lunedì 25 febbraio 2019

Sci Alpinismo Punta Rossa di Sea Balme (Torino) 24 Febbraio 2019

Foto Scialpinismo Punta rossa di Sea


Dal racconto dell’OgreDoctor

La stagione del ghiaccio volge al termine. Le cascate ormai al limite non consentono una scalata in sicurezza.
Riposte le picche e i ramponi, che magari rispolvereremo più avanti nella stagione, per qualche goulotte in alta quota, tiriamo fuori dalla sacca gli sci da alpinismo, che l’anno passato sono rimasti a riposare, intonsi.
Al richiamo della montagna in livrea invernale, rispondiamo solo in due: OgreDoctor e OrcoCamola.
Scegliamo la Punta Rossa di Sea, che Gulliver da come sicura.
Sono 1500 metri di dislivello positivo e non credo di averli nelle gambe. Forse arrivo a 1000 a stento, gli altri dovrò inventarli ed estrarli metro per metro dallo zaino!
Partiamo alle 7.00 da Rivalta e dopo una breve sosta a Ceres per la colazione arriviamo a Balme, ancora avvolta nel gelo mattutino. Le macchine al parcheggio sono molte e questo ci fa ben sperare di incontrare altri sciatori sul percorso.
Da Balme imbocchiamo la stradina che in breve ci porta alle Grange della Mussa, da dove si imbocca il sentiero per l’Alpe Rulè.
Messi gli sci sullo zaino ci attendono 400 metri di portage. La situazione neve è drammatica. Tutto il versante sud a bassa quota si presenta come se fossimo in primavera inoltrata.
Fatto un simpatico traverso, arriviamo alla neve che da quota 2100 si presenta continua. Sbucando sul valloncello di Pian della Ciamarella vediamo gli sciatori che ci hanno preceduto quasi in vista della vetta.

Le forze cominciano a calare. Ingurgito un gel da cui mi attendo una magia, che mi riporti ai tempi che furono, che però non arriva.
Il sovrappeso si fa sentire in salita, ma se il motore arranca, la testa invece è quella di sempre, mi incita e mi sostiene. Alzo lo sguardo e vedo l’OrcoCamola che mi precede di una decina di minuti e che veleggia tranquillo verso la cima.
Lo seguo, non mollo e alla fine arriva il premio. Arriviamo in cima prima di mezzogiorno. Alla fine non siamo andati nemmeno troppo lenti.
La giornata è spettacolare. Montagne a 360 gradi in un tripudio di colori.
Siamo sulla vetta scialpinistica a quota 2764 metri. La vetta alpinistica  è un po’ più su sulla nostra destra, da salire senza sci. Oggi non vediamo nessuno in cima e siamo già paghi del risultato.
Scherziamo in cima con gli altri sciatori e ci apprestiamo alla discesa.
La neve crostosa e ventata nella parte superiore suggerisce una sciata conservativa, anche perché le gambe sono alla frutta e lanciano urla di dolore.
Nella parte centrale arriva un po’ di divertimento, la neve trasformata primaverile si lascia sciare e pennelliamo delle belle curve godendoci la discesa.
Scendiamo più a destra di dove siamo saliti, sul Rifugio Città di Ciriè al Pian della Mussa che raggiungiamo dopo aver disceso un canalino modello toboga, facendo lo slalom fra le pietre e la terra.

Alla fine, torto collo dobbiamo nuovamente togliere gli sci per arrivare al rifugio, ma siamo in discesa e la cosa non disturba più di tanto.
Quasi mi soffoco con la birra, una Pietra ambrata che va giù come una benedizione, accompagnando un panino con speck e brie (sia benedetto il maiale).
Giusto il tempo per un caffè e per vedere cadere con un boato assordante quel che rimane della cascata del Pian dei Morti e siamo nuovamente sugli sci per percorre il tratto che ci separa da Pian della Mussa a Balme, 400 metri più sotto.
Ovviamente, trattandosi di una pista da fondo ci tocca spingere, di pattinare non se ne parla almeno per me.
La gita è finita, la stanchezza di fa sentire, ma è più grande la soddisfazione per la bellissima giornata.
La montagna ripaga sempre la fatica.
Ogni esperienza in montagna è al tempo stesso esperienza fisica e spirituale se la si vive non solo dal punto di vista sportivo, ma nella sua totalità materiale e intellettuale.
La montagna è un rifugio per l’io che scappa dalla quotidianità che ci assilla e non ci soddisfa, fatta di costanti contrasti e frenesia.

Uno stop momentaneo alla corsa sfrenata, per ritrovare sé stessi, per aprire la finestra del proprio io contemplativo e abbracciare la natura incontaminata e selvaggia.
Per alcuni è semplice passeggiata su un sentiero, per altri è un terreno per mettersi alla prova ricercando anche situazioni più rischiose e difficili, ma in fin dei conti tutti ricerchiamo quella sensazione di libertà che ci fa stare bene e che ci riappacifica e unisce con il creato e la sua bellezza.
Non ricerco in montagna la costante affermazione del mio io, non vivo le scalate come dimostrazione della mia supremazia nei confronti della montagna, la rispetto e conservo un timore reverenziale, sapendo quanto possa essere spaventosa e terrificante in condizioni non ottimali.
Rimane per me un terreno di prova, dove l’animo umano svela sé stesso, le proprie paure e debolezze, la capacità di condividere e di sentire l’altro.
Pur comprendendo le ragioni che portano alcuni alpinisti, fra i quali anche qualche amico, a frequentare la montagna da soli, cimentandosi in imprese, ai limiti della follia, l’alpinismo resta per me un momento di scambio e le imprese e la meta acquistano significato e diventano ricordi indelebili proprio perché c’è qualcuno con cui dividerli.
Oggi c’era OrcoCamola, grande socio di scalata e amico con cui condividere e ricordare una gran bella giornata, vissuta con lo stile inconfondibile di noi Orchi.

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