sabato 30 marzo 2019

Bici Bdc 3Valli ValGrande Valle di Viù e Valle di Susa(To) 30 Marzo 2019


Video 3Valli 2019

"Le idee limitano l'azione. C'è sicurezza nel campo delle idee, ma non nell'azione: cosicchè l'azione è stata subordinata all'idea.." (J.K)

Dalle note dell'OrcoPinoR

Nell'incipit, le parole di J.K. del 1958, oggi, forse, sono state rivoluzionate dalle nuove tecnologie.
L'idea di questo Tour nasce, di fatto, grazie ai nuovi strumenti WEB User-Friendly ed in particolare con le applicazioni che permettono di disegnare, per la Bdc,  percorsi ma sopratutto sogni.

E le le idee diventano azioni

In questo occasione ho usato come strumento Strava, un software utilizzato dagli sportivi come servizio per il tracciamento GPS delle attività, con la possibilità di condivisione delle stesse. A tutti gli effetti un Social-NetWork dove si interagisce e ci si sfida tutti insieme appassionatamente.

Il percorso:
- Partenza da Caselette
- La Cassa, Fiano, Lanzo
- Salita a S.Ignazio
- Chiaves
- Salita Passo della Croce
- Ceres, Pessinetto, Viù
- Salita Colle del Lys
- Almese, Caselette


Per 105km 2100D+ circa

Meteo decisamente primaverile, e non sai mai come vestirti. Si passa dai 7° del mattino ai 20° del mezzodì. Ciclisti, quindi, chi in versione invernale, chi in versione estiva e chi raffreddati dai malanni di stagione.
Tre le salite interessanti di questo Tour tra le Valli; Val Grande, Valle di Viu, Valle di Susa.
La prima l'arcigna salita a S.Ignazio che partendo la Lanzo porta in cima al monastero del 1600  di S.Ignazio de Loyola in 5km e 600D+. Occhio alla rampa finale SpakkaGamba.

Si prosegue sulla cresta spartiacque tra la Valle di Lanzo e il Canavese fin ad arrivare all'abitato di Chiaves(To). Da qui in circa 2km si raggiunge il Passo della Croce.
                                               Passo della Croce

Dal Passo della Croce, un piccolo nastro d'asfalto maltenuto, si precipita a Ceres(To). I panorami sono mozzafiato sulla Val D'ala a sinistra e sulla Val Grande a destra. Freni tirati per via delle pendenze al 16-17%. Da Ceres inforchiamo la SP1 che ci porta, dopo Trave, tra Mangia&Bevi&Crepa al bivio per la Valle di Viù.
Infine la salita classica al Colle S.Giovanni e al Colle del Lys che vedrà anche quest'anno il passaggio del Giro D'Italia il 24 Maggio 2019.

Trail Autogestito dei Principi - Avigliana(To) 30 Marzo 2019

Foto Trail Autgestito dei Principi 2019

Edizione 2012

Dal racconto dell' OrcoWolf

Come sottotitolo avremmo potuto mettere "come passare una bella mattinata di sport in compagnia", ma andiamo con ordine.
Il ritrovo era previsto al parcheggio del Lago Piccolo di Avigliana, e puntualissimi ci ritroviamo in una decina di Orchi; l'itinerario scelto per questo trail autogestito è il sentiero dei Principi, una tracciato che collega il Lago Piccolo alla Mortera della Sacra di San Michele….devo confessare che ne avevo già sentito parlare, ma non mi era mai capitato di percorrerlo.
La prima parte del nostro giro ci ha visto prima costeggiare il Lago Piccolo e successivamente il Lago Grande fino alla salita del sentiero,  iniziata in prossimità di una storica e, mi dicono, ottima panetteria (pare valga la pena fare qualche km in più per venire ad assaporare il loro pane)...culmine della nostra escursione la zona detta "Mortera"; dopo una breve sosta alla fontana inizia la discesa, fino al nostro punto di partenza incrociando la strada che sale alla Sacra di San Michele.
Per me è stata una bellissima sorpresa: il tracciato è molto bello e spettacolare, seppur in alcuni tratti impegnativo, ma merita di essere percorso per gli scorci che improvvisamente si aprono e lasciano la vista sui laghi…il tutto a pochi km da casa.
Alla fine, come promesso, ci portiamo a casa una bella uscita da 15 km.
Infine una nota a margine: si  è trattato di un trail autogestito proprio in tutto,  alla fine abbiamo anche avuto un rinfresco finale con te e biscotti!


mercoledì 27 marzo 2019

Bici Bdc Lanzo-Chiaves-Coiro-Rocca Canavese-Venaria Reale(To) 27 Marzo 2019


Dalle note dell'OrcoPinoR
Tour nelle PreAlpi Graie Canavesane, con un tracciato disegnato sul Social Strava. La stesura su quest'applicazione, credo sia al momento il miglior strumento per chi voglia scoprire nuovi percorsi. Ho trovato, nella funzione HeatMap, un'opzione utile. A vederlo bene il percorso pare una clessidra dove tempo e fatica viaggiano insieme.

