mercoledì 12 agosto 2020

Minitrekking del Sorapiss per le vie ferrate Vandelli e Berti (Bl) 29 Luglio - 2 Agosto 2020

                           

Foto Sorapiss 2020

Video Sorapiss

Dal racconto dell'OrcoBee

Marzo 2020; siamo in pieno lockdown da Covid-19 quando arriva una mail dell’OrcoCamola che ha per oggetto: “fuga dolomitica”.

Propone un minitrekking nel vallone del Sorapiss, zona dolomiti ampezzane, pochi km da Cortina ma in angoli appartati e silenziosi.

Siamo chiusi in casa da 10 giorni e lo saremo ancora per altri 40, lo scenario è cupo, un virus subdolo, sconosciuto e aggressivo tiene in scacco le vite di tutti, sopratutto dal punto di vista psicologico. Quella mail ha però il potere di farti sognare. Chissà, magari,  tra qualche mese potremo andare a vedere questo angolo di dolomiti.

Nel corso di aprile, finalmente i numeri sono meno drammatici, il governo annuncia che a maggio si potrà cominciare ad uscire e a giugno si potrà andare anche in altre  regioni; non è la normalità, ma la sensazione di libertà è inebriante. E’ però ancora presto per programmare chissà che, le incertezze sono ancora tantissime ma una settimana di ferie alla fine di luglio si prova a chiederla, hai visto mai. Luglio passa in fretta, verso la metà del mese provo a fare una telefonata a uno dei rifugi previsti nel giro. Sono aperti con metà della capienza ma c’è posto! Lo dico subito all’OrcoCamola che sente immediatamente l’altro rifugio; anche lì c’è posto! Prenotiamo, si va!

Purtroppo quest’anno non potrà essere sei nostri l’amico Germano, che aveva organizzato altri periodi di ferie e  non può modificare date e impegni vari.

Si mette ancora di mezzo la data di un concorso per cui mi ero iscritto a gennaio e che, ovviamente è stata fissata il 28 luglio. Vabbè, staremo due giorni in meno ma andiamo. Mercoledì 29 luglio, di buon mattino con la rossa QuboGas di OrcoCamola si parte alla volta di Passo Tre Croci, una dozzina di km circa dalla famosa Cortina d’Ampezzo. Complice una indicazione di google non proprio perfetta, perdiamo un po’ di tempo tra trafficate statali venete, ma finalmente alle 15.30 siamo al parcheggio da dove parte il sentiero per il rifugio Vandelli, il posto dove dormiremo la prima notte. Complice la bella giornata il parcheggio è ancora strapieno. Scendiamo,  prepariamo attrezzatura e zaino per la due giorni che ci spetta e ci incamminiamo. Incrociamo tantissime persone che tornano dalla gita giornaliera, tutti gli accenti del nord e centro Italia, tutte le marche possibii di sneakers alla moda e un tizio in infradito. Già mi immagino le code che troveremo domani sulla ferrata e le relative manovre fantozziane per passare…

Arrivati al rifugio ci sistemiamo, riposiamo un po’ dal viaggio ed è già ora di cena. Delle millemila persone del il pomeriggio siamo rimasti in una quindicina. Un gruppetto di ragazzi tedeschi, una guida con due clienti inglesi, un altro paio di coppie, anche loro non italiani.

Scopriremo che gli unici a fare la ferrata e il trasferimento al rifugio San Marco siamo noi, i ragazzi tedeschi e la guida con le clienti, 10 persone in tutto. La simpatica gestrice del rifugio ci confermerà che la sua clientela è nettamente divisa in due blocchi, clienti “del pranzo” dalle  bislacche richieste e imponenti pretese e clienti “del pernotto” che quasi sempre parlano di montagne, cime, vie ecc. La via di mezzo quasi non esiste. Ci dirà anche che lei ama molto di più parlare di montagne, sentieri, condizioni della ferrata ecc. ma che, più prosaicamente, sopravvive con “quelli del pranzo”.

Nella notte si scatena un bel temporale e butta giù secchiate d’acqua ma quando ripartiamo, la mattina alle 7, a 2000 metri, ci sono già 14 gradi ed un aria piuttosto pesante. Il caldo è di nuovo protagonista, dopo un’estate, fino ad adesso tutto sommato mite.

Per fortuna il versante dove è stata ricavata la ferrata Vandelli è tutto all’ombra. In poco arriviamo all’attacco, ci imbrachiamo e partiamo. Si tratta di una ferrata non difficile, mai troppo esposta né strapiombante, forse solo un po’  “vecchiotta” ma comunque sana. Finita la ferrata siamo alla Croda del Fogo, sul versante opposto, un po’ più dolce ed al sole. Scendiamo 400 metri circa e ci spostiamo al bivacco Comici, piuttosto malandato. Nel frattempo il caldo è arrivato, si sente particolarmente perché non ci sono alberi di alto fusto a ripararci ma solo distese di mughi e zone di pietraia bianca, bollente. Dopo una breve risalita imbocchiamo il sentiero attrezzato Carlo Minanzio che ci condurrà fino alla Forcella Grande e poi da lì in discesa verso il nostro prossimo rifugio.

