che l’elisoccorso sta operando per recuperare un “ciaspolatore” scivolato nel canalone a lato del sentiero. Con attenzione percorro gli ultimi tornanti sino alla pista di fondo che in breve mi riporta alla fine della breve ma intensa avventura odierna.
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