domenica 26 giugno 2016

Skyrace Trofeo Chaberton Cesana Torinese(To) 26 Giugno 2016

Foto Trofeo Chaberton 2016 OnTheRace
Foto Trofeo Chaberton 2016 Tutti Gli Atleti Punta Chaberton
Foto Trofeo Chaberton 2016 Tifosi e Atleti Orchi Punta Chaberton
Classifica Trofeo Chaberton 2016
Sito Trofeo Chaberton

Edizione 2015 Trofeo Chaberton
Edizione 2010 Chaberton Marathon
Edizione 2009 Chaberton Marathon
Edizione 2008 Chaberton Marathon

Dal racconto dell'OrcoVale

Trofeo Chaberton: “La gara più bella”
E’ un susseguirsi di emozioni e meraviglia questo percorso che nessun trailer dovrebbe perdersi; è la natura nel pieno della forza, ed  i suoi colori erano oggi più vivi che mai.
Alla partenza in quel di Cesana siamo poco meno di trecento anime scalpitanti, molti già consapevoli di quello che li aspetta, altri,come me, ignari del tutto. Presente anche a questa edizione un vero habituè (Gianni Mallen ndr) che, dopo aver partecipato alla prima edizione, ha deciso di non fermarsi più…come dargli torto, giù il cappello!
L’inizio della corsa verso Fenils costeggia il torrente e mentre comincio la mia avventura percepisco solo il suo fluire insieme al rumore sordo delle suole sugli aghi di pino; siamo tutti vicini,
ordinati in fila indiana , ma silenziosi. Questo è il silenzio della concentrazione, di chi mentre corre sta valutando le proprie scelte, e cerca il miglior modo per mettere il proprio corpo nelle condizioni ideali.
Arriva una salita accettabile che in breve tempo lascia spazio alla vera pendenza che durerà fino in vetta.
C’è un momento preciso della gara in cui smetti di guardare per terra e rimani abbagliato dalla maestosità di una montagna così impopolare rispetto ad altre vette, ma talmente imponente che la consapevolezza che la percorrerai con le tue sole forze la rende speciale a priori.

Il cancello delle tre ore al colle che devo superare a tutti i costi stimola la mia andatura e,  salendo , riesco rare volte a voltarmi per godere del panorama mozzafiato. Arrivo in due ore e 40 al colle dove
mi attende un ristoro ricco e genuino; scrutando quei piccoli uomini colorati in fila che percorrono gli ultimi cinquecento metri di dislivello, spero solo di non metterci un tempo infinito. A metà
salita giro lo sguardo e il panorama è pura emozione, talmente bello che non si riesce nemmeno a descrivere. La curva Orchi non in gara (Gabriella, Stefano, Marcello, David, Enrico ), con un tifo da stadio e una carica di energia positiva, mi aiutano a raggiungere gli agognati tremilaecento, grazie Orchi siete stati inarrivabili!!
La discesa è ininterrotta e,felice come una bambina,proseguo senza fiato e con il sorriso stampato.
Degno di nota il maggiociondolo fiorito che aggiunge il suo bel giallo ad una tavolozza piena di colori.

L’ultima spettacolare sorpresa sono le magnifiche gorges di Claviere che riempiono completamente occhi ed orecchie.
Un plauso agli organizzatori ed ai volontari, che sempre disponibili e sorridenti hanno compiuto la vera impresa (grazie per l’anguria al colle e a fine gara, una vera coccola!). W gli orchi, presenti e
valorosi anche oggi.

