Foto Scialpinismo Costa del Becco 2019
Dal racconto dell’OgreDoctor
Trio inedito per la terza gita in una settimana: OrcoCamola, OgreDoctor e Germano, fratello di OrcoJoack. Mi recuperano ancora assonnato alle 7.00 del mattino e inauguriamo il Qubo di OrcoCamola rosso fiammante.
Arriviamo a Rochemolles sopra Bardonecchia e lasciamo la macchina al ponte antistante il paese nel parcheggio già ingombro di vetture, verosimilmente di altri scialpinisti.
È un inverno davvero anomalo. Normalmente in questa stagione Rochemolles e la strada per arrivarci sono imbiancate e la quantità di neve depositata sui pendi alti verso il Passo della Roccia Verde è notevole. Oggi si vedono le cime poco più che spolverate da quella che sembra una piccola nevicata del giorno prima.
Salendo, prima di arrivare al ponte vediamo il disastro provocato dalla valanga che l’anno scorso il 5 gennaio ha sfiorato le abitazioni, finendo la sua discesa dal Gran Vallone a circa 700 metri dalle case: in molti hanno ripensato alla tragedia del 1961, quando a causa di una slavina morirono 4 persone nella frazione di Bardonecchia, con 18 case distrutte e 30 abitazioni danneggiate, compreso il cimitero.
Ci sono una marea di alberi abbattuti, che ricoprono il fondo valle e intasano il torrente, subito prima di arrivare alle prima case del paese dove svetta solitario il campanile della chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo. Questa chiesetta a navata unica con il coro e una cappella laterale impostati sulla fiancata meridionale e conclusa da un presbiterio, è citata dai documenti già nel 1296, ma la sua struttura attuale è frutto di una riedificazione completa realizzata tra il 1452 e il 1456. Il campanile, curiosamente "mozzo", era originariamente edificato in stile romanico, ma una valanga caduta sul paese nel 1749 ne asportò completamente le guglie, che non furono più ricostruite.
Ma di valanghe oggi, nemmeno l’idea, per fortuna.
Messi gli sci ai piedi dopo le prime curve della strada che conduce al Rifugio Scarfiotti, arriviamo al Ponte Almiane, da cui comincia la nostra ascesa sui pendi sovrastanti.
Ero già stato in questo vallone per andare sulla Punta d’Almiane, ma passando sul letto del torrente e rimanendo all’interno del vallone, così come descritto nella traccia di Gulliver. Oggi invece saliamo sulla sinistra, verso le grange Jalet (2129) e dirigendoci direttamente verso la costa rocciosa sulla destra orografica della valle.
Fatico come di consueto a domare gli sci sulla neve un po’ più dura e così decido di mettere i rampant. Saliamo abbastanza spediti su un pendio sostenuto, ma sostanzialmente primo di pericoli oggettivi. Conto almeno una ventina di altri sciatori sul percorso.
Ci accompagna un sole un po’ livido, ma non fa freddo e il temuto vento non fa male. Sopra il manto vecchio e duro è depositato uno straterello (non più di 2 cm) di neve fresca appena caduta, ma sufficiente a non farci perdere le otturazioni dei denti e farci godere una discesa più che soddisfacente.
Alle 13 siamo nuovamente alla macchina, accompagnati dalla musica, che il cellulare gracchiante di Germano spande nell’aere.
Concludiamo la nostra gita al Rosy Bar di Oulx, dove Germano e la GSA (Gruppo di Scialpinismo del CAI UGET) sovente si fermano dopo le gite da queste parti e che, sia per la qualità della birra (una buona Leffe) che dei panini, aggiungo con piacere all’elenco, già nutrito, delle taverne post-gita.
W gli Orchi e W la montagna
P.S. Qual è il significato del raccontare? Perché fare un report delle proprie gite? È una domanda che da quando abbiamo istituito il nostro blog, mi pongo sovente.
Vincere il premio alla fine dell’anno per il miglior racconto? Credo proprio di no, anzi il premio è stato istituito proprio per invogliare le persone a scrivere. Ad alcuni di noi viene più facile, ad altri la penna è un po’ più ostica, ma non credo che chi scrive lo faccia per essere ammirato per le imprese o per essere invidiato per la proprio bravura e chi legge lo faccia per criticare lo stile o il lessico del racconto.
Il Blog ci tiene uniti, è la nostra identità di gruppo, fatta di molteplici. e variegate anime che si esprimono con la corsa, in bici, in montagna sia in versione invernale che estiva e che attraverso il racconto delle proprie esperienze condividono sé stessi in un modo molto più ricco di un banale inoltro di istantanee e di selfie su un social, trasmettendo energia positiva e voglia di fare anche agli altri.
Lo è stato per me, nei momenti più difficili, forse lasciati alle spalle.
Leggervi attivi su tutti i terreni di gioco è stato un sprone fortissimo a rimettermi in gioco, a non cedere allo scoraggiamento e rassegnarmi alla senescenza.
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