Il percorso:
- Partenza da Caselette
- Fiano, Lanzo
- Salita a S.Ignazio
- Chiaves
- Vietti, Coiro, Rocca Canavese, Nole, Robassomero
- Venaria Reale, Pianezza

per 105km 1600D+circa


Sci Alpinismo Punta Galisia da Thumel . Valle di Rhemes(Ao) 25 marzo 2019

Foto Sci Alpinismo Punta Galisia 2019

Dal racconto dell'OgreDoctor

Punto la sveglia alle 4.45 del mattino. Il viaggio è lungo per arrivare a Thumel al fondo della valle di Rhemes, una splendida valle nel parco del Gran Paradiso, meta rinomata per gli scialpinisti. Le cime sono famosissime: l’Entrelor, la Galisia, la Calabre, la Granta Parey e la difficile Tasantaleina, per citarne alcune. C’è solo l’imbarazzo della scelta.
Questa volta ci dirigiamo sulla Punta Galisia, un 3346 dato come BSA, per il tragitto sui pendi alti, che si snoda sul ghiacciaio, molto crepacciato, di Lavassey.
Ma riavvolgiamo l’orologio e torniamo alla sveglia. Davanti casa alle 5.30 ci sono Fabio, mio cognato, OrcoCamola, Germano e OrcoSherpaMazzinga, come da copione, costantemente in ritardo. Stipiamo il carico dell’attrezzatura alla bella e meglio e riempiamo una macchina, cosa buona e giusta, visti i costi di autostrada per arrivare a destinazione.
Arrivati a Thumel, l’aria fresca del mattino si fa subito sentire. Le temperature sono sensibilmente più basse dei giorni precedenti, come da previsioni.
Normalmente questa gita, che ha uno sviluppo chilometrico di ben 22 km, si affronta spezzandola in due giornate, dormendo al rifugio Benevolo, o al Rifuge de Fond leggermente più in alto.
Abbiamo a disposizione solo questo lunedì e quindi da Orchi pazzi e temerari, quali siano, decidiamo di fare tutto in giornata.
 Arriviamo al Benevolo dopo una serie di “gava e buta” degli sci per la scarsità dell’innevamento e per il pendio assai poco sciabile, in particolare nella prima parte.
Da quota 2280 la neve è, invece, continua. Il percorso dopo il Benevolo attraversa la gorgia di un torrente, che in discesa ci costringerà a ripellare per risalire il pendio e riguadagnare il rifugio.
Per la cronaca il rifugio è pieno di ospiti, che si fermano anche per la notte, la maggior parte dei quali parla idiomi non nostrani.
D’altra parte in una stagione così strana e povera di neve, vige il “carpe diem” e si devono sfruttare le condizioni di innevamento attuali, che non rimarranno, così, ancora a lungo. Nella seconda settimana di aprile è prevista nuovamente neve anche a quote basse. Speriamo bene. I corsi d’acqua sono così secchi che quest’anno vedremo l’acqua razionata anche in Piemonte, cosa impensabile fino a qualche tempo fa.
Ci manteniamo alti per non perdere quota e con lunghi traversi arriviamo al tanto temuto Ghiacciaio di Lavassey, che presenta una copertura uniforme, senza crepacci aperti, in vista. Seguiamo comunque una traccia netta che ci fa guadagnare rapidamente quota.
L’altimetro segna 3150 metri, 200 metri di dislivello scarsi ci separano dal caratteristico grosso ometto che segna la cima; siamo a questo punto avvolti da una fitta nuvolaglia che, a tratti, nasconde anche il tragitto di discesa. La temuta perturbazione sulle alpi di confine è arrivata con un po’ di anticipo. Saggiamente rinunciamo alla cima che, però, moralmente sentiamo di aver conquistato e invertiamo la rotta. La scelta si rivela corretta. Le condizioni meteo sono in progressivo peggioramento e il vento si rafforza. La Punta Galisia rimane celata per il resto della giornata. Nessun rimpianto, dunque, la sicurezza prima di tutto.
OrcoSherpaMazzinga, comunque, realizza la prima scialpinistica assoluta con il collare!
Sono le 20.00 quando finalmente siamo di nuovo nel piazzale antistante casa e ci salutiamo stanchi, ma contenti per la bella giornata appena trascorsa.
La gita è stata lunga e impegnativa più per l’impegno fisico che tecnico. Le difficoltà, a dispetto della classificazione BSA, sono state, tutto sommato, contenute, con il ghiacciaio in condizioni ottimali e gran parte delle energie, sono state spese per spingere in discesa sui tratti semi pianeggianti e per il portage in discesa alle macchine.
Ho dolori in ordine sparso e so che domani la fatica si farà sentire ancora di più, ma non mi importa; quel che conta è poter continuare a scorrazzare per i monti, in tutti i modi possibili. Prendo coscienza del mio limite attuale, ma mi considero fortunato e privilegiato per riuscire ancora a spingermi in questi luoghi e così in alto.
Noi non siamo più ora la forza che nei giorni lontani muoveva la terra e il cielo: noi siamo ciò che siamo, un'uguale tempra di eroici cuori infiacchiti dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà di combattere, cercare, trovare e non cedere mai. (Alfred Tennyson)
W gli Orchi e W la Montagna

