martedì 7 maggio 2013

Sci alpinismo Mont Gelè rif. Crete Sèches (Ao) 5 Maggio 2013

Foto Sci alpinismo Mont Gelè

Dal racconto dell'OrcoIng

quota di partenza (m):  1696
quota vetta (m): 3519
dislivello complessivo (m): 1822
difficoltà: BS :: [scala difficolta]
esposizione preval. in discesa: Sud-Ovest
località partenza: Ruz (Bionaz, AO)
punti appoggio: Rif. Crète Sèche
vedi anche: R.Aruga, C.Poma. CDA. Dal Monviso al Sempione. N° 79
accesso:
da Aosta salire nella Valpelline poi dirigersi a Bionaz fino alla frazione Ru
altre annotazioni:

il Mont Gelé fu salito la prima volta nel 1861 da Michel Croz (la guida che conquistò il Cervino con Whymper e che morì nella discesa) e F. Jacomb, i quali nello stesso anno salirono per la prima volta anche il Mon Viso
Lasciata Aosta ed il suo carissimo casello autostradale, il sottoscritto con  il fratello Roberto ed Ugo provenienti da Genova, imbocchiamo la lunga superstrada che adduce al traforo del Gran San Bernardo   con un susseguirsi di lunghe gallerie per immettersi rapidamente  nella vera e propria  valle di Valpelline solcata dal torrente Buthier.
Si respira già aria di  grandi montagne con tutta la grande dorsale di coronamento che va dal Monte Velan (3708 mt)  alla Grande Tete de By ( 3588 mt) al Grand Combin ( 4314 mt) interamente Svizzero, in un vorticoso crescendo  al Mont Gelè ( 3518) alla Becca di Epicun ( 3529) alla Becca di Sassa (3496 mt)  alla Becca d’Oren (3532 mt) alla Punta Kurz e Mont Bruilè (3538), passando per la Tete Blanche (3710 mt) e la Tete di Valpelline (3798 mt)  per culminare infine  sulla sommità principe della Dent d’Herens posta a 4171 mt.                                                                                                                Tutte grandiose cime raggiungibili quasi tutte con gli sci ai piedi  e mete sci alpinistiche di prim’ordine.
 Pervenuti in breve al capoluogo, Valpelline, la Valle si biforca nel Vallone di Ollomont a sinistra e nel solco principale che risale  fino al grande lago artificiale di Place Mulin posto a quota 1950 mt.
La Valpelline è invero una strana valle in realtà poco Aostana ,  che risente dei caratetri alpini della vicina Svizzera,con una numerosa serie di piccoli villaggi  che  incastonano tutto il fondo valle a partire da  Roisan e su su fino a Bionaz. Quindi una valle  abbastanza  abitata in un susseguirsi di frazioni,  agglomerati, piccoli paesi  che rivelano una costante cura del territorio, la conservazione del patrimonio edilizio e soprattutto  cura dei prati e delle pinete, intensamente sfruttati per  Allevamento degli animali e la pastorizia in genere.
Noi il Sabato ci dirigiamo verso Oyace e Bionaz ed in particolare alla frazione di Ruz  (1696) che in realtà presenta il toponimo di Ru sulle  indicazioni locali.
Odore di fieno, di stalle e ricoveri per animali quasi ovunque. Lasciata la macchina nel piccolo piazzale   della frazione, puntiamo al Rifugio Crete Seche posto a quota 2410 mt.
Una  strada interpoderale risale lungamente il pendio  morenico, interessato nella prima parte da grandi fenomeni valanghivi. In mancanza di neve come oggi sarebbe molto meglio affrontare la Scorciatoia  che praticamente taglia  tutti i tornanti per poi risalire velocemente sempre su erba l’ evidente costone erboso che si inoltra parzialmente nella pineta per poi uscirne allo scoperto negli ultimi 200 mt. Noi oggi un po’ per gli zaini  pesantissimi per sci e  scarponi, un po’ per la speranza di trovare le prime lingue neve , preferiamo affrontare la strada, che tagliando tutte le morene del soprastante vallone, ci porta in una ora di faticoso cammino a trovare finalmente  i primi evidenti pendii innevati che, con  varie curve e spostamenti sensibili, dalla quota di 2100 mt ci portano al rifugio Crete Seche
     
