martedì 16 agosto 2016

Training Trail Isola del Giglio(Gr) Agosto 2016


Dal racconto dell'OgreDoctor

Isola del Giglio
Una vacanza all'insegna del mare e del trail.


L'isola del Giglio, la seconda per estensione, dopo l'Elba, è stata una piacevolissima sorpresa.
Forse non la vacanza ideale per uno abituato, alle lande desolate della mia magica terra, la Sardegna, ma comunque assai gradevole. Un giusto connubio fra mare, da trascorrere con la famiglia, e natura da gustare alla maniera degli Orchi: correndo, alla ricerca del silenzio e della pace.
Prima di recarmi sull'isola, avevo sentito parlare da alcuni amici entusiasti di un nuovo trail che si disputa nel mese di maggio. Recuperato sul sito, il contatto della Pro Loco, ho scritto agli organizzatori per cercare di ottenere i due tracciati, ma invano. 
Non mi perdo d'animo e sbarcato a Giglio Porto, prendo la più classica delle cartine dall'Ufficio del Turismo e scopro che esiste una fitta rete di sentieri che percorre in lungo e largo tutta l'isola, sentieri che si riveleranno ottimamente segnati e più che discretamente mantenuti.

Posso continuare, anzi, aimè, devo continuare ad allenarmi. 
Quest'anno la stagione non è stata degna di nota, due ritiri per infortunio (Barcellona e LUT), una gara, quelle delle Orobie, nemmeno iniziata, sacrificata per salire sul Dente del Gigante (in realtà non è stato un sacrificio, ma una scelta ponderata).
Dopo quasi cinque anni di gare e di allenamenti, mi accorgo di non avere più le stesse motivazioni, la stessa determinazione di sempre.
Non mi è passata la voglia di correre, ma è cambiata la prospettiva: la corsa non è più il fine, ma è diventata il mezzo: per mantenersi in forma, per rilassarsi, per estraniarsi dal quotidiano, per vivere la montagna, come mi è sempre piaciuto fare, salendo in cima alle vette e non solo passandoci sotto per i colli. Le gare, negli anni si sono moltiplicate e allungate e in molti casi la lunghezza è diventata fine a sé stessa, non andando di pari passo con la bellezza del percorso o con la sua difficoltà tecnica. Le competizioni obbediscono sempre più alla legge del business, domanda e offerta: il popolo del trail ha fame di km e gli organizzatori glieli forniscono, Poco importa se poi si percorrono innumerevoli tratti privi di qualsivoglia attrattiva. Molte gare non hanno né storia, né fascino, sono funzionali all'esigenza di portare turismo in zone e in stagioni dell’anno morte e null'altro. Le gare che meritano davvero non sono moltissime.

Quest'anno mi rimane da disputare il Tor de Geants. 

Non so se ho fatto bene ad iscrivermi. Più che una gara è un gioco al massacro. Sento di non avere nulla da dimostrare a me stesso e quei 330 km e 24000 metri di dislivello positivo, non hanno nessun significato, almeno per me. L'unica bellezza che riesco a scorgere in questa gara è l'anello perfetto, il senso compiuto, che percorrere l'intero periplo della Valle d'Aosta, può rappresentare. 
Ho la stessa sensazione quando penso al Valle Susa Extreme Trail, un'idea di gara a cui tengo molto; è l'estetica del percorso, la sua intrinseca perfezione e non i freddi numeri a rendere appetibile percorrerla.
Non è a mio avviso da considerarsi la gara della vita, come a molti ho sentito dire, ma rimane uno stimolo potente, un warning negli strati più reconditi della coscienza: devo allenarmi, se voglio avere qualche speranza di arrivare integro alla fine.

È così anche il Giglio, anziché rappresentare una pausa di puro svacco, diventa un'occasione per macinare chilometri e dislivello.