Dal racconto dell'OrkoMekkaniko

Monte Chaberton, 26/06/2016
Ovvero, la (vera) fine di una guerra

Non si intraprende alla leggera una salita alla cima di un monte tanto erto, fortificato e tristemente noto sui libri di Storia (almeno per quelli che, i libri, hanno ancora voglia e/o tempo per aprirli): figurarsi se quella cima la si vuole raggiungere correndo in competizione con tanti altri agguerriti concorrenti, nella annuale gara podistica divenuta ormai di importanza internazionale. Chi scrive è ben conscio di non esser minimamente all'altezza di cotanto eroico sforzo, così, in questa data, si è limitato a partecipare ad una piacevolissima escursione organizzata da alcuni compagni di squadra, al fine di portare un po' di sostegno morale agli amici che, invece, quelle energie per affrontare l'impresa, le hanno spese sino all'ultimo.
Con qualsivoglia passo, è strano affrontare quella salita: a partire dal dolce digradare di quegli ameni
boschi francesi, un po' meno bistrattati di quelli nei nostri confini, troppo spesso sacrificati ad un'idea di progresso che resta tale sempre per pochi e ben poche volte porta il benessere che si affretta a promettere.

Il pendio erboso e fiorito, man mano che si sale, lascia sempre più intravedere la nuda roccia sottostante e le cicatrici inferte dagli interventi dell'Uomo: nella fattispecie gli inequivocabili segni lasciati dalle fortificazioni e dai drammatici eventi bellici.
Arrivare sulla cima ad oltre 3000 mt , piatta e brulla, impone, oltre all'ovvio sforzo polmonare e muscolare in genere, anche un gesto di umiltà nei confronti di quelle otto imponenti torri diroccate, all'ombra delle quali hanno prematuramente perso la vita quegli uomini
che, in occasione del II° Conflitto Mondiale, sono stati chiamati, loro malgrado, a difendere i “Sacri Confini”.
Uomini di ferro, che non avevano pressochè nessun tipo di tecnologia, se non quella di inizio secolo, ad affrontare tali compiti, non ultimo, quello di restare vivi, ad una quota e temperatura tutt'altro che conciliante alla vita umana o animale che fosse.
Quel vecchio soldato di pietra, addormentato da più di 70 anni, dopo la sua dismissione dal compito di sentinella d'Italia (è in territorio francese proprio dalla fine della Guerra), si è ormai abituato al silenzio delle vette, innevate o no, agli sporadici richiami degli uccelli d'alta quota, al passo dei tanti gitanti che lo percorrono durante la bella stagione, agli occasionali e rumorosi motori degli elicotteri di passaggio per il Soccorso Alpino.

Certo, non si sarebbe aspettato la serie di suoni che, in una calda e cristallina domenica di giugno, hanno pervaso le sue pendici per un paio d'ore, sino al punto di fargli credere, a quel vetusto baluardo, che la guerra fosse di nuovo cominciata.
Complici il cielo terso e le circostanti antiche cime rocciose, cui non è parso vero di poter restituire l'eco di un qualcosa di così diverso dal millenario silenzio o dal mortifero frastuono delle bombe del passato, le soavi note di una fanfara del Corpo degli Alpini hanno inizialmente allietato l'arrivo dei gitanti: ma quando si sono iniziati ad intravedere i primi eroici concorrenti della gara in arrivo la musica è cambiata radicalmente... l'aria si è riempita delle urla selvagge di quello che sembrava un gruppo dei peggiori hooligans in preda a fumi dell'alcool e frenesia da tifo sportivo.
Obbedendo tacitamente al saggio assunto di un membro del gruppo di noi così detti sostenitori morali (“Siam arrivati fin qui... ora vi pare il caso di star zitti?”), si è scatenata una tifoseria da Curva di ultras sfegatati, che per tutta la durata degli arrivi in cima, ha travolto qualunque essere, senziente e non, che avesse l'ardire di presentarsi al cospetto del vecchio soldato.
Occhi di atleti esausti per la salita estenuante si sono spalancati di sorpresa al frastuono festoso, in primis per il frastuono in se stesso e poi perchè tanta festa era per loro, proprio per ognuno di loro.
Alcuni di quegli sguardi rivelavano di chiedersi che stesse succedendo, se qualcuno lassù all'improvviso non fosse impazzito, altri, magari tra i più anziani (e ancor più eroici), parevano schermirsi o diffidare di tutto quel baccano, forse più avvezzi a considerare la
montagna come luogo di inviolabile silenzio, altri semplicemente , troppo stanchi o concentrati nell'impegno sportivo sembravan non far troppo caso a quell'anomalia sonora, ma molti altri e soprattutto gli amici a cui tutto ciò era dedicato, non hanno mancato di apprezzare
il bislacco gesto di affetto, attraverso parole, cenni o anche solo sguardi in grado di compensare tutta la raucedine che quel vociare avrebbe causato ai suoi produttori.

