lunedì 22 febbraio 2016
Corso di ghiaccio 2016 della Scuola di Alpinismo Giampiero Motti (To)
Dall'autointervista dell'OgreDoctor
Rompere il ghiaccio!
Con il weekend di Cogne si conclude l'avventura del Corso di ghiaccio 2016 della Scuola di Alpinismo Giampiero Motti.
Piaciuto?
Si moltissimo.
Ma con me è fin troppo semplice, si sfonda una porta aperta.
Sono un entusiasta per natura e quando si tratta di attività Outdoor che coinvolgono l'ambiente alpino è difficile trovare qualcosa che non mi piaccia fare o provare.
Le cascate però sono sempre state un tabù. Il ghiaccio si è sempre portato dietro quell'alone di pericolosità irrazionale, di scarsa sicurezza, di grande imprevedibilità e così mi ci sono tenuto sempre a debita distanza.
Cosa è cambiato, dunque?
Innanzitutto l'aver conosciuto la Motti.
La capacità di trasmettere sicurezza, l'attenzione maniacale alle manovre e la passione per l'insegnamento dell'alpinismo che traspare da molti degli istruttori hanno creato quella magia, quella fiducia indispensabile perché un allievo si affidi totalmente al proprio maestro e lo segua anche dove la testa gli direbbe di non andare, anche se la mia in quel senso funziona assai poco!
Non voglio assolutamente dire che il cascatismo sia un'attività scevra da pericoli, anzi il pericolo lo respiri, lo percepisci sulla pelle. La stessa gestione degli attrezzi, quasi delle armi improprie nelle mani di noi neofiti, rappresenta un problema e un pericolo. Ma essere accompagnato, preso quasi per mano e guidato nella conoscenza di un'attività per molti aspetti nuova e sconosciuta, da persone con decine di anni di esperienza, hanno reso questo corso indimenticabile.
L'ambiente invernale, poi, è qualcosa di straordinario, fiabesco. Non nulla a che vedere con quello delle stazioni sciistiche con le la moltitudine di sciatori che affollano le piste, spesso e volentieri maleducati e ignari delle regole della montagna. Molto più vicino a quello dello sci alpinismo, ma ancora, sembra incredibile, più selvaggio.
Camminare nella neve fresca quasi in assoluta solitudine, al ritmo del proprio cuore, ascoltando la musica della natura, avvicinandosi sempre più al blu incombente della cascata e perché no, fare fatica, cosa a cui non siamo più abituati, cosicchè qualsiasi cosa esca fuori dall'ordinario ci appare insormontabile e irraggiungibile, sono esperienze uniche, impagabili.
E così, quasi non accorgendocene, le uscite sono finite: Pontat, Ceresole, Valle Varaita, Cogne, non sono solamente dei luoghi, ma sono soprattutto dei momenti di vita vissuta intensamente, alternando scalate a momenti di gioia e convivialità, in cui nuovi legami di amicizia si sono creati con la speranza che possano in futuro continuare.
Provo ad immedesimarmi nei miei istruttori: quanti allievi in vent'anni della Scuola, quanti sono rimasti solo dei volti e quanti sono diventati delle costanti, quanti caratteri e quanti personaggi da capire e da gestire...
Ma in fondo la Montagna è anche un po' questo: un crocevia di sentieri dove le vite si incontrano e si separano. Qualche volta si cammina insieme legati o in conserva, ma vicini, altre volte si prosegue da soli, ma sempre con lo sguardo verso l'alto, in avanti, in attesa magari di rincontrarsi.
Devo proprio dirlo: peccato sia finito!
Un grazie speciale a Bruno, Gianni, Carlo, Claudio, Rosanna, Chiara, Carmelo, Matteo, Ettore, Gaia, Priscilla, Piercarlo, Umberto, Giovanni, maestri e compagni di viaggio.
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