Il menù è presto fatto: sveglia al mattino presto, quando la splendida villa, dove alloggiamo, è ancora immersa nel silenzio e via, alle prime luci dell'alba, alla scoperta dell'isola. Rientro in tempo per la colazione rilassato e a disposizione della famiglia. La corsa è forse una delle poche attività sportive che non necessità di particolare attrezzatura: pantaloncini, scarpe da ginnastica, una canotta e si è pronti a partire. 
Non potendo contare sul l'aiuto dei soliti mezzi tecnologici (Fraternali e BaseCamp), armato di cartina turistica e pennarello, unisco, come in un gioco della settimana enigmistica, i vari tratti di sentiero per formare anelli differenti in modo da coprire tutta l'isola, cartina che porterò con me per avere un'idea di massima di dove mi trovo e cercare di rispettare il tracciato progettato a tavolino la sera prima.
Non ho né da bere, né da mangiare. Il limite delle due ore di allenamento che mi sono imposto per non sottrarre tempo alla famiglia, non richiede particolare cautela. Dalla penuria di fontane sull'isola, mi rendo conto che da queste parti l'acqua deve essere un bene assai prezioso. Correndo intravedo qualche torrentello che in stagioni più favorevoli, probabilmente è alimentato dalle acque piovane.

Dopo la fuga mattutina sono attrezzato mentalmente per sopportare la vita da spiaggia e i soliti chiassosi "tamarri/e" tatuati, che la popolano. 
Il popolo dei vacanzieri si sveglia più tardi e affolla le spiagge dell'isola (Arenella, Campese, Cala delle Cannelle e Cala delle Caldane). Le spiagge in verità sono assai piccole, anche se di rara bellezza e quasi integralmente occupate dalle file dei lettini e ombrelloni, perfettamente allineati e numerati, stipati per farci entrare il maggior numero di turisti per metro quadro di sabbia e venduti alla modica cifra di 24 euro, escluso parcheggio. Non ho voglia di comprarmi un loculo in cui rimanere imbalsamato anzitempo, ma lo spazio libero, di "seconda classe", relegato ai margini della spiaggia, è poco e assai conteso. Penso al litorale di Is Arenas, da solo potrebbe contenere tutti i turisti delle spiagge del Giglio, mantenendo quel minimo di spazio vitale per evitare di sorbirsi la musica a tutto volume che arriva da un panda e le stupidaggini proferite da due perfetti burini, forse un po' alterati dai numerosi aperitivi ingeriti nello spazio di un pomeriggio o forse no... 
Guardo, i miei bambini, completamenti estranei a ciò che li circonda. Potrebbero essere ovunque; il loro unico interesse è il mare e i giochi che possono fare e i pesci e i granchi che riescono a catturare; sono contento che non siano stati fagocitati dalla follia del Pokemon Go. Che età fantastica!

In fondo quando esco per le mie scorribande sono ancora come loro, libero, isolato nel tempo e nello spazio, presente a me stesso e al momento. Niente pensieri, niente affanni, niente compromessi, solo concentrazione, sudore e muscoli che si contraggono nel tentativo di portarmi in alto, sempre più in alto, dove il resto del mondo sembra piccolo e distante.

Ma lo sport è innanzitutto salute!
Eccolo un altro stimolo potente per continuare ad essere un emulo di Forrest Gump e sconfiggere la pigrizia che la calura estiva instilla, in modo prepotente.

Una caratteristica del Giglio è quella di non avere una strada carrabile che consenta di percorrere l’intero periplo. La strada principale collega Giglio Porto con Giglio Castello e con Giglio Campese, continua lungo il litorale SO dell'isola per poi trasformarsi in una strada bianca che conduce alla Punta del Capel Rosso. 
Parcheggiare un vero incubo. In agosto l'isola del Giglio non ha nulla da invidiare alla Liguria e ai gironi danteschi dell’Aurelia. Le 1500 anime che la popolano nelle altre stagioni, nel periodo estivo probabilmente triplicano e occupano con le macchine ogni metro quadro disponibile per sostare.
Per vedere per intero l'isola non c'è altra soluzione che percorrerla attraverso la sua rete sentieristica e dimenticarsi, per una settimana del mezzo meccanico. 