E’ il pezzo più duro della giornata, una fornace con numerosi sali e scendi, a volte anche piuttosto tecnici e senza un rivolo d’acqua. Stringiamo i denti e siamo finalmente alla forcella, sul cui fianco si erge il fantastico torrione dei Sabbioni, oggetto di grandi imprese alpinistiche.

Imbocchiamo la discesa, ripidissima verso il rifugio e ci facciamo prendere dallo sconforto perché sappiamo che domani mattina dovremo rifare al contrario questo “muro”; vabbè ci penseremo domani, per intanto arriviamo al rifugio.

Scendiamo fino a 1800 metri dove su uno spalto erboso sorge lo storico rifugio San Marco, del CAI di Venezia. La gestrice ci comunica che deve ancora preparare i letti. Bene, ne approfittiamo per recuperare sali minerali con una bella birra. “Ho solo il formato da 50 cl va bene lo stesso?” dice lei. “Certo!” si ribatte in coro.

Credo che data l’arsura accumulata avremmo potuto bere qualsiasi cosa ma quella birra ci è sembrata la migliore del mondo. Bissiamo con un altro mezzo litro in due, anche questo va giù che è un piacere. Ci rendiamo conto in fretta che il caldo patito ci aveva impedito di fatto di mangiare decentemente e che frutta secca e barrette non sono un pasto. Risultato: il poco alcool della birra entra in circolo velocemente e ci troviamo in poco tempo a ciondolare per le panche del rifugio con la testa mooolto leggera. Affrontiamo anche una conversazione con alcuni vicini di tavolo ma, né io, né OrcoCamola sapremmo dirvi di che si è parlato.

Dopo una spettacolare doccia “en plein air” di Andrea, cena e poi a dormire. Nella notte si scatena un imponente e spettacolare temporale. Anche lui non lascerà particolari tracce nella temperatura del giorno dopo.

Ripartiamo il mattino seguente  alle 7, affrontiamo la risalita alla forcella grande e poi la salita al bivacco Slataper. La giornata è splendida, il bivacco, ridipinto di fresco di un rosso brillante emerge dal bianco della roccia sullo sfondo blu del cielo. La salita, fatta di mattino presto, freschi e riposati non è così cattiva come l’avevamo vista ieri. In due ore siamo al bivacco, breve pausa e ci avviciniamo all’imbocco della ferrata Berti. Su questo versante l’ambiente è maestoso: altissimi torrioni di dolomia si avvicendano uno dopo l’altro a formare angoli dove si vede praticamente solo roccia. Fatto il giro in questo senso occorre affrontare il primo tratto della ferrata in discesa. Si devono perdere circa 250 metri per arrivare ai piedi del torrione su cui siamo e poi traversare per incrociare le altre torri. Il vuoto su cui è attrezzata la ferrata è impressionante! Noi dovremmo scendere da lì? Le gambe diventano un po’ molli ma siamo qui, proviamoci.

A ben guardare effettivamente il cavo c’è, scende giù bello dritto, talmente tanto che a volte troviamo delle simpatiche scale in ferro, qualcuna anche leggermente strapiombante nel vuoto.

Laggiù c’è la mondana Cortina, qui, a pochi metri in linea d’aria (tutti verticali) solo noi.

La ferrata in verità è costruita benissimo, chiodi e cavo solidi, nuovi e abbastanza ravvicinati. Questo mi dà fiducia e seppur con il fiato sempre sospeso arriviamo alla base del primo torrione, il tratto più difficile è  passato.

Continuiamo per tratti attrezzati, sempre molto aerei e panoramici in uno scenario mozzafiato. Siamo all’ombra e ogni tanto si trova persino qualche rivolo d’acqua. A un certo punto in un tratto in falsopiano vediamo ciondolare sulla parete una lunghissima corda che parte dalla cima di un torrione, almeno 300 metri più in alto. Per un attimo ci viene la paura che la ferrata risalga quel versante!! Poi per fortuna ci accorgiamo che il sentiero aggira il torrione, ci troviamo all’ennesima forcella che ci addentra nuovamente nel vallone del Vandelli con di fronte la parete nord del Sorapiss. C’è ancora qualche difficoltà tecnica nell’avvicinare il sentiero ma siamo presto fuori. In poco tempo siamo al rifugio dove ci scoliamo la meritata birra. Vogliamo salutare la gestrice e ringraziarla dei preziosi consigli ma non facciamo in tempo a iniziare il discorso che subito tira fuori due birre e ce le offre. Come dire di no?

Si ritorna belli allegri alla macchina e poi a Pieve di Cadore, grazioso centro della media valle, città natale del pittore Tiziano, dove dormiremo per due notti.

Il giorno dopo ci concediamo una giornata relax e superturistica facendo un giro attorno alle fantastiche Tre Cime di Lavaredo. La bellezza di questi grattacieli di roccia lascia senza fiato e ben si comprende perché la gente corra ad ammirarle.

Ancora un veloce struscio per la via centrale di Cortina, una cena a Pieve di Cadore e poi, all’indomani, siamo pronti per affrontare la strada del ritorno.

Ancora una volta le Dolomiti hanno saputo riempirci gli occhi di bellezza ed il cuore di emozioni, già sogniamo le prossime incursioni a perlustrarne altri angoli.

W le montagne, W gli Orchi


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