Il vecchio soldato, per una volta protagonista in tempo di pace, non ha mostrato di scomporsi a tutta quella esuberanza: dopotutto il suo corpo di pietra e cemento ha subito ben altri urti e percosse ma, dapprima un po' imbarazzato per la mancanza di sobria marzialità tipica dei suoi precedenti occupanti, ha mostrato di sapersi adattare alla nuova situazione, tanto da parer vibrare
in soddisfatta risonanza a quelle urla di gioia selvaggia, quasi a compiacersi che, finalmente, qualcuno si fosse scomodato a portare sin lassù i festeggiamenti di quella guerra, la sua guerra, che ora, anche per lui, è davvero finita.
Per parte mia, mi son limitato a fargli un cenno di rispettoso saluto, a festeggiamenti terminati, appena prima di cominciar a scendere di buona lena, sperando che il fiato non mi tradisse, dopo tutto quello sforzo inadatto al mio fisico non proprio olimpionico.
Il vecchio soldato, nato in un secolo di guerre sanguinose, di serietà professionale  e di rapporti di sussiegosa cortesia, non ha mancato di rispondermi, attraverso lo sguardo sorridente di un giovanotto appartenente ad un gruppo di figuranti storici, giunti fin lì per commemorare i loro bisnonni, di cui sfoggiavano con orgoglio le uniformi d'epoca.
La stessa epoca in cui lì, a combattere quella guerra sanguinosa, stavano ragazzi a volte poco più che
adolescenti, che parlavano solo il piemontese o alla peggio i dialetti delle loro vallate natie (vera eresia in un mondo di finti e/o pentiti globalizzati, come quello attuale) e portavano a termine i loro compiti in quel mondo così duro e diverso dal nostro, sino a morirci, lì, su quella cima silenziosa, sotto il peso di tonnellate di bombe, magari piangendo in silenzio o chiamando le loro mamme nell'agonia, pensando ai loro cari che non avrebbero più rivisto, o magari rialzandosi
a fare il loro lavoro sino all'ultimo, con un senso del dovere ormai pressochè estinto e che chi ha mandato a morire migliaia di uomini come loro non ha mai veramente meritato. Forse, mi piace pensare, quei ragazzi che sin da quei giorni lontani da lassù non son più scesi, oggi erano anche loro lì, con noi, a faticare, gridare, ridere e ad assaporare la vita.
In questa calda domenica d'estate del nuovo millennio (che di guerre è ancora pieno e sta pericolosamente mostrando di aver dimenticato gli ammonimenti di quegli eventi sanguinosi), attraverso lo sguardo di quel giovane alpino e di tutti I pervenuti (atleti e non), grati per essersi sentiti protagonisti di un istante di festa, quel rudere di fortezza dimenticato in tempo di pace, forse ha voluto semplicemente ammettere che, dopotutto, valeva davvero la pena far tutti quei sacrifici, per scoprire quanto di buono avrebbe portato il futuro.

lunedì 20 giugno 2016

Trail Oasi Zegna Trivero(Bi) 19 Giugno 2016

Classifica Trail Oasi Zegna 2016
Sito Trail Oasi Zegna

Edizione 2012

Dal racconto dell'OrcoFabry

Levataccia con partenza alle 4 del mattino per Trivero, dove c'erano 11°, temperatura ideale.
Gli organizzatori hanno raggiunto  per la sesta edizione il record di iscrizioni.
Il percorso inizia a salire all'interno del bosco dell'oasi Zegna, per giungere verso la località di Belmonte, la principale località sciistica del  biellese.
Da Belmonte in su fino al Cima del Bonom,  la corsa si  sviluppa sulla cresta dove si scorge dal lato sinistro  la pianura del Biellese e  la Valle Mosso e dal'altro versante la Valsesia dominata dal Monte Rosa.

