martedì 8 maggio 2018

Pallavolo con la comunità Arcobaleno alla casa circondariale Lorusso e Cutugno(To) 4 Maggio 2018


Sito Comunità Arcobaleno

Dalle note dell'OrcoVale
Un mese fa un gruppetto di noi ha partecipato ad un torneo di pallavolo all’interno della casa circondariale Lorusso-Cotugno di Torino, dove le squadre erano formate da detenuti  e da gruppi sportivi esterni.
Già dalle procedure di controllo le mie sensazioni sono state intense, sarà perché era la prima volta che entravo in un carcere, sarà per l’incertezza di quanto sarebbe successo.
L’impatto è continuato intensamente alla vista dei dipinti sulle pareti del corridoio che recitavano bellissime poesie sulla vita, sull’amicizia e sul coraggio di continuare nonostante tutto. Leo Zappalà (l’organizzatore dell’evento che definirei “ossigeno” per questi ragazzi) ci ha spiegato che le poesie sono le più belle premiate a seguito di un concorso interno dei ragazzi detenuti; li chiamo “ragazzi” perchè il settore è quello delle tossico-dipendenze e la maggior parte di loro entrano molto giovani e scontano una pena non più alta dei  7/8 anni di reclusione che già sono un’eternità.
Leo ci accompagna per visitare la struttura: la serigrafia, la palestra (purtroppo allagata e inagibile), la sala pesi, la biblioteca, la cucina, la sala di ascolto ed il campo da rugby sono spazi fondamentali per imparare a  vivere una quotidianità scandita da tempi e regole da rispettare , laboratori e gruppi di ascolto.
 Grazie alla presenza costante e preziosa dei volontari (educatori , psicologi e psico-terapeuti), questi giovani vengono aiutati ad iniziare un nuovo percorso di vita e seguiti giorno per giorno, nell’ attesa di una possibilità per una vita normale.
Il torneo inizia e già dalle prime battute il tifo non manca, sono tutti molto concentrati e un po’ timidi, un po’ impacciati, tutti quanti partecipano con impegno;  per un attimo sembra quasi che si giochi soltanto a pallavolo e che fare un punto in più sia la cosa più importante.
Il torneo dura un paio d’ore e i ragazzi hanno fatto a mano anche i premi per i primi tre classificati : una coppa dorata in argilla, un piatto dipinto e una farfalla di stoffa ricamata.
Ci hanno offerto anche il rinfresco con cornetti e te freddo per ringraziarci della visita e al momento di congedarci sono io che mi sento di ringraziare, perché sono quelle esperienze che dovrebbero fare tutti, perché invece di giudicare e stare fermi a volte è meglio viverle certe cose, perché non sai mai quanti casini interni od esterni vive ognuno di noi, perché a volte la mancanza di amore o di affetto ci fanno sentire tanto vuoti e chiunque può cadere, chiunque può sbagliare, e si rimane lo stesso in ballo.
La vita continua, faticosamente, una volta fuori da quelle mura, perché l’etichetta di tossico-dipendente ti rimane cucita addosso per sempre, e questa è già una condanna a  vita. L’adolescenza è già stata perduta, prima ancora di entrare in carcere, superata da quella continua voglia di “sentirsi grandi”, oppure perché ti sei già forzatamente ritrovato a dover vivere da grande.
 L’unica cosa che rimane è quella stretta allo stomaco che ancora ora che scrivo non se ne va, a distanza di un mese, e con l’augurio e la speranza  che ce la faranno tutti a trovare un loro posto nel mondo, fatto di libertà e scelte consapevoli, vorrei dedicare a questi ragazzi una canzone dei Queen “somebody to love” testo e musica, perché qualcuno da amare lo troverete tutti e saprete farvi amare, anche se ancora non ci credete, buona fortuna.

Dalla voce dell'OrcoUp&Down
Pomeriggio “alternativo” in carcere.
Iniziato non sotto i migliori auspici climatici, poi però Giove pluvio ci ha dato una mano facendo cessare le piogge e permettendoci quindi di esibirci nelle nostre performance sportive
(secondo me la prossima volta però provvederà lui stesso ad impedircele colpendoci direttamente con i fulmini).
Direi quindi di tralasciare l’aspetto puramente tecnico/pallavolistico….anzi….stendiamo pure un pietoso velo e cerchiamo di allenarci per la prossima volta.
Dopo vari controlli (3) e raccomandazioni siamo pervenuti al reparto “sportivo” sede della nostra disfida.
La nostra non è stata una normale “visita” ai detenuti. Parlando con alcuni di questi si è capito che la condizione di detenzione delle persone che possono accedere al questo reparto è di gran lunga migliore di quella degli altri detenuti che trascorrono il tempo nele celle dei vari “bracci”. La possibilità di poter frequentare attività varie sia sportive che, in special modo, formative, dovrebbe (si spera) fornire a loro una possibilità di reintegro nella vita civile. Tralasciando falsi buonismi sicuramente è più utile (e meno costoso) alla collettività una persona fuori dal carcere e attiva piuttosto che un detenuto in carcere mantenuto a spese della stessa collettività.

Nessun commento:

Posta un commento