Nei percorsi immaginati e poi verificati sul campo, non ho incontrato anima viva, se non un biacco (serpente del luogo), qualche coniglio selvatico, un topo delle dimensioni di un coniglio e lucertole di svariate dimensioni e colori. Le poche persone che, come me al mattino si cimentano in una attività sportiva, non si allontanano dal nastro di asfalto e dai territori conosciuti, perdendo inevitabilmente il gusto dell'avventura e della scoperta. 
Baratto volentieri la sicurezza dei segnali stradali con l'incertezza dei miei punti di riferimento e orientamento; i miei punti cardinali diventano il sole, i secolari pini marittimi, le fantastiche leccete, le placche granitiche, i cespugli di finocchio selvatico e i rovi di gustosissime more. 

Alla fine della settimana i trail autogestiti saranno quattro, disegnati per esplorare angoli diversi dell'isola e non toccati dalle rotte del turismo di massa.

Mi sarebbe piaciuto fare un ultimo percorso, rifacendo il Giglio Trail nella sua versione integrale, ma sul lato SE dell’isola, verso Poggio Falcone, una volta arrivati alla Cala delle Caldane, il sentiero sembra passare per alcune proprietà private. Forse è questo il motivo per cui, pur essendo chiaramente individuabile sulle carte satellitari un reticolo di sentieri, anche in questa zona dell’isola, non sono riportati e tracciati sulla cartina turistica.

Poiché l’imperativo era quello di non usare la macchina, partenza e arrivo coincidono: appena fuori dall’uscio di casa, alla Cala dell’Arenella.

Il chilometraggio e il dislivello sono contenuti, circa 600-800 metri di dislivello positivo distribuiti in circa 10-12 chilometri, fatta eccezione per il quarto tracciato lungo circa 19 chilometri, parte dei quali percorsi su asfalto in direzione della Punta del Capel Rosso. Lungo questa strada, a picco sul mare, nella zona del Poggio del Serrone, si notano alcuni splendidi vigneti coltivati in minuscoli terrazzamenti, dove viene prodotto l’Ansonaco, l’ottimo vino locale. 
Sia l’agricoltura che la viticoltura sono ormai state abbandonate, sostituite dal turismo, solo alcuni abitanti curano ancora i loro vigneti per produrre vino destinato al loro fabbisogno. Molto curiose sono le costruzioni dei palmenti (costruiti nei secoli 1500 - 1700), disseminate in tutta l’isola. Sono strutture di modeste dimensioni destinate alla pigiatura dell'uva. All'interno di una sorta di edicola in muratura si trovano uno o più vasche, non di rado scolpite direttamente negli affioramenti di granito. Nella prima veniva pigiata con i piedi l'uva, nella seconda, posta più in basso e collegato mediante un foro detto cucchione, si raccoglieva il mosto. Attraverso un secondo foro, posto nel punto più basso del palmento, si procedeva al recupero del liquido in otri in pelle di capra che poi venivano con l'asino portato nelle cantine. Questo sistema risparmiava ai contadini il trasporto dell'uva fino al paese, consentendo loro di ricavare il mosto in prossimità dei punti di vendemmia.


Dal dove alloggiamo all’Arenella, il nostro punto di riferimento diventa Giglio Castello, circa 400 metri di dislivello più in alto e pertanto la prima parte di tutti i percorsi, inizia in salita. A Giglio Castello si può arriva direttamente con i sentieri 1 e 1b, entrambi molto belli e tecnici, soprattutto in discesa o con un giro un po’ più largo, utilizzando il sentiero numero 3. 
Dalla sommità dell’isola, lo sguardo spazia in ogni direzione e dopo la necessaria pausa caffè, possiamo riprendere la nostra marcia.

Una settimana rilassante e davvero piacevole, volata via, fra corsette mattutine e relax in spiagge e calette incastonate in acque cristalline.

Il richiamo del Giglio nella sua veste tardo primaverile e nella sua autentica dimensione di silenzio e pace è forte…


Giglio Trail...facciamoci un pensierino, ne vale davvero la pena!

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