Un bellissimo spettacolo anche perchè il tempo da nuvoloso si apriva gradatamente con ampi spazi di sereno.  La seconda salita più importante ci portava alla Colma del Balmello, il punto più alto, dove seguiva un discesone molto tecnico e ripido in mezzo ai prati verdissimi tra mucche e pecore.

Panorami incantevoli che ricordano i paesaggi dell'Irlanda, anche perchà quest'anno con le molte piogge la vegetazione e' verdissima.
L'ultimo tratto, prima del discesone finale, e' un saliscendi spacca gambe. Poi finalmente gli ultimi 10 km di discesa con il temporale che si stava formando alle spalle, che ovviamente mi ha raggiunto giusto  gli ultimi 500 mt prima della fine, come doccia anticipata (un po' fredda a dire il vero....). L'organizzazione  è stata lungimirante, all'arrivo ha omaggiato a tutti i finisher con un telo bagno....  che ho molto apprezzato e inaugurato subito.
W Gli Orchi

venerdì 17 giugno 2016

12h Cycling Marathon Circuito di Monza (Mb) 12 Giugno 2016

Classifica 12h Cycling Monza 2016
Sito 12h Cycling Monza

Dal racconto di Adriana 
Nel 2015 la 12h Cycling Marathon di Monza, l'avevo vissuta ai box, accompagnando gli amici del GSR Ferrero di Alba. Per me, accompagnatrice MTB CAI,  senza spirito agonistico, che da  pochi mesi mi ero "convertita" alla bici da strada, sembrava impossibile un'impresa del genere.....  300 km da fare in una notte, almeno 52 giri !!!! MISSION IMPOSSIBLE !!!
Nel novembre 2015, mi è stato proposto di parteciparvi con un team femminile, 2 o 4 donne.... e il "tarlo" ha iniziato a farsi strada nel mio cervello. Ma al momento dell'iscrizione mi sono trovata la sola donna disposta a mettersi in gioco. Ha prevalso il mio "sano masochismo" e mi sono detta:  "ci provo, al limite mi fermo ! "
11 giugno 2016 - è giunto il momento fatidico.  Del GSR Ferrero siamo in 5 iscritti, Giovanni, Matteo, Max, Sergio ed io, tutti singoli, tutti con l'unico obiettivo: 300 km ! Ai box, Claudio, il nostro Presidente, che soddisfatto della sua performance dello scorso anno, sarà il nostro angelo custode per questa lunga notte, DAL TRAMONTO ALL'ALBA!!
Ore 20,15 giro di prova, ore 20,30, si parte !! E' prevista pioggia, anche se per ora il tempo tiene, il cielo è sempre più minaccioso e con il calare della notte, i lampi iniziano a farsi sempre più vicini. Le prime gocce portate dal vento e poi  è "pioggia vera".  Riesco a stare "a ruota" del gruppo che sta viaggiando ad una media dei 32/33 km/h, fino a quando nella chicane sopraggiunge il gruppo veloce e mentre ci sorpassa, due di loro mi "volano via" davanti, BRIVIDO !!!  ... miracolosamente riesco a tenere la bici e uscirne indenne, ma perdo il gruppo. Sono passate due ore dalla partenza, prima sosta. Mangio, mi cambio, continua a piovere, riparto subito.
Claudio mi incoraggia dicendomi: "questo è il tuo tempo!" . In effetti qualcuno si lamenta del freddo, io sto bene, anche se diventa sempre più difficile stare a ruota, perché è causa di un'ulteriore doccia.  Sono passate circa 4 ore dalla partenza, ha anche smesso di piovere, ma devo rallentare ... comincio a risentire di una contrattura che mi sono procurata un paio di settimane fa, mi sorgono i primi dubbi di poter arrivare alla fine! Continuo per altre 2 ore prima della sosta successiva, inizio ad avere le gambe a pezzi, ma ho già fatto 30 giri, circa 180 km!
Scopro di essere seconda, davanti a me solo Anna Mei ... un altro pianeta!! Riparto, sempre meno "lucida", ma avere un paio di giri sulla terza  mi incoraggia e nella mia testa un solo pensiero: ADRI NON MOLLARE!!!  Ad ogni passaggio davanti ai box Claudio urla, .... due volte mi "cazzia", una  mi incoraggia, tipo due bastonate e una carotina!
I giri scorrono e l'agognata alba arriva... e arrivano anche i 300 km, ho male alle gambe, alle braccia, al collo, non sento più la mano sinistra e il piede destro....ormai sto andando per inerzia... ma  tanto vale pedalare fino alla fine!!  Ore 8.30, km. 318!! Buona la prima!!
Beh .... per una senza "spirito agonistico" finire sul podio dietro ad Anna Mei, detentrice, tra gli altri, del record del mondo sui  1000 km.... non ha prezzo !!! Grazie ai ragazzi del GSR Ferrero per avermi "tirata" e al Presidente che, alla fine, ..... ha sempre ragione !!