martedì 26 marzo 2019

Sunset Running Race Prato Nevoso(Cn) 23 Marzo 2019


Foto Sunset Running Race 2019
Classifica Sunset Running Race 2019
Sito Sunset Running Race

Edizione 2014

Dal racconto dell'Orco730

Dopo un lungo periodo lontana dalle competizioni, ho partecipato alla Sunset Running Race di Prato Nevoso.
E’ una gara di corsa in montagna su neve, giunta alla 9’ edizione, ben organizzata e con un ricco pacco gara.
Il percorso è di 10 km scarsi e di 500 mt D+ ed è interamente tracciato sulle piste da sci.
 Si parte alle 17,30 di un sabato di fine marzo dalla conca di Prato Nevoso e si affronta subito un ‘muro’, dopodiché si imbocca una stradina che rimane a lungo affacciata sul bel panorama della valle.
Una volta raggiunto il rifugio Balma, inizia la discesa per ritornare alla conca e i runners vi si buttano a tutta velocità, approfittando della neve morbida.

Avevo già partecipato alla gara nelle edizioni del 2012 e del 2014, per cui ero consapevole di dover affrontare una corsa veloce e muscolarmente impegnativa, ma a differenza degli anni precedenti ho vissuto un’atmosfera completamente diversa.
Di quelle edizioni ricordo 3 particolari: neve, freddo e buio.
Invece l’edizione 2019 è stata caratterizzata dall’insolita alta temperatura che ha sciolto la neve su circa 2,5 km del percorso e dalla scelta dell’abbigliamento praticamente estivo da parte dei partecipanti, almeno di quelli più veloci. Anche la frontale, elencata tra il materiale obbligatorio, non è stata assolutamente necessaria. L’atmosfera da presepe ha ceduto il passo ad una caldissima giornata di primavera, ma il divertimento è stato comunque assicurato.
La compagnia di altri 3 Orchi, OrcoCamola, OrcoGreg e OrcoGianni, ha permesso di concludere degnamente la serata in pizzeria.
W gli Orchi!!!

sabato 16 marzo 2019

Bici Bdc Colle Braida & Borgata Verna . Prestigio Valsusino (To) 16 Marzo 2019


Video Bdc Colle Braida & Borgata Verna
Foto Bdc Colle Braida & Borgata Verna
Sito Prestigio Valsusino 2019

Dalle note dell'OrcoPinoR

Settimane secche e ventose, nel Nord-Ovest del Piemonte.
Il mattino un po' di tregua e la sera si lavora per ancorare le case al terreno per non farle volar via.
Il Clima della Grande Madre è decisamente impazzito.
Un milione di studenti in Italia e tanti altri in tutta Europa. Venerdì 15 Marzo 2019, hanno manifestato per sensibilizzare gli adulti sul caldissimo tema del cambiamento climatico del pianeta. Causa: le emissioni nocive in atmosfera dell'HOMO SAPIENS.
Quindi, con questo ventaccio, meglio evitare con le specialissime,  le vallate esposte al vento. Dunque a tutta salita, si grimpa a volontà.
Oggi la scelta cade su due punti fermi del Prestigio Valsusino 2019: Colle Braida e Borgata Verna

I freddi numeri

- Partenza da Caselette ore 7.45
- Almese, Villardora, S.Ambrogio di Susa,
- Avigliana
- Colle Braida
- Giaveno
- Colletta di Cumiana
- Borgata Verna e discesa su Cumiana
- Piossasco, Bruino, Sangano, Rivoli
- Rientro a Caselette ore 12.30
Per un Totale di 80km 1600D+

