mercoledì 19 settembre 2018

Alpinismo -Becco Meridionale della Tribolazione - Via Malvassora - Locana(To) 15 Settembre 2018

Foto Alpinismo -Becco Meridionale della Tribolazione 2018

Dal racconto dell'OgreDoctor
Dal libro dei sogni estraggo questa pagina: Malvassora, una bella via sul Becco Meridionale della Tribolazione. È un po’ che ci penso e memore del consiglio di un ragazzo del posto, mi dico che settembre è il mese ideale per questa ascensione.
A luglio il primo tentativo rimase incompiuto. Lo scarso allenamento e il maltempo non ci consentirono di continuare nella salita una volta giunti alla base dello zoccolo e mestamente decidemmo di tornare a casa.
Anche questa volta le premesse sono dubbiose, ma confidenti nell’assenza di precipitazioni decidiamo di partire venerdì sera e di salire al Becco di sabato.
Era molto tempo che non camminavo in montagna sotto un esile falce di luna; ora quello stesso percorso affrontato a luglio per salire al rifugio Pontese, mi sembra più facile; l’allenamento testardo comincia a dare qualche frutto.
Come è lontano agosto 2015: salivo a passo svelto su questo erto muro, era il secondo tentativo alla RUSM Royal Ultra Sky Marathon;il primo era finito con un ginocchio frantumato sul duro granito occhiadino e una bella sutura in ospedale. I ricordi tornano subito alla mente: lo scatto dalla diga del Teleccio, la salita al Pontese e poi la corsa per rimanere nei cancelli fino al Colle dei Becchi, la discesa infame su rocce montonate, il passaggio nel vallone di Noaschetta, la salita al colle della Porta, il lago glaciale, il colle della Terra, il Nivolet, la salita al Jervis e al colle di Niel e finalmente la discesa a Ceresole, al traguardo del Mila. Sono stanco solo a ripensarci!
Ma questa sera è un’altra storia: il ritmo è lento, lo zaino pesante, molto diverso da quelli che si usano durante i trail, ogni gesto è pensato per economizzare le forze per ciò che mi aspetta domani.
Mara, la gestrice del Pontese, con sua figlia, ci accolgono con gioia, nonostante siano le nove di sera e nel rifugio si contino pochissime persone. Il tavolo è già apparecchiato e levati i panni intrisi di sudore, mangiamo.
La sveglia è fissata per le sei, colazione alle sei e un quarto. Riordinato e ripartito il materiale, si parte alla volta del Becco!
L’avvicinamento è un “bastone”, ma più corto e meno “nodoso”, questa volta. La sfacchinata al Gran Etret ha inciso un segno positivo nei miei garretti e in “sole” due ore e mezza, quanto pronosticava la relazione di Gulliver, siamo allo zoccolo.
Il sole ci accompagna mentre procediamo in conserva con facili passi di II grado fino all’ometto “gigante” che segna l’attacco della Malvassora.
Uno sguardo in alto e l’ombra minacciosa della parete, che ci sovrasta come un tetro presagio, mi fa subito capire, che a dispetto di quel IV grado, che la relazione mi propina come difficoltà, oggi non sarà proprio una salutare passeggiata.
E così in effetti sarà; la via si rivela bella fisica, con passaggi atletici, che forse fanno pensare a qualche “excursus” non proprio sulla via e comunque non banale come poteva sembrare e come mi era stato raccontato.
Nel frattempo dopo le prime lunghezze sulla via, la nebbia ha avvolto tutto, ovattando e dilatando il tempo e lo spazio. Il Becco rimarrà per tutta l’arrampicata ben celato ai nostri occhi.
Sarà la valle, sarà il destino, ma sul quarto tiro, mentre salgo su un diedro, afferro un appiglio, dopo averlo saggiato per verificarne la tenuta. Sembra in ordine, ma quando accenno ad issarmi, l’appiglio viene via, la roccia si sfalda sotto i miei occhi e va giù di qualche metro, ma si ferma. Io no, vado giù del lasco della corda che mi tiene dall’alto e vado a sbattere contro la parete con il ginocchio, questa volta il destro. Ora entrambi sono marchiati con i segni del granito dal Vallone del Piantonetto.
Non è successo nulla, un taglietto, medicato alla bella e meglio con una benda e si riparte. Poteva essere un bilancio peggiore se quel masso non si fosse fermato a pochi metri di distanza da dove si è staccato.
Citius, Altius, Fortius! Siamo finalmente in cima, un diedro verticale e un camino ci separano dalla vetta!
Non sapevo ci fosse una croce in cima. Che strana, è piatta, addossata alla parete e quasi nascosta.
Di panorama comunque non se ne parla, solo qualche scampolo di montagne in mezzo al grigiore che
avvolge tutto ciò che ci circonda.
Sembra fatta, ma la strada è ancora lunga per tornare a casa: cinque calate sulla via Gran Finale, altre quattro sullo zoccolo e poi una bella sgroppata sulla via del ritorno al Pontese. Sono le 20.30 non si vede più un picchio!
Al buio siamo arrivati e al buio con la pallida e tremolante luce della frontale ce ne andiamo, fino alla
macchina, che solitaria ci attende alla diga del Teleccio.
Alle 24.35 chiudo le comunicazioni con il mondo nelle braccia di morfeo.
Che fatica, ma quanta soddisfazione.
Viva gli Orchi e viva la montagna.

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