mercoledì 23 giugno 2021

Arrampicata Sportiva - Cresta Carisey – Monte Mars - Alpi Biellesi (Bi) 19 Giugno 2021

 


Dal racconto dell'OgreDoctor

Non solo bici!
La cresta Carisey è la parte bassa della cresta SSO del Monte Mars che va dal Colle Sella posto a 2230 m al torrione detto del “Dado” a 2430 m slm.. 
La cresta non è difficile, viene valutata AD- (abbastanza difficile meno); le difficoltà alpinistiche non vanno mai oltre il III+, con un breve passaggio di IV, ben protetto da uno spit, proprio all’uscita, dove finiscono le difficoltà alpinistiche; la percorriamo, infatti, integralmente con le scarpe d’avvicinamento, senza mai indossare quelle d’arrampicata. 
Una sola mezza corda da 60, a “V” rovesciata per assicurare i due secondi e via. Sicuramente la scelta di portare una sola corda, paga in termini di peso e di maneggevolezza, ma non ci consente di andare spediti, da sosta a sosta, dovendo interrompere la progressione molte volte. Elena e io, rispettivamente, secondo e terzo di cordata siamo sfalsati di qualche metro in modo da non ostacolarci durante la salita. Carlo, sempre davanti a menare la danza. 
La fiducia nei propri mezzi lentamente sta tornando, ma non è ancora il momento di riprendere a fare il primo di cordata, anche se nei molti tratti in traverso o in discesa, quando rimuovo friends e rinvii, da ultimo e come se fossi il primo; vietato cadere. A preoccuparmi non solo le difficoltà alpinistiche e nemmeno la tenuta mentale, ma l’appoggio della mia gamba destra. Ogni passo è una sorpresa positiva, regge!
La via non è difficile, didattica (se vuoi capire dove puoi spingerti con un compagno in montagna, questo è sicuramente un luogo per capirlo), ma non banale e per chi non ama l’esposizione assolutamente da evitare. In parecchi punti, come si addice ad una cresta ci si ritrova con il posteriore a perpendicolo con il vuoto assoluto, con l’ombelico a fare da “filo a piombo”.
Passiamo tutte le vie di fuga, da dove ci può calare in doppia; eliminate le tentazioni di scappare ci concentriamo sull’obbiettivo di finirla per poter dire come siamo soliti fare alla fine di un’alpinata “anche questa c’è la siamo levata…”. Fatta una volta è più che sufficiente!
E sì, perché tra assicura, sali, scendi (il camino con la corda con i nodi per tenersi te lo raccomando! – e anche il passo dell’inginocchiatoio niente male!), l’avvicinamento di 800 metri di dislivello per arrivare al colle, il ravanage per riuscire a ritrovare la via di discesa dal colle Goudin, (alla fine del dado è vero che finiscono le difficoltà alpinistiche, ma trovare il passaggio lato biellese, per arrivare al canale di discesa non è così semplice) dove si ritrova la via normale (sentiero 3 per chi come noi rientra a Plan Coumarial), le ore passano e quando finalmente mettiamo i piedi sotto il tavolo, sono trascorse la bellezza di 10 ore e mezza. 
Sulla via del ritorno sul sentiero 3, mi imbatto in una di quelle famigerate targhette del Tor de Geants. Significa che sono già passato su questo sentiero, ma nulla di quello che mi circonda suscita in me qualche ricordo. Giungevo dal Col Carisey che si trova dall’altra parte del Rif. Coda e del Colle Sella, da dove attacca la cresta, in mezzo sicuramente deve esserci il canale di discesa. Era notte fonda, ricordo che al Coda, infreddolito dall’umidità della notte, ho dormicchiato forse un’oretta; dal rifugio all’incontro di volti amici alla base di Neil mancava ancora un bel tragitto sotto la notte stellata. 
Verso la fine la minaccia di un temporale di calore, ci induce ad aumentare il passo. Il vento porterà via le nere nuvole cariche di pioggia, che andranno a scaricarsi altrove, lasciando trapelare gli ultimi raggi di sole di una giornata calda, ma non opprimente; niente lavata per questa volta.
Prima di abbandonarmi al piacere di un’ottima zuppa valdostana e di una buona birra, naturalmente Ichnusa, passo alla fontana, ad immergere i piedi e la mia caviglia nell’acqua gelata. Un vero toccasana per riattivare la circolazione e disinfiammare. 
Pare scontato dirlo, ma per andare in montagna bisogna camminare, abituarsi al peso dello zaino e alle salite. Per quanto la bicicletta sia allenante come fiato e a livello cardiovascolare, mi rendo conto che a livello muscolare non serve a molto. La muscolatura impegnata è diversa, le contrazioni eccentriche dei quadricipiti in discesa, sono quelle che mi regalano il giorno dopo un bel dolore e una camminata modello Fantozzi.
Sono felice; serviva proprio un po’ di montagna, per tastare il proprio limite attuale, per togliere un po’ di ruggine, per tornare a tastare un po’ di roccia, per ritrovarsi!



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