Ben conosciuta dai Cacciatori di Colli la salita del Colle Braida, mentre molti di noi non hanno mai messo piede a Borgata Verna. Una salita ritenuta, minore.
Disegno il tracciato con le funzioni di STRAVA con il dubbio che da Borgata Verna il manto stradale per scendere diretti sul comune di Cumiana sia interrotto. STRAVA mi assicura che sono passati dei ciclisti ma non interpreta la differenza tra mtb e bdc.
Salita al Colle Braida fatta in difesa, mentre per Borgata Verna spariamo le ultime cartucce.
La discesa per Cumiana, circa 9km, si rivela con un buon manto stradale asfaltato. Siamo in pieno Parco del Monte Freidour.
Rientro veloce, a casa, dalla direttisima di borgata Allivellatori per Piossasco, Bruino, Sangano, Villarbasse e Rivoli

Sci Alpinismo Cima del Carro da Chiapili di Sopra - Ceresole Reale(To) 16 Marzo 2019

Foto Sci Alpinismo Cima del Carro

Dal racconto dell'OgreDoctor

Nell’ultima settima ho avuto modo di vedere il film FreeSolo di Alex Honnold. Per chi non conoscesse l’argomento, si tratta di un documentario vincitore di un Oscar, girato dal Natural Geografic, sull’impresa sensazionale di Honnold.
Il Free Solo è l'arrampicata solitaria senza assicurazione, una forma di arrampicata dove l'arrampicatore rinuncia a corde, imbragatura e qualsiasi altra protezione durante la scalata: ciò significa che un errore è spesso fatale. Il free solo non va confuso con l'arrampicata free climbing, dove le protezioni vengono usate, ma solo a fini di sicurezza e non per agevolare l'ascesa, e nemmeno con il bouldering dove i rischi sono assai limitati.
Detto ciò il 4 giugno 2017 Alex Honnold è il primo al mondo a salire su El Capitan la via Freerider (7c) nella Yosemite Valley e percorrere i 900 metri in 3h:56.
Non era la prima volta e di Honnold si parla ormai da anni: nel 2008 realizzò la sua ascesa probabilmente più famosa, scalando slegato la parete nord-ovest dello Half Dome, sempre nel Parco nazionale di Yosemite.
Tommy Caldweel, un altro noto arrampicatore, amico di Honnold ha paragonato l’impresa a El Capitan allo sbarco dell’uomo sulla luna, ovviamente considerando il balzo in avanti dei limiti umani nel campo dell’arrampicata.
Del tutto di recente, un’altra impresa ha catalizzato l’attenzione del pubblico. Il 24 febbraio si sono persi i contatti con due altri famosissimi e fortissimi scalatori, Daniele Nardi e Tom Ballard. I loro corpi saranno poi avvistati qualche giorno più tardi. Sono morti in Pakistan dove stavano cercando di scalare il Nanga Parbat passando dallo sperone del Mummery lungo la parete Diamir, una via difficilissima mai salita in invernale, su quella che ormai viene chiamata la montagna assassina. Un’impresa al limite del possibile.
Nardi al pari di Honnold non è sicuramente uno sprovveduto e prima di tentare il Nanga aveva salito alcuni degli 8000 più difficili della terra.
Il circo mediatico e molti autorevoli alpinisti hanno aspramente criticato il tentativo di Daniele Nardi, definendolo senza mezzi termini un suicidio o una stupidità.
In un’intervista alle Iene lui stesso aveva detto che gli sarebbe piaciuto essere ricordato come un ragazzo che aveva tentato qualcosa di impossibile.
Honnold e Nardi sono due facce della stessa medaglia: abbiamo salutato il primo come un eroe e il secondo con un folle. L’unica differenza fra le due imprese, in definitiva, è che la prima è riuscita e ha fatto fare un balzo stratosferico all’arrampicata e ai limiti fino a quel momento conosciuti dando gloria imperitura al protagonista, la seconda no. Questo non significa che prima o poi qualcuno non ci riprovi e anche lo Sperone Mummery finisca per cedere.  In quel momento saremo tutti pronti a osannare lo scalatore come un eroe.
