venerdì 22 ottobre 2010
24 ORE DI TORINO 17 Ottobre 2010
Dal Racconto dell’Orco Andrea
Ho partecipato alla 24 ore di Torino organizzata da Giro d'Italia Run.
La manifestazione ospitava il Campionato Italiano e il Campionato Regionale Piemontese assoluto e master sulle 24 ore.Quella che vado a raccontare è la mia esperienza. Con il racconto spero di trasmettere anche le sensazioni vissute.
La gara si svolge nel Parco Ruffini di Torino e la partenza è sabato mattina alle 10.
Arrivo intorno alle 8 e mi sembra che l'organizzazione sia un po' in ritardo.
Il percorso si snoda su un anello da 1 km e vicino alla partenza c'è la cosiddetta zona di 'neutralizzazione' nella quale possiamo sostare quando non siamo sul percorso. Questa è allestita da due gazebo aperti per il deposito borse ed una tenda con 15 brande per il riposo notturno.
Siamo un centinaio e già durante la preparazione ci accorgiamo che lo spazio è risicato, inoltre i gazebo e la tenda non sono ne illuminati ne riscaldati. Cercare le cose nella borsa di notte sarà un'impresa.
Comunque il clima che si respira è bello, ci sono atleti che arrivano da tutta Italia ed è emozionante trovarsi alla partenza con gli atleti della nazionale. Di loro conosco Stefano Montagner. Riconosco Annemarie Gross, anche lei nazionale e vincitrice del Tor de Geant. Con lei facciamo qualche foto nell'attesa dello start.
Si parte. Del G.S. Murialdo siamo in tre: io, Roberto e Daniele. Da Rivoli c'è anche Nerio Soncin: un mito sulle lunghe distanze e non solo. Nerio, da qualche anno corre per la Turin Marathon ma i legami di amicizia sono sempre gli stessi.
Gran parte del sabato corro con Daniele. Parliamo, ridiamo e ci esaltiamo con lo slogan: "Domani mattina saremo ancora qui !" ed indichiamo il punto nel quale stiamo passando. Il chilometraggio è rilevato dal chip sulla scarpa ed ogni passaggio registrato manualmente dai giudici.
Le prime ore passano bene. Ho un po' di ansia di 'fare km'. Per mia fortuna Daniele è molto preciso e aiutati dal Garmin procediamo regolari. Il tempo non promette nulla di buono, c'è un'aria fredda che fa volare i nastri che delimitano il percorso. Sono partito con mezze maniche e canottiera e in breve mi ritrovo vestito come avevo pensato per la notte. Fortunatamente ho portato una vagonata di cose e non bado a spese nei cambi.
A lato della pista c'è Jerome Debize. Non sapevo corresse per Giro d'italia Run. I suoi incoraggiamenti sono continui: "Forza Andrea, alè, bravò".
In mattinata passano a trovarci Alessandro, Mario, suo figlio e Silvio. La loro presenza mi fa molto piacere.
Le ore passano e i km pure. Verso le tre è pronta la pasta. Camminando mangio con piacere un piatto caldo. Daniele va avanti a parmigiano.
Alle cinque faccio una doccia. Ci metto 15 minuti e l'acqua calda mi rigenera un po'.
Il nostro slogan piano piano si trasforma : "Domani mattina saremo qui ...lunghi distesi " ed indichiamo sempre il punto in cui stiamo passando. Comincio ad alternare due giri di corsa ed uno di cammino.
E' impressionante vedere gli atleti della nazionale, non si fermano mai e soprattutto non smettono mai di correre.
Mentre sto rientrando in pista da una sosta vengo preso sotto braccio da un atleta che mi dice: " Vieni che così mi racconti". Si chiama Marco Vannucci, forte accento toscano e forte andatura. Ha notato il mio smanicato con lo stemma dell'UTMB.
Con lui faccio solo un paio di giri e con il fiatone, almeno io, parliamo delle gare intorno al Monte Bianco alle quali anche lui ha partecipato. Marco non è un atleta qualsiasi. Più tardi ho saputo che è stato in testa alla classifica per gran parte della gara con 111km alla 10° ora.
Dalle 18 il tempo peggiora e cadono le prime gocce di pioggia. Per fortuna arrivano altri amici a trovarci: Pippo e Claudio con le rispettive famiglie. Ci salutiamo dalle transenne. Mi viene di fare gli onori di casa, vorrei fermarmi a parlare, ma loro sono i primi a dirmi "vai, vai".
Anzi ne approfitto e chiedo a Pippo di leggere il mio chilometraggio sulle classifiche aggiornate ogni ora.
Arriva il buio: alterno un giro di corsa e uno di cammino. La pioggia continua fino alle 24.
Alle 23 arrivano Pino, Enrico e Umberto. Alè! Botta di allegria. Ci abbracciano, non riesco a dire ciao che Pino mi ha già scattato 20 foto. L'incontro avviene a metà circuito e li incito a seguirmi nella direzione in cui sto camminando; Enrico mi guarda e: "Andrea sai che non posso correre..." Scoppiamo in una grassa risata. Si fermano fino a mezzanotte ora intorno alla quale scocca il mio centesimo km.
Evviva !
All'una decido di fare una pausa lunga. Devo distendermi e cambiarmi, le gambe fanno male.