mercoledì 15 giugno 2016

MOR Morning Orchi Running Novalesa Rifugio Stellina (To) 15 Giugno 2016

Foto Trail Autogestito Novalesa Rifugi Stellina 2016

L'impiego di metodi per accelerare la concentrazione su un punto invece della consapevolezza aperta (o cambiamenti della chimica del corpo attraverso intensi esercizi fisici o droghe) può produrre esperienze spirituali che sono trasformative, perchè l'io è sospeso ma non risolto.
( da "La Via del Risveglio"  - autore Dhiravamsa)

Dal racconto dell'OrcoPinoR


Nuova vita hanno preso le gite degli Orchi Trailers con i mini progetti:
M.O.R Morning Orchi Running
S.O.R. Sunset Orchi Running
M.O.B. Morning Orchi Bike
S.O.B. Sunset Orchi Bike

Oggi è giorno di MOR (svecchiato il termine T.A.) da Novalesa(To) al rifugio Stellina, sito alla testata di Carolei, sinistra orografica del torrente Cenischia, che a Susa(To) si getta nella Dora Riparia.

20km e 1800D+
In sei gli Orchi presenti : OrcoPinoR, OrcoZoppo, OrcoVale, OrcoRoccia, OrkoMekkaniko e OgreDoctor che ci raggiungerà ASAP.
Il percorso si inerpica dal centro dell'abitato di Novalesa, quasi al termine della via Maestra.
Subito brutale, sulla bastionata rocciosa che accede agli alpeggi d'alta quota, con pendenze importanti , tra il latrare dei cani da cascina che avvisano tutti che Gli Orchi sono partiti.
Il bosco è fitto e selvaggio, poco frequentato dagli umani. La ricerca del sentiero non sempre immediata ma confidiamo in OrkoMekkaniko che frequenta queste zone da anni.
Con una piccola deviazione visitiamo le cascate e lo splendido orrido di Novalesa.
A metà percorso, circa, dopo qualche traversia, ci raggiunge OgreDoctor, in tempo prima di arrivare all'Alpe Prà Piano cosi da poter condividere il timore di essere rincorsi e azzannati dai Cani Pastore che tanto ci ricordano i Mannari del fu J.R.R. Tolkien.
Loro, i cani-mannari, fanno il proprio lavoro. Difendono le pecore dai malintenzionati. Da parte nostra era legittimo aver paura di questi grossi maremmani abituati a scontrarsi con il lupo. Senza ombra di dubbio più feroce di noi Orchi Trailers.
Passiamo indenni, il territorio dei Mannari e su pratoni dove pascolano gli ovi-caprini. Velocemente guadagniamo l'Alpe Carolei e la testata di Carolei dove ci attende il Rifugio Stellina, posto in punto strategico. Proprietario il comune di Novalesa, deve il suo nome alla divisione partigiana guidata dal comandante Giulio Bolaffi nome di battaglia "Aldo Laghi".
Lo Stellina è una tappa fondamentale per l'ascensione alla Vetta del monte Rocciamelone(3538 m.) da Ovest passando dal Passo Novalesa (3238 m.) oppure dalla Punta Marmottere (3384 m.) come ci ha raccontato OrcoRoccia, che circa dieci anni fà è salito con suo figlio OrcoGas.
Ci infiliamo nel rifugio, sempre aperto. Infreddoliti consumiamo e condividiamo la nostra magra merenda. Le foto di rito e poi fuggiamo via per la prevista perturbazione pomeridiana come d'uopo nel mese di Giugno ormai amazzonico da qualche anno a questa parte.
Ci ritocca passare a far visita ai nostri mannari-maremmani che già latrano al sentire le nostre voci e sperano di assaggiare, oggi, qualche polpaccio depilato di Orchi. Ordunque, di comune accordo prendiamo decisioni degne di uno stratega militare quale era il mitico Aldo Laghi:
1) Uniti e compatti per dare unità al gruppo.
2) Non si corre, per non instillare ai mannari il processo preda-predatore
3) I bastoncini da usare come lance, stile falange macedone.
4) Passare il più lontano possible dai mannari per non creare problemi con il territorio, ovi-caprino, da loro controllato.
La strategia ci permette di passare indenni, ma il campo di ortiche che siamo costretti ad attraversare ci reca non pochi problemi. Fatta eccezione dell'OrcoRoccia che a quanto pare, ne è immune.
Passati i mannari, cosi come scritto nella legge di Murphy, perdiamo il controllo del sentiero di discesa. Si finisce tutti sulla strada asfaltata che scende giù dal comune di Moncenisio(To). Il più piccolo comune d'Italia.
La gita la terminiamo parlando di Annibale e dei suoi Aruspici, di Carlo Magno e di suo figlio Carlomanno. Poi di Napoleone e degli ultimi famosi Maroni, montanari che trasportavano su bastini a forma di sedie; uomini e cose, da Novalesa fino al Colle del Moncenisio e poi in Maurienne a Lanslebourg.
Dopo la gita, un caffè all'antico ristorante della Posta e a seguire una breve visita alla famosissima Abbazia della Novalesa.