Forse non è giusto criticare o cercare di catalogare imprese che non possono essere catalogate per definizione e nemmeno imporre dei limiti a persone capaci di sfidare e infrangere quelli che fino a quel momento sono considerati i limiti umani, in particolare in campo alpinistico, una delle massime espressioni di libertà dell’uomo.
Gli Honnold, i Caldwell, gli Edlinger, solo per citarne alcuni, sono figure di riferimento anche per noi onesti faticatori della domenica.
Nel nostro piccolo, anche noi, sfidiamo i limiti e cerchiamo di elevarci ad un livello più alto competendo con noi stessi e lottando con la nostra pigrizia mentale e fisica che ci consiglierebbe di stare sul divano e praticare sport guardando la Domenica Sportiva.
Ognuno di noi cercare di dare il meglio, sottraendo tempo e spazio al resto della quotidianità, pur non avendo tre anni da dedicare alla preparazione di una scalata in Yosemite. È già molto se si riesce in settimana a riservarsi uno spazio per correre, andare in bici o allenarsi in montagna.
La preparazione di una gita è la fase più importante.
Si cerca un percorso che ci soddisfi sia dal punto di vista ambientale che per la difficoltà tecnica per avere, come si suol dire, un po’ di ingaggio. Poi si valuta la reale fattibilità incrociando distanze, quota, attrezzatura necessaria, tempo a disposizione, preparazione fisico/tecnica e condizioni meteo.
Infine si cerca di valutare le capacità reali dei partecipanti, regolandosi, per essere sicuri di riuscire nell’intento, sul membro del gruppo meno preparato o più lento.
Poi si passa all’azione.
Per la sesta gita sci alpinistica, scegliamo qualcosa di più impegnativo: la Cima del Carro da Chiapili di Sopra, che Guliver da come BSA. Si parte presto per cercare di avere una neve non troppo sfatta nelle ore più calde.
I 1600 metri di dislivello per arrivare ai 3200 e rotti della cima, ci fanno e a ragione pensare che la salita sarà lunga (impiegheremo 5 ore esatte).
Con gli occhi spalancati e i sensi ben aperti saliamo nel vallone del Carro. Gli sci si calzano subito dopo il ponte e l’esile strato di neve rimasto ci consente di fare pochissimo portage. Il vento ha lavorato parecchio la neve nella settimana precedente, ma oggi non dà fastidio, manifestandosi solo con qualche folata.
Un primo salto su neve dura ci porta su un piano sotto la costiera dell’Uja di Niel, da qui con un lungo spostamento in falso piano arriviamo ad un altro bel salto ripido. Da questo punto contiamo circa 30 inversioni, prima di arrivare ai piani sommitali. Con una virata a sinistra siamo subito sotto la vetta. Calzati i ramponi, forse nemmeno necessari, per “facili roccette” in cima.
La vista spazia dalla vicina Grande Auguille Rousse, alle Levanne e più lontano fino al Bianco e agli Ecrins.
La discesa, fatta eccezione di un piccolo tratto più in basso, dove la neve crostosa mi fa fare una capovolta, per fortuna senza conseguenze, è fantastica. Con le gambe distrutte, siamo infine nuovamente al ponte.
Di corsa a casa, senza merenda questa volta. Siamo attesi alla festa di mio nipote e di mio cognato Fabio, che oggi ha festeggiato il suo 45esimo compleanno con un bellissimo regalo; siamo in ritardo sulla tabella di marcia di quasi un’ora.
Alla fine, l’idea di venire comunque a provare la salita a dispetto delle previsioni meteo incerte e del bollettino neve che dava un rischio 3 (marcato) è risultata vincente. Non abbiamo visto distacchi significativi, né sentito assestamenti del manto nevoso che si presentava compatto e uniforme, quantomeno dai 2000 metri in su.
W Gli Orchi e W la Montagna