La tenda per il riposo notturno è 'al completo ' e con Daniele decidiamo di metterci nel corridoio del Palaruffini che conduce alle docce. Io ho il sacco a pelo e per terra sto bene. Daniele per non soffrire troppo il freddo si sposta nello stanzino riscaldato prima delle docce. Con noi c'è Silvio Deiure. Silvio è andato a ballare e dopo aver riaccompagnato la moglie a casa è ritornato al Ruffini a sostenerci. Sono contento della sua presenza. Ci aiuta con la borsa, ci consiglia e incoraggia. Intanto arriva a fare la doccia Marco Vannuci, sorretto da due persone. Si è fatto male cadendo a terra nel tentativo di schivare una persona nei pressi dalla zona rifornimento. In quel moneto era primo.
E' l'una e Silvio ci avverte che tornerà a chiamarci tra un'ora. L'ora passa in fretta e non riesco a dormire.
Le gambe e le caviglie mi fanno male. Esco dal sacco a pelo e comincio a tremare per la stanchezza.
Silvio arriva, lo guardo e gli dico che non ho proprio voglia di uscire fuori al freddo: "Andrea, non ci pensare, fai una cosa per volta, piano piano". E' tutto difficile, ogni cosa anche le più normali sono uno sforzo mentale. Mi metto la crema a piedi e gambe, indosso maglie asciutte e sono in piedi. Jerome mi ha portato due maglie di cotone che sono più calde di quelle tecniche. Chiamo Daniele che decide di riposarsi ancora.
Ok esco Saluto Silvio che torna a casa, inserisco "la modalità Orco" e ricomincio a camminare.
Non piove, sono le 2:30 e c'è una bella pace.
Cammino e cerco di non pensare. Incontro Nerio con qualche problema di stomaco. Non gli dico nulla.
Ognuno porta a spasso il proprio corpo come meglio può. Mi pongo dei traguardi: il prossimo è il km 120.
Accosto due signori e comincio a parlare. Siamo colpiti da un gruppo di ragazzi che nonostante l'ora stanno giocando a calcio nel campetto adiacente: "In giro a quest'ora ? I nostri genitori ci avrebbero fatto un culo così..." Automaticamente partono i racconti dell'oratorio, dei Salesiani, dei giochi per strada.....finiamo con il problema della vicina di casa che quando fa sesso urla in modo forsennato e sveglia mezzo palazzo. Le nostre strade si separano: "Ciao a più tardi, grazie per la compagnia ".
Mi fermo a magiare qualcosa e sento profumo di caffè.
"Ne vuoi ?" I due ragazzi del ristoro hanno un occhio aperto su quattro.
Sono gentili e disponibili e soprattutto pazienti. Con il caffè mangio una bella fetta di pane e marmellata.
Le gambe chiedono pietà ma resisto fino al km 120. Pausa. Mi infilo nella tenda del riposo notturno. All'interno sento gemiti di dolore ma anche un bel russare; al buio intuisco che c'è gente distesa per terra. Una donna si alza e mi cede il posto; mi distendo e quello della branda accanto si alza e mi butta addosso la sua coperta. Sono veramente stanco, e sono grato per questi gesti.
Penso a cosa posso ancora fare. Sono le 6 e ho 4 ore a disposizione; mi piacerebbe fare ancora una ventina di km (10 km, riposo, 10km). Mi alzo e mentre esco dalla tenda mi accorgo che sulla branda alla mia destra c'è Roberto. Con uno sguardo condividiamo tutto.
Riparto, penso ad un giro alla volta e per paura di perdere il conto ripeto nella mente il giro che sto facendo.
Intanto il Parco Ruffini comincia piano piano a popolarsi. C'è chi porta a spasso il cane, chi corre, e anziani a passeggio che ci guardano stupiti. Vado talmente piano che i podisti della domenica mattina sembrano tutti professionisti.
Sono alla frutta e i giri progettati da 20 diventano 10.
Km 130.
Basta. Va bene così.
Le gambe sono ben oltre il limite e sarebbe sciocco continuare.
L'asfalto al quale sono poco abituato si è divertito abbastanza a massacrare i miei tendini.
Sono le otto, avrei ancora due ore a disposizione ma non mi interessa.
Mi sento svuotato e mi lascio pervadere dal pensiero di una bella doccia calda dopo la quale non devo più correre. Nelle docce incontro i miei compagni di avventura e Annemarie Gross. Stesso atteggiamento : basta
Faccio la doccia e mi presento in pista 30 minuti prima del termine. Seduto, guardo chi continua a girare:
alcuni si sono appena svegliati altri non si sono mai fermati, altri giocano al recupero rosicchiando ancora qualche giro. Poco prima del termine ci consegnano un cono di plastica con il numero di pettorale. Mi incammino con Roberto. 1° sparo. ultimi passi. 2° sparo, stop. Appoggiamo il cono a terra.
Nessuno si deve più dannare. Gli sguardi si alzano dall'asfalto e le facce sorridono felici.
Enzo Caporaso ci abbraccia uno per uno.
Sarebbe bello capire perchè ci si danna in tanta fatica inutile.
Forse non lo sappiamo neppure noi che ci definiamo ultramaratoneti. Ma poi chi se ne frega.
Forse fino a quando tutto ciò rimarrà incomprensibile ci sarà uno spazio libero nel quale rifugiarsi e poter fare cose da pazzi in strada come sui monti.
Ciao Andrea
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