lunedì 13 giugno 2016

UTSTS Urban Trail Settimo Torino Superga (To) 12 Giugno 2016

Classifica UTSTS 2016
Sito UTSTS

Dal racconto dell'OrcoSherpaMazinga
Il manifesto della gara mi rigirava tra le mani, frutto di qualche raccolta di volantini.  Il sabato  prima della gara trascorre a casa  con la solita pioggia ed è inevitabile farsi tentare dall’idea di un trail urbano quasi a km 0.  Detto fatto, in piena zona cesarini , spedisco iscrizioni e i consueti moduli vari che ormai fanno parte del nostro bagaglio tecnico.
Veramente tra i detti moduli vari rientra anche il versamento di 30€, cosa veramente molto antipatica e che mi fa riflettere molto sulla necessità di  porre fine a questa  escalation delle  quote iscrizioni. Siamo  oltre la soglia  di 1,20 € /km, decisamente improponibile per una attività che rientra nel calendario gare trail della UISP che dovrebbe  gestire   manifestazioni  di “ Sport Popolari”!
Comunque mi riprometto per il prossimo futuro  di  fare una selezione più intelligente  tra una offerta sempre più vasta di trails  puntando solo sulle  gare a prezzi  economici,  max  0,50 €/km.  Comunque  si parte alla Domenica mattina per questo Urban trail criptato con una brutta sigla UTSTS, ovvero acronimo di Urban Trail Settimo Torino Superga. La ricerca del punto di partenza è davvero una avventura  Urbana, provate a chiedere ad un Settimese  dove  parte la UTSTS!
Ma  fortunatamente il navigatore ci risolve il problema anche se si intestardisce a  farmi passare per l’autostrada; Ma la iscrizione è già troppa e basta ingannare il navigatore  per  ricercare strade urbane alternative.  Comunque  ci si ritrova finalmente al  famoso Ecomuseo  Freidano, sede della partenza.
L'ecomuseo del Freidano è stato allestito nel complesso del Mulino Nuovo, che sfruttava le acque del rio Freidano. Il mulino nacque nel 1806 ed era molto diverso dal monumentale complesso che oggi è possibile visitare. Si riscontrano già tracce dell’utilizzo dell’acqua in quella zona per l’alimentazione dei mulini fin dal 1400.  Il percorso competitivo si sviluppa sulla distanza di 25 km con un D+ di circa  500 metri e si basa interamente sulla pista  ciclabile che unisce Settimo  con San Mauro ed il vicino Parco del Meisino, ovvero internamente al Parco Fluviale del Po.
Percorso davvero magnifico su piste molto curate in terra battuta e ghiaia  che con circa 5 km ci fanno raggiungere l’abitato di San Mauro. Si attraversa il fiume sul ponte vecchio  intitolato a Vittorio Emanuele III.