lunedì 11 marzo 2019

Sci Alpinismo Rocca Bianca da Chiapili di Sopra - Ceresole Reale(To) 9 Marzo 2019

foto Sci Alpinismo Rocca Bianca da Chiapili di Sopra

Dal racconto dell'OgreDoctor

Pericolo valanghe 2: Gli accumuli di neoformazione sono sollecitabili già al passaggio del singolo escursionista; si raccomanda quindi di prestare attenzione in prossimità di creste e colli e in generale a tutte le zone sottovento dove si possono essere formati lastroni soffici. Saranno ancora possibili distacchi spontanei dai pendii più ripidi con formazione di valanghe di medie dimensioni sulle zone di confine occidentali e meridionali.
Mumble…Mumble…Alpi Graie, Ceresole Reale, confine occidentale. Gasp! Noi andiamo proprio li. Ci sarà da stare con gli occhi ben aperti.
Il problema è il vento previsto da N-NW e forte, giusto nella direzione di salita.
Rapido giro di WhatsApp e scartiamo da subito l’ipotesi di fare il Carro, per i 1500 metri di dislivello e per non metterci troppo nei pasticci da soli, per fare qualcosa di più tranquillo.
Si parte alla volta della Rocca Bianca, uno sperone di roccia, sotto il muro della Basei e della Punta Galisia, che guarda nello specchio d’acqua del lago dell’Agnello e del Serrù, oggi coperti da un manto uniforme di neve candida.
D’estate sarebbe un rilievo che non riserva alcuna attrattiva particolare a cui si perviene portando la macchina alla Madonna della Neve, splendida chiesetta, che dal promontorio guarda il fondo valle e il lago di Ceresole, 300 metri sotto la quota della nostra meta, collocata a quota 2700.
La bellezza dello sci alpinismo è proprio questa: arrivare in luoghi che in estate non prenderesti nemmeno in considerazione o che senza la neve a rendere uniforme il pendio risulterebbero difficili da salire o addirittura pericolosi. Lasciare la propria firma sul manto ancora incontaminato non ha prezzo, sia salendo a zig zig su ripidi pendii, sia scendendo pennellando serpentine (su questo ci stiamo ancora lavorando!).
L’anno passato venire in questo vallone a ciaspolare o a sciare nel mese di marzo era semplicemente impensabile. Il manto nevoso era più alto di circa 1 metro e le prime gite datano maggio inoltrato. Salvo sorprese e colpi di coda dell’inverno, quest’anno a maggio si andrà già per prati o a cercare di pestare la prima neve a quote ben più alte dei 1700 metri ai quali la sbarra di Chiapili di Sopra obbliga, oggi, i gitanti a mollare il mezzo meccanico e a indossare chi le ciaspole e chi gli sci.
Al parcheggio lato strada ci sono un’infinità di mezzi. È il soccorso alpino con la sua divisa rossa e gialla, che con moltissimi dei suoi effettivi, probabilmente di queste valli (nel gruppo riconosciamo la Raffaella Miravalle), si appresta a fare esercitazione ARTVA e ricerca sepolto. Due di loro infatti partono veloci, per primi, con un manichino alla volta del vallone del Carro, seguiti dalla truppa, attardata, per non vedere dove verrà nascosto il sepolto.
Le esercitazioni ARTVA dovrebbero far parte del nostro bagaglio normale di sci alpinisti dedicando almeno qualche uscita a inizio stagione per rinfrescare le nozioni per alcuni apprese nei corsi CAI, per altri leggiucchiate magari sui libri o sul manuale del proprio ARTVA e mai provate sul campo.
Nella Legge regionale 7 febbraio 2017, n. 1. “Revisione della disciplina regionale in materia di sicurezza nella pratica degli sport montani invernali ed estivi e disciplina delle attività di volo in zone di montagna. Modifiche della legge regionale 26 gennaio 2009, n. 2.” all’articolo 30. (Sci fuori pista) si legge:
1. I gestori delle piste da sci, le pubbliche amministrazioni locali e la Regione non sono in alcun modo responsabili degli incidenti che possono verificarsi al di fuori delle piste da sci –omisis - anche se accaduti su percorsi fuori pista serviti dagli impianti di risalita, né degli incidenti che possono verificarsi sui percorsi di cui –omisis.
2. I soggetti che praticano lo sci alpinismo, lo sci fuori pista e le attività escursionistiche, in ambienti innevati, anche mediante le racchette da neve, al di fuori delle piste e aree, –omisis - di eventuali percorsi individuati e segnalati dai comuni, lo fanno a proprio rischio e pericolo. I medesimi soggetti sono tenuti ad attenersi scrupolosamente alle informazioni che vengono diffuse da enti pubblici o da altri soggetti autorizzati a fornirle ufficialmente, relativamente ai rischi legati allo svolgimento di tale attività e a munirsi laddove, per condizioni climatiche e della neve, sussistono evidenti rischi di valanghe, di appositi sistemi elettronici di segnalazione e ricerca, pala, sonda da neve per garantire un idoneo intervento di soccorso.
Questo articolo ci chiarisce due aspetti fondamentali che chi pratica le attività invernali deve necessariamente conoscere. Il primo è che gli impianti di risalita non sono responsabili di alcun incidente che capiti al di fuori delle piste servite dagli impianti di risalita, vale a dire che l’assicurazione che facciamo all’atto dell’acquisto dello sky pass ci copre unicamente per incidenti che avvengono all’interno del comprensorio sciistico, che non include lo sci fuori pista, probabilmente fatto in autonomia senza avvalersi della figura di un maestro autorizzato.
Il secondo aspetto, di sicuro interesse per lo sci alpinista e il ciasplolatore, che frequentano sicuramente ambienti dove possono esistere pericoli oggettivi di valanga è obbligato (sinonimo di è tenuto) a munirsi di ARTVA, pala e sonda, ma con una discrezionalità personale nel decidere dove sussistano o meno le condizioni evidenti di rischio! Obbligato ma con possibilità di scelta?! Le solite incongruenze delle nostre leggi che lasciano ampi spazi alle interpretazioni.
Salendo alla Rocca Bianca poco dopo le baite dell’Alpe del Serrù, che lasciamo sulla sinistra, dobbiamo risalire un canale ripido con delle cornici aggettanti sul promontorio roccioso proprio sopra la nostra testa.
Vediamo una traccia già disegnata da chi ci ha preceduto e procediamo impegnando il canale mantenendo una buona distanza fra di noi e procedendo più spediti che si può.
In cima al canale incontriamo gli altri 4 scialpinisti di ritorno dalla cima. In totale saremo in 9 a queste quote in questa giornata ventosa.
Ancora qualche leggero strappo in salita e arriviamo in cima ad un colletto a pochi metri di distanza dal risalto roccioso che guarda il pendio sottostante, interamente coperto di neve immacolata e che è la vera punta.