Costruzione abbastanza recente interamente in calcestruzzo e pietra, che risale circa al 1968.
Solo 9 persone si presentano in questo  primo week end di  Maggio, che nonostante le recentissimi e copiose nevicate, ha visto sparire letteralmente la neve. Già il piazzale antistante  il rifugio stesso è  libero dalla neve. Il  gentile custode ci racconta di un mese di Aprile disastroso in seguito alle continue avversità meteo, tanto da farlo scappare a valle dalla disperazione.
Manca totalmente l’acqua e per giunta pure la corrente elettrica in seguito all’avaria del gruppo elettrogeno,  ma il locale comune è riscaldato da una poderosa stufa  a legna che rallegra e conforta i poveri viandanti sci alpinisti. Vita dura con l’obbligo di fare sciogliere enormi pentoloni di neve per le esigenze di acqua del locale  della relativa cucina. Attenzione però a non utilizzare i nevai circostanti per le esigenze fisiologiche, conviene utilizzare i servizi interni al locale!
Si capisce solo in questi frangenti la fortuna di noi cittadini che disponiamo di acqua corrente, luce e gas. Ma la sera passa velocemente e piacevolmente con un’ottima minestra di legumi,  a chiacchierare anche con una  giovane  guida alpina e le sue due gentili clienti, una delle quali si rileva essere la Paola Vigo, grande conoscitrice degli Orchi.
Il mattino seguente verso le 6,45  vede il nostro gruppo ,a cui si è aggregato un giovane compagno  Pietro arrivato dalla lontana Cesena, ed il gruppo della guida  partire infreddoliti verso i pendii superiori. Non fa particolarmente freddo  ma Le pelli asciutte aderiscono perfettamente alla neve gelida ed ancora dura dal gelo notturno.
Puntiamo decisamente al soprastante bivacco Spataro, alla nostra sinistra e circa 200 mt più sopra.
Il primo pendio obbliga  a calzare i coltelli e raggiungiamo in breve il superiore  Plan de la Sabla per poi portarsi sulla dx orografica alla fine del piano e risalire il relativo canale, posto alla sinistra del colle di Crete Seche. La neve è perfetta per lo scialpinismo, dura ma non troppo, tanto che i nostri sci intagliano appena la superficie perfettamente liscia. A questo punto cogliamo  i primi raggi di sole e la salita diventa piacevole anche se il pendio si fa faticoso. La guida e le ragazze sono sempre davanti e ci fanno da  faro. L’esposizione si mantiene Sud-Est e da adesso in costante insolazione. Il pericolo valanghe si mantiene sul livello 3 (marcato) ma tutti i versanti posti a Sud e meta della nostro itinerario hanno ormai scaricato abbondantemente tutti gli accumuli superiori, anche nei canali più stretti. Diversamente il versante Nord, sopra i 2600 metri manifesta evidenti pericoli di slavine.
Raggiungiamo in breve un primo colle a quota di circa 3060 mt che ci immette sul ramo secondario del ghiacciaio del Mont Gelè.  Veloce attraversamento sotto il mont de La Balme e raggiungiamo l’importante valico del Colle del Mont Gelè a quota 3250 mt circa. Distinguiamo nettamente sul versante Svizzero l’enorme ghiacciaio di Otemma, poderoso fiume glaciale paragonabile per dimensioni alla Mer De Glace francese. Distinguiamo nettamente il Velan, il Gran Combin  e la celeberrima Pigne d’Arolla meta di tante belle gite. Sosta importante perché dopo non riusciremo a vedere più nulla; infatti il maltempo annunciato si manifesta sulle creste di  spartiacque.  Costeggiamo  quindi la cresta di confine  fino sotto la punta, risaliamo molto faticosamente l’ultimo pendio fortemente  inclinato che con una traccia pazzesca per le mie povere gambe ci porta alla croce di vetta. Le ultime giravolte  sono già al mio limite ma in qualche modo riesco a toccare la croce. Vedere a questo punto è un optional tanto che la nebbia copre ogni cosa. Il ghiaccio sulla croce rivela perfettamente la direzione del forte vento!
La nostra meta iniziale era in realtà la traversata con discesa su Ollomont e Glacier, ma il tempo incerto che incombeva e soprattutto la mancanza di neve sui pianori  intermedi ci aveva già sconsigliato l’avventura. Discendiamo pertanto velocemente sulle nostre piste di salita. Il primo pendio a circa 30° è decisamente tosto, tanto che la neve dura e la mancanza di visibilità totale  mi consigliano di derapare.
Inizia però una meravigliosa discesa di 1600 mt su neve trasformata e dura primaverile in cui tutto diventa facile, persino a pennellare le curve in un crescendo  di ripidi pendii e falsi piani da gustare e centellinare praticamente fino al rifugio. In un ora scarsa si percorrono le lunghe tracce della salita che avevano richiesto 3h 45’. La discesa dal rifugio avviene su nevai sempre più rosicati fino al limitare del bosco, dove una pietraia ed un sentiero scorciatoia ben individuato ci portano a Ru.’
 Il Mezzalama è decisamente un’altra cosa  ma devo dire che mi sono divertito lo stesso!

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