domenica 3 marzo 2013

Scialpinismo Moncrons di Pragelato (To) 3 Marzo 2013

Foto Scialpinismo al Moncrons Pragelato

Dal racconto dell'OrcoIng


Quota di partenza (m): 1575
 Quota vetta (m): 2507
dislivello complessivo (m): 932
tipo itinerario: pendii ampi 
difficoltà: MS :: [scala difficolta]
esposizione preval. in discesa: Sud-Est
località partenza: Granges (Pragelato, TO) 
punti appoggio: PRAGELATO

Ma comincia male la gita. Alle sei del mattino squilla il telefono, mio fratello mi conferma che non se la sente di venire in montagna.
Allora dopo aver girovagato sulle mail sempre alle 6,00 dell’alba, ormai con la zaino pronto  e gli sci già pellati (orrendo neologismo da tardo scialpinista del mesozoico) e soprattutto con la moglie da lungo tempo assuefatta, decido di partire per Pragelato.
Le previsioni, ad onta della fitta nebbia che avvolge tutta la pianura, sono perfette: alta pressione costante.
Infatti fino a Pinerolo, Nebbia! Ma il feed back  nelle previsioni meteo è ormai consolidato al 100%.
Pragelato conferma in pieno le aspettative che il suo nome ci evoca. Gelo perenne, alle 8,30 il sole non sta qui di casa. Ma la mia meta è Alevè, la frazione posta  più sopra  a circa 1700 metri di quota.
Beh, Alevè è il villaggio alpino dei nostri sogni, non ti stupiresti di trovarci  Heidi con suo nonno sulla slitta.
Alevè e la  vicina frazione di Villardamont, costituiscono le due più alte frazioni di Pragelato, frazioni che risalgono al 1700 e certamente densamente abitate fino agli inizi del 1900.
Alevè in particolare costituisce un nucleo abitativo estremamente denso, dove le case si sorreggono l’una sull’altra, tutte a ridosso e a protezione della chiesetta, che però in  evidente manifestazione  di supremazia del divino sul materialismo,  ne rimane orgogliosamente defilata, ma completamente visibile.
All’estremità di Levante del borgo, non poteva mancare il forno della Borgata, tutt’ora in ottimo stato di conservazione, in un edificio completamente in pietra e soprattutto staccato dalle case per evidenti problemi di incendio.

 Il nucleo si erge su un vasto terrazzamento con pendii perennemente soleggiati ed adatti alla coltivazione della segala e dell’orzo. Oltre a costituire un valido aggregato per una mutua difesa dal rigido clima alpino, il borgo abitativo doveva in primis salvaguardare il territorio lasciando più spazio possibile per le coltivazioni  e la pastura. Ed infatti i pochi viottoli che percorrono il borgo sono talmente stretti da essere coperti praticamente dalle falde dei tetti e riparati da neve e pioggia.
Alevè in dialetto ci evoca l’inno al sole, la grande magia del sole nascente.
Non esiste praticamente Valle in Piemonte che non riporti il Toponimo di Alevè. Tutte le frazioni, borghi, case sparse storicamente ricercano il versante dell’Indiritto, l’esposizione solare ed il caldo abbraccio del miracolo quotidiano del sole nascente.
Non avendo fortunatamente  ancora avuto a disposizione tutta la recente normativa sul contenimento dei consumi energetici, tuttavia i vecchi costruttori si sono rivelati molto più saggi di noi moderni tecnocrati computerizzati. Nel nostro terzo millennio riusciamo ad edificare in zone valanghive, su pendii soggetti a frane ed instabilità geotecnica, su compluvi della montagna esposti ad alluvioni o a smottamenti, e soprattutto per mancanza di spazio libero costruiamo all’Inverso.
Comunque nonostante il nome beneaugurante, il Villaggio, che ha avuto un importante opera di  sapiente ristrutturazione negli anni 90, risulta solo parzialmente  utilizzato. Molte case sono vuote, la locanda e l’ufficio Immobiliare risultano chiusi. Comunque chiaramente e purtroppo solo seconde case da villeggiatura.
Ma inforcati gli sci, salgo rapidamente sui prati di monte, tra tracce di neve ed erba, praticamente fino alla superiore pineta.
Finalmente si comincia ad arrancare. Nessuna traccia di sci, solo  una  pista battuta da ciaspolari che ormai predominano alla grande. Meno male che ci sono, altrimenti avrei dovuto battermi tutta la traccia su almeno 40 cm di neve fresca con una tremenda faticaccia!
La pista è talvolta troppo ripida per gli sci e mi obbliga a svariati contorcimenti  e girovagamenti tra gli alberi ed in circa un ora  mi porta sui pendii terminali, da dove per cresta levigata dal vento si arriva alla croce di vetta. Immancabile foto, vista spaziale sulla Val Troncea ed il gruppo dell’Albergian,. Siamo a cavallo della Val Chisone e della val di Susa. Ma siamo anche sopra il comprensorio i Sauce  d’Oulx con il laterale Ginevris, ed infatti, appena sotto verso Sauce ecco apparire la stazione di arrivo di uno Skilift con i suoi perfetti sciatori.
Ma non mi interessa, loro stanno a Nord, io vado a Sud. Infatti non incontro anima viva sul mio percorso.
La discesa, dopo un primo tratto duro e leggermente ventato, presenta una bella neve nel bosco, farinosa ma non leggera, anzi talvolta leggermente coesiva, comunque ben sciabile. Da dimenticare l’ultimo tratto sui prati.

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