Non vale la pena rischiare di finire di sotto per toccare la vera cima, camminando su neve di cui non si conosce la coesione e lo spessore. Ci accontentiamo di una bella foto e battezziamo il punto dove ci troviamo come vera cima. Del resto anche chi ci ha preceduto ha fatto la medesima saggia scelta.
In discesa fatichiamo per la neve gessosa che frena la nostra sciata, ma il caldo su questi pendi rivolti a sud ha inesorabilmente guastato la neve.
Dopo qualche “gava e buta” arriviamo sulla strada del Nivolet ormai priva, anche del sottile strato di neve, che al mattino ci aveva consentito di mettere gli sci sin dalla macchina.
Una tappa al Ristorante La Cascata a Noasca è d’obbligo per gustare un Tagliere Reale e una buona birra e sancire la fine di un’altra bellissima gita.

W Gli Orchi e W la Montagna


martedì 5 marzo 2019

Cross Reale -.Venaria(To) 3 Marzo 2019

Classifica Cross Reale 2019
Foto Cross Reale 2019

Dal racconto dell'OrcoSelena

Terza gara dell’anno per me, fa un caldo anomalo e mi sembra già passata una vita dal primo cross del 2019, corso con i piedi nella neve.
Assicuro il pettorale alla maglietta, poi appoggio un piede sul muretto per stringere meglio i lacci di una scarpa. OrcoGianni mi chiede se sono preparata.
Alzo lo sguardo. E’ una gara nazionale e per essere un cross è più affollato del solito, ma io sono rilassata, tant’è che realizzo di aver persino dimenticato il GPS. Sono lì per riprendere a correre, per allenarmi e per vedere come va. “Non troppo preparata”, rispondo a OrcoGianni, sorridendo.

Al via stavolta parto un po' più avanti “che tanto poi quei metri non li recupero più” penso.
Sono di buon’umore anche se mi rimbalza in mente il tempo irraggiungibile del mio primissimo cross.
Un rettilineo, poi una curva a sinistra, una discesa e una risalita ripida. Non sto andando male.
Ho in mente di raggiungere i primi due chilometri il prima possibile “tanto a quel punto sarò a metà” quel magico momento in cui avanzare è ufficialmente più conveniente che tornare indietro.

Ai lati del percorso c’è molto tifo oggi. Immagino di chiamarmi Anna, poi Martina, poi Fede…infondo l’energia è nell’aria e me ne prendo un po'.
A sensazione e da qualche albero già visto, capisco di essere a metà gara. Ma ultimamente succede qualcosa nella mia mente, verso il finale mi sento stanca. “Non sei abbastanza allenata, hai le gambe, ma non hai il fiato, una volta eri più veloce.”
Mi superano un paio di ragazze. “E poi chi te lo fa fare di soffrire, hai già avuto una pessima settimana.”
Mi supera anche una signora. “Lo vedi? Stai rallentando”.
Mi accorgo che sto guardando per terra da un po' e decido di rialzare lo sguardo. All’improvviso esco dalla mia mente e torno lì, nel parco, penultima curva prima del finale. Voglio dimostrarmi che un’idea è solo un’idea e che ha torto, non sto rallentando. Anzi, ora allungo il passo.
Qualcuno urla “Forza, vai!!!” Stavolta sento proprio il mio, di nome. Ai lati del percorso ci sono OrcoCamola e OrcoGianni che tifano per me. Mancano 200 metri e io supero tre, quattro, cinque persone.
E’ finita e sono felice. Non so quanto ci ho messo, ma so che è andata bene per me. Perché per cambiare basta una piccola idea positiva a cui ancorarsi.

E alla prossima gara, dopo la prima metà, penserò a quella volta che non ho rallentato.

OrcoSelena per OrcoJoack e tutti gli amici.

domenica 3 marzo 2019

Sci Alpinismo Costa del Becco (2765 slm) Bardonecchia(To) 2 Marzo 2019

Foto Scialpinismo Costa del Becco 2019

Dal racconto dell’OgreDoctor

Trio inedito per la terza gita in una settimana: OrcoCamola, OgreDoctor e Germano, fratello di OrcoJoack. Mi recuperano ancora assonnato alle 7.00 del mattino e inauguriamo il Qubo di OrcoCamola rosso fiammante.
Arriviamo a Rochemolles sopra Bardonecchia e lasciamo la macchina al ponte antistante il paese nel parcheggio già ingombro di vetture, verosimilmente di altri scialpinisti.
È un inverno davvero anomalo. Normalmente in questa stagione Rochemolles e la strada per arrivarci sono imbiancate e la quantità di neve depositata sui pendi alti verso il Passo della Roccia Verde è notevole. Oggi si vedono le cime poco più che spolverate da quella che sembra una piccola nevicata del giorno prima.
Salendo, prima di arrivare al ponte vediamo il disastro provocato dalla valanga che l’anno scorso il 5 gennaio ha sfiorato le abitazioni, finendo la sua discesa dal Gran Vallone a circa 700 metri dalle case: in molti hanno ripensato alla tragedia del 1961, quando a causa di una slavina morirono 4 persone nella frazione di Bardonecchia, con 18 case distrutte e 30 abitazioni danneggiate, compreso il cimitero.
Ci sono una marea di alberi abbattuti, che ricoprono il fondo valle e intasano il torrente, subito prima di arrivare alle prima case del paese dove svetta solitario il campanile della chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo. Questa chiesetta a navata unica con il coro e una cappella laterale impostati sulla fiancata meridionale e conclusa da un presbiterio, è citata dai documenti già nel 1296, ma la sua struttura attuale è frutto di una riedificazione completa realizzata tra il 1452 e il 1456. Il campanile, curiosamente "mozzo", era originariamente edificato in stile romanico, ma una valanga caduta sul paese nel 1749 ne asportò completamente le guglie, che non furono più ricostruite.
Ma di valanghe oggi, nemmeno l’idea, per fortuna.
Messi gli sci ai piedi dopo le prime curve della strada che conduce al Rifugio Scarfiotti, arriviamo al Ponte Almiane, da cui comincia la nostra ascesa sui pendi sovrastanti.
Ero già stato in questo vallone per andare sulla Punta d’Almiane, ma passando sul letto del torrente e rimanendo all’interno del vallone, così come descritto nella traccia di Gulliver. Oggi invece saliamo sulla sinistra, verso le grange Jalet (2129) e dirigendoci direttamente verso la costa rocciosa sulla destra orografica della valle.
Fatico come di consueto a domare gli sci sulla neve un po’ più dura e così decido di mettere i rampant. Saliamo abbastanza spediti su un pendio sostenuto, ma sostanzialmente primo di pericoli oggettivi. Conto almeno una ventina di altri sciatori sul percorso.
Ci accompagna un sole un po’ livido, ma non fa freddo e il temuto vento non fa male. Sopra il manto vecchio e duro è depositato uno straterello (non più di 2 cm) di neve fresca appena caduta, ma sufficiente a non farci perdere le otturazioni dei denti e farci godere una discesa più che soddisfacente.
Alle 13 siamo nuovamente alla macchina, accompagnati dalla musica, che il cellulare gracchiante di Germano spande nell’aere.
Concludiamo la nostra gita al Rosy Bar di Oulx, dove Germano e la GSA (Gruppo di Scialpinismo del CAI UGET) sovente si fermano dopo le gite da queste parti e che, sia per la qualità della birra (una buona Leffe) che dei panini, aggiungo con piacere all’elenco, già nutrito, delle taverne post-gita.
W gli Orchi e W la montagna
P.S. Qual è il significato del raccontare? Perché fare un report delle proprie gite? È una domanda che da quando abbiamo istituito il nostro blog, mi pongo sovente.
Vincere il premio alla fine dell’anno per il miglior racconto? Credo proprio di no, anzi il premio è stato istituito proprio per invogliare le persone a scrivere. Ad alcuni di noi viene più facile, ad altri la penna è un po’ più ostica, ma non credo che chi scrive lo faccia per essere ammirato per le imprese o per essere invidiato per la proprio bravura e chi legge lo faccia per criticare lo stile o il lessico del racconto.
Il Blog ci tiene uniti, è la nostra identità di gruppo, fatta di molteplici. e variegate anime che si esprimono con la corsa, in bici, in montagna sia in versione invernale che estiva e che attraverso il racconto delle proprie esperienze condividono sé stessi in un modo molto più ricco di un banale inoltro di istantanee e di selfie su un social, trasmettendo energia positiva e voglia di fare anche agli altri.
Lo è stato per me, nei momenti più difficili, forse lasciati alle spalle.
Leggervi attivi su tutti i terreni di gioco è stato un sprone fortissimo a rimettermi in gioco, a non cedere allo scoraggiamento e rassegnarmi alla senescenza.