La costruzione del Ponte risale al 1912 in sostituzione del precedente ponte di barche, per collegare il centro del paese con la zona Bertolla sull’altra sponda. Si legge che  esso è  lungo 257 metri, largo 8 ed è composto di 8 arcate a 20 metri l'una dall'altra. I rivestimenti delle fronti e dei fianchi sono in mattoni, ovvero una notevole opera di ingegneria e realizzata per giunta in tempi brevi. Tale ponte  è stato sostituito per il traffico stradale da quello nuovo realizzato recentemente,ed in tempi molto più lunghi, e quindi utilizzato come  area pedonale  di  valorizzazione del centro urbano di San Mauro. Ad oggi esso recupera la funzione di aggregazione urbana e dedito esclusivamente al traffico Slow, pedonale e ciclistico.  Si prosegue a velocità sostenuta fino al 6° km in piano e adesso sulla sponda destra , fino a lasciare l’abitato per iniziare finalmente la salita. Il sentiero  purtroppo si rivela in condizioni decisamente fangose e scivolose, a seguito delle forti piogge del giorno precedente e la salita è un calvario  almeno fino alla intersezione della strada di Superga, sotto le arcate della dentiera. Di qui in poi diventa  molto più scorrevole, quasi pianeggiante  e con una fitta vegetazione di varie specie arboree di natura alpina.
Lunghissimo spostamento  verso Sud  con leggera risalita  finale fino ad intersecare, molto oltre la Basilica, la strada panoramica del Pino. Sembra finita ma  occorre riprendere il filo di cresta e raggiungere con un lungo Sali- scendi la frazione posta sul colle di Superga, da dove ,sulla vecchia mulattiera interna si arriva  finalmente al piazzale della Basilica . Sono circa  14 km  con un tempo di  1, 55’. Ristoro doveroso, occorre mangiare solido per riprendere la circumnavigazione della Basilica verso Nord, sotto il muro dello schianto dell’aeromobile del Grande  Torino e lanciarsi rapidamente in discesa  lungo tortuosi sentieri fino a raggiungere il borgo vecchio a monte di San Mauro ed attraversare  nuovamente il Ponte vecchio pedonale e ripercorrere a ritroso tutta la pista ciclabile del parco Fluviale. Rientro veloce su fondo scorrevole e finalmente l’arrivo al Ecomuseo Freidano in un tempo di  2 h e 57’.

Non sono grandi numeri di questo Urban Trail, circa 200 atleti, ma l’ambiente e il percorso sono decisamente